Il video “Susamam” sta facendo infuriare Erdogan. Dice: non possiamo stare zitti

Due chiacchiere con il rapper turco Sanisar, il cui successo dimostra che il dissenso nel paese è vivo e si esprime anche in forme non tradizionali

Mariano Giustino

Istanbul. “Non possiamo rimanere in silenzio, dobbiamo pensare ai problemi del mondo. I problemi che vive ora la Turchia investono l’umanità intera. La nostra responsabilità è quella di parlarne, di non stare zitti. Ecco perché abbiamo scritto questa canzone intitolata ‘Susamam’, non possiamo restare zitti, appunto”. Sarp Palaur, nome d’arte Saniser, il giovane rapper che in questi giorni impazza sui socialmedia in Turchia, è nella sua casa di Bahçeşehir, nell’estrema periferia europea di Istanbul, dove vive assieme alla sua fidanzata Ece (Regina), due cani e due gatti. Nella notte tra il 5 e il 6 settembre due video di musica rap turca sono diventati virali nel giro di poche ore, con cinque milioni di visualizzazioni, diventate oltre 25 milioni in meno di una settimana. Gli esperti hanno commentato questo evento definendolo “un terremoto politico-mediatico”. Con i video “Olay”, evento, del rapper Ezhel e “Susamam” di Saniser, l’opposizione in Turchia sembra, da quella notte, più galvanizzata.

 

Il cambiamento che si è manifestato con sempre maggiore evidenza fin dalle proteste antigovernative di Gezi Park, nella primavera del 2013, si percepisce molto bene anche osservando quel che accade nell’arte, soprattutto nella musica. E’ il caso del rap: le parole e la musica che esprimono disagio, sofferenza e voglia di cambiare. Per Saniser, grazie alle proteste di Gezi “un’intera generazione ha per la prima volta cominciato a occuparsi di politica. E ciò conferma l’importanza di quel momento – dice – La generazione post Gezi è più consapevole e oggi, se si reprime qualcuno in maniera forte, ci si deve aspettare una reazione nell’opinione pubblica”.

 

“Susamam”, così come “Olay”, è molto critico sullo status quo della Turchia e ha suscitato l’ira del leader ultranazionalista Devlet Bahçeli, erede dei Lupi grigi, alleato dell’Akp di Recep Tayyip Erdogan, che ha definito sovversivo questo brano musicale, preludio secondo il presidente a una trama golpista orchestrata col sostegno di potenze straniere interessate a rovesciare il suo governo legittimamente eletto.

 

“E’ tutto falso. Ho girato il video personalmente con la mia telecamera. Ci sono state delle reazioni da parte del governo – racconta Saniser – e sappiamo che è stata appena aperta una indagine sul nostro videoclip online”. Anche se il governo trova sempre nuovi modi per censurare i contenuti online e punire i suoi creatori, gli artisti di questi video dicono di non aver paura di finire in prigione – come invece è capitato al rapper Ezhel, arrestato l’anno scorso, condannato a un anno e otto mesi di carcere è poi prosciolto. La reazione che le canzoni hanno suscitato sul web dimostra che il dissenso è vivo e che si esprime anche in forme non tradizionali.

 

Canan Kaftancioglu, eroina del maggior partito d’opposizione, il Partito repubblicano del popolo (Chp), presidente provinciale di Istanbul, stratega della storica e schiacciante vittoria elettorale di Ekrem Imamoglu alle elezioni municipali del 23 giugno, il giorno in cui è stata condannata in primo grado a 9 anni e 8 mesi di carcere – per i suoi tweet del 2013 – ha subito postato sul suo account “Susamam”, con questo messaggio: “Come i giovani, oggi e per sempre, anche io non riesco a tacere”. Musica, film, arte di strada e altre forme di cultura pop sono utilizzate come mezzo di protesta molto efficaci. I social media sono diventati in Turchia una specie di forum del dissenso. La musica rap offre un linguaggio provocatorio e creativo per articolare le lamentele di questi ultimi anni. Questo è particolarmente vero per i giovani turchi, il 93 per cento dei quali utilizza regolarmente i social. “La musica è come un reparto di radiologia di un ospedale – sostiene Saniser – con i raggi X vedi quello che c’è dentro. Vedi come è la situazione all’interno. E poi potrai cominciare a fare qualcosa. A pensare a delle soluzioni. Ho iniziato a 32 anni e, 15 anni fa, prima che internet fosse popolare in Turchia, ho incominciato a fare rap. Ascoltavo musicassette di artisti rap turchi che vivevano in Germania e subito ho capito che quello che volevo fare era proprio questo. Era per me una musica forte, ribelle. Una musica diversa da quella sdolcinata che c’era in Turchia, che parlava solo di amore, amore, sempre e solo amore. Ho pubblicato cinque album, tutti ascoltabili online. Tutti i musicisti che partecipano al brano ‘Susamam’ sono brillanti artisti che hanno un loro seguito e fanno concerti, ma con questa canzone siamo diventati davvero molto popolari. E così siamo emersi dall’underground”.

 

Saniser è un artista politicamente impegnato. “Non mi interessa fare canzoni solo per far divertire la gente – dice – voglio che quando qualcuno ascolta i miei pezzi pensi a quello che sta ascoltando e non voglio che la mia musica sia solo una distrazione. Penso che sia possibile attirare l’attenzione di cittadini altrimenti disinteressati, cristallizzando le lamentele in un testo o in un’immagine facilmente riconoscibili ed emotivamente carica”. E’ l’esempio del video “Olay” di Ezhel che trascina lo spettatore in un viaggio nella repressione in Turchia che rispecchia la frustrazione, la rabbia e il dolore provati nel subire una politica sempre più autoritaria che si manifesta senza sosta, senza fiato, “evento dopo evento’’, olay, appunto. Le immagini evidenziano la brutalità della polizia, la corruzione dei politici e le vittime della guerra. Il tentacolare video “Susamam” di Saniser ha affrontato la rabbia per la violenza contro donne e animali, passando dalla distruzione dell’ambiente agli arresti dei giornalisti. “Susamam” è un brano denso di temi di grande attualità, 15 minuti da ascoltare attentamente. Ha fatto parlare molto di sé anche negli Stati Uniti e a Londra. “Nasce da una mia idea – dice Saniser – ed è un prodotto della collaborazione tra i 20 più interessanti rapper emergenti in Turchia. Sensibilizziamo gli ascoltatori sui problemi che devono affrontare la Turchia e il mondo, tra cui la giustizia, la libertà, l’istruzione, la fame nel mondo, l’inquinamento, la violenza sulle donne, l’abuso sugli animali, il suicidio e l’urbanizzazione. Nel nostro paese la libertà di espressione è diventata una zona grigia. Dobbiamo pensare molto prima di esprimerci o di scrivere qualcosa. La musica è come un’arma. La nostra arma è il linguaggio. C’è chi sceglie di usare le armi, quelle vere. Ma invece si può utilizzare l’arte. E io penso che ciò sia più efficace. Più bello. Non so che cosa posso scuotere con la mia musica, non so quale potrebbe essere la soluzione, ma so che se il governo mette qualcuno in carcere per quello che ha scritto su twitter, se c’è qualcuno a farlo notare, se c’è qualcuno a scriverlo o a cantarlo, la situazione può cambiare, lo so. Succede! E allora per questo non dobbiamo tacere”. 

 

 

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