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Un regalo di compleanno in un negozio per cani, e la frenesia della fase 2

Annalena Benini

Il primo caffè da asporto, una borraccia rossa, richieste assurde e un desiderio troppo a lungo represso

Il mio amico P. voleva fare un regalo di compleanno a mia figlia, e mi ha chiesto di accompagnarlo a sceglierlo. Essendo in fase 2, ho detto subito sì, e ci siamo incontrati sotto casa mia con guanti e mascherina. Era piuttosto emozionante, forse non del tutto nella legalità, quindi ancora più emozionante, anche se il mio amico abita a duecento metri e ci saremmo incrociati a quell’ora anche senza appuntamento. Ero talmente presa dalla novità – non camminavo accanto a qualcuno, eccetto il cane, da almeno due mesi – che non ho pensato: dove lo compriamo questo regalo? E’ ancora tutto chiuso qui intorno, tranne il ferramenta, da cui ho già comprato una corda per saltare, e tranne il rilegatore, da cui ho cercato di comprare una targa per la porta della stanza di mia figlia, ma non mi viene in mente neanche una frase spiritosa da farci incidere sopra, e se mi venisse in mente mia figlia direbbe che sono troppo cringe. Tranne il supermercato, in cui avrei forse potuto cercare qualche uovo di Pasqua invenduto.

 

Tranne il negozio per animali, in cui il mio amico e io ci siamo immediatamente diretti, pieni di convinzione, certi di trovare il regalo perfetto per un’adolescente umana (non sempre umana). E infatti: scatolette per cani, ossi di gomma per cani, cuccette per gatti, croccantini, cibo anallergico, cravattine per gatti. Ci aggiravamo per il negozio frenetici, facendo assurde domande al proprietario, che ci guardava prima esterrefatto poi sempre più infastidito: ha mica uno zaino, ha mica un mappamondo, o anche solo un planisfero, magari una radio, un paio di jeans sfrangiati, un costume da bagno, ma come non ha un diario con il lucchetto? Lui rispondeva no, che i cani di solito non tengono un diario, non portano i jeans e fanno il bagno nudi, e che comunque in questo periodo ha poco rifornimento. Noi scandalizzati dicevamo ma insomma, neanche un bel portachiavi per le sue prime chiavi di casa, nemmeno un ciondolo a forma di cuore? Il negoziante cominciava a sudare, e io ho una paura antiscientifica delle goccioline di sudore, così mi sono rassegnata al fatto che i negozi aperti durante la quarantena non si sono trasformati nel mercato nero, e se voglio il libro: “Pensare come un cavallo”, dovrò necessariamente procurarmelo online. Abbiamo scelto una borraccia rossa e una ciotola da viaggio blu per cani, che con un’interpretazione estensiva sono un regalo carino per la padrona di un cane. Abbiamo chiesto un pacchetto regalo. Il proprietario del negozio per animali, esasperato e sudatissimo, ci ha spiegato che non si fanno mai pacchetti regalo per le cose dei cani, io ho detto che mi sembra una discriminazione: sì è vero che lui offre ai cani in visita biscottini e salsiccette, e forse i cani li preferiscono ai nastri regalo, ma io no.

 

Usciti dal negozio, anzi quasi cacciati fuori, abbiamo bevuto un caffè da asporto con grande voluttà e parlato male dei virologi, ma io sentivo il desiderio impaziente di andare a casa. Ho detto: scusa, adesso devo proprio tornare a lavorare. Ho fatto le scale di corsa, mi sono tolta le scarpe, lavata le mani, ho nascosto i regali e mi sono seduta davanti al computer. Sono andata su Amazon, e in preda alla furia di un bisogno troppo a lungo represso ho comprato: sei paia di mutande per bambino, sei paia di mutande hipster per ragazza, sei paia di calzini per uomo, una moka da due, una crema rimodellante per il corpo, dodici pennarelli che scrivono sul legno e sulla ceramica, due asciugamani grandi da doccia, una pistola giocattolo in metallo a otto colpi, tre spugnette lavapiatti antimicrobiche, tre blocchi per gli appunti, un ripetitore per il Wi-Fi, una candela che profuma di peonia, pasta da modellare che si asciuga all’aria, pasta di zucchero per la depilazione orientale, una pietra che stimola la creatività se strofinata spesso e infilata di notte nella federa del cuscino, e naturalmente il libro “Pensare come un cavallo”. Solo per un attimo il mio cervello è stato attraversato da una specie di paura di insensatezza, qualcosa di simile allo sguardo di rimprovero del fattorino nel videocitofono. Allora ho eliminato l’opzione pacchetto regalo, e ho sentito una grande senso di pace.

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  • Annalena Benini
  • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.