SANGUE INFETTO

Alessandro Litta Modignani

Michele De Lucia

Mimesis, 474 pp., 25 euro

La dolorosa vicenda del “sangue infetto” – cioè della diffusione di sangue e plasma contaminati dai virus dell’Hiv e dell’Epatite C – esplosa in Italia a metà degli anni Novanta, è rivisitata con rigore scientifico e onestà intellettuale da Michele De Lucia, giornalista e saggista con una lunga militanza radicale alle spalle. Il virus dell’Aids fu segnalato per la prima volta nell’81, e isolato il 23 aprile del 1984. Il test “Elisa”, capace di individuare il virus, e quindi di scartare i donatori infetti, fu approvato negli Stati Uniti solo nel marzo del 1985. Gli studi retrospettivi hanno dimostrato che il picco del contagio da Hiv era già stato toccato, fra ottobre ’82 e luglio ’84. Lo stesso vale per l’epatite C, i cui tempi furono ancora più lunghi: il virus fu isolato nel 1989 e il test reso disponibile nel ’91.

 

I fatti dunque dimostrano che l’infezione non era evitabile, spiega l’autore; al massimo si sarebbe potuto – con il senno di poi e in minima parte – ridurne la portata. Le imprese che in Italia hanno lavorato nel settore degli emoderivati, accusate di ogni nefandezza, in realtà hanno agito nel pieno rispetto delle norme vigenti. L’Italia ha deciso di ritirare i prodotti non testati per l’epatite C oltre due anni prima della data ultima, fissata dalla Cee al 31 dicembre 1995. Il caso giudiziario esplode in Italia proprio nel ’95, nel pieno del clima creato da Mani Pulite, mentre imperversa una disinformazione di forte impatto emotivo. La cronaca è viziata da una impostazione scandalistica e ideologica, ma in realtà il “sangue infetto” non ha nulla a che vedere con la “tangentopoli dei farmaci” di quel periodo.

  

 

Tuttavia i processi ne risentono. Emblematica è la vicenda processuale di Trento, nata da un esposto dell’ex giudice Carlo Palermo, incentrata sull’accusa di avere architettato una vera e propria “strage degli innocenti”. Dopo anni di gogna, tutti gli imputati saranno assolti, nell’indifferenza dei media. Quanto all’unico processo tuttora in corso, quello di Napoli, “a oltre vent’anni dal sequestro di Padova, nessuno se la sente di riconoscere che l’inchiesta è partita male sin dall’inizio, e che dal processo c’è da aspettarsi ben poco”.

 

La nostra amministrazione semmai è colpevole per l’estrema lentezza della burocrazia e per la proverbiale inefficienza e inerzia della sanità pubblica: “La misura della bancarotta del sistema Italia è data dagli 11 anni impiegati per arrivare al primo Piano nazionale del sangue (…) e dai 23 anni intercorsi tra la Legge del sangue del ’67 e la riforma del ’90”. “Continuare a dire alle vittime che “si poteva fare tutto e invece non si è fatto niente”, significa aggiungere al danno anche la beffa, conclude l’autore. 

SANGUE INFETTO,

Mimesis, 474 pp., 25 euro

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