Lucca Comics. Foto LaPresse

Noi genitori siamo uguali ai nostri figli?

Stefania Carini

Abbiamo gli stessi eroi, gli stessi gusti e gli stessi festival. Sogno, incubo, o realtà nerd?

Mio papà amava Tex, io Dylan Dog. Mia madre non ha mai letto fumetti, non è “cosa da donne”. Da bimba mi hanno portato a vedere Biancaneve al cinema perché faceva parte del mio bagaglio cultural-infantile obbligatorio. Nascessi adesso, sarebbe diverso. Mio padre leggerebbe i miei fumetti, mia madre idem. Vedremmo gli stessi film Marvel, faremmo insieme binge watching di Stranger Things e cartoni animati vintage tipo Lady Oscar e Ken Shiro. E andremmo tutti insieme a Lucca Comics, festival-festa tra i più importanti d’Europa che la scorsa settimana ha staccato oltre 251 mila biglietti. In quei giorni la città è di una comunità che non ha età, di una famiglia fatta di tante differenti famiglie. Non ho mai visto i miei genitori vestiti da Carnevale, io sono stata prima Biancaneve poi piratessa.

 

A Lucca, terra di cosplay (travestimento in onore del proprio personaggio fittizio preferito), i passeggini si trasformano in navi dei pirati spinti da mamme e da papà vestiti da Jack Sparrow. Come è possibile che oggi ai genitori piacciano spesso le stesse cose dei figli, e viceversa? Un sogno, un incubo? È mutata la cultura, è mutata l’industria. Il fumetto non è più cosa per bambini o ragazzi, e solo per maschi. Inoltre, rappresenta una parte di una più vasta area immaginifica, tipica di chi è nato tra la fine degli anni Settanta e gli anni Ottanta. Quelli – come me – cresciuti con i film di Steven Spielberg e George Lucas, gli anime nipponici e le serie tv americane, Dylan Dog e Video Girl Ai, i primi videogiochi e i primi siti web. Un immaginario una volta negletto, oggi osannato.

 

Il nerd oggi è il re, non lo sfigato. Ormai adulto, è consumatore e produttore di immaginari, spesso alla guida di industrie culturali e tecnologiche. In un panorama così ricco di possibilità di intrattenimento, questa passione viscerale per mondi fantastici è moneta pregiata per l’industria. Il percorso è un romanzo di formazione all’incontrario: non conta più uscire da quella bolla immaginaria per diventare adulti (per conquistare cosa poi, visti i tempi?), conta invece ritornare da adulti in quella bolla, e spesso insieme ai propri figli. Il mio parrucchiere può portare sua figlia a vedere il nuovo Star Wars, ma a differenza di mio padre con Biancaneve, vuole vederselo forse più di sua figlia.

 

Non è più semplice intrattenimento famigliare ma intergenerazionale: i miti si perpetuano, e anche attraverso i nuovi media. Questo parlare un linguaggio comune è bello. E strano: l’identità del bambino-adolescente non si forma anche in opposizione ai gusti dell’adulto? Lego ha lanciato un videogioco con i “cattivi” dei fumetti tipo il Joker. Ci si gioca in due, il bambino e magari il genitore ex amante del Lego. Dal virtuale poi si ripassa al reale, alla cara vecchia plastica, quella che se giri senza ciabatte fa male da morire. Il mattoncino vi lega, il mattoncino è per sempre.

 

Classe 1980, Licia Troisi è scrittrice fantasy di fama internazionale (è appena uscito il suo romanzo, L’isola del Santuario, il terzo della saga del Dominio), conduttrice su Rai5 di Terza Pagina, dottore di ricerca in Astronomia. Anima nerd, veterana di Lucca. Irene ha nove anni, è sua figlia. Per la prima volta – mi dice Licia – ha voluto fare cosplay. L’abito scelto è legato a un anime della generazione dei suoi genitori, Inuyasha. “Irene vede i suoi programmi, però ama anche guardare con noi vecchi cartoni animati. Non le imponiamo il nostro immaginario, però capita di condividere gli stessi titoli”.

 

Una volta si smetteva di guardare i cartoni, adesso non più: perché gli anime sono sempre stati anche per adulti, perché Disney e Pixar hanno ampliato la loro formula, perché tutto quello che abbiamo visto da bambini non cade più nell’oblio ma si trova in dvd, streaming, canali tematici. “Ho provato a farle vedere il primo Star Wars” dice Licia “ma non le è piaciuto tanto. Però le ho letto il romanzo, si è appassionata. Ama la spada laser di Dart Fener, infilata spesso nel suo zainetto a forma di gatto”.

  

Mio padre come me è fan de Il Trono di Spade. Entrambi possiamo riassaporare senza vergogna un certo fantastico delle nostre differenti infanzie, e dire pure che è “di qualità”. Mia madre come me non è convinta tanto della svolta di The Affair dopo la morte di Alison: come far morire in Beautiful Brooke, siete matti? Con l’età i gusti si somigliano, adesso però si somigliano fin da subito. C’è rimasta solo la musica (grazie trap!) a differenziare le generazioni? Gli adulti rivendicano il diritto a vivere in un immaginario senza fine anche insieme ai loro figli. Bene. Salvo quando mamma e papà, persi il distacco e l’ ironia necessari, vogliono essere i cosplayer più fighi dell’universo, più dei loro figli. Dimenticando che i bambini sono comunque gli altri, quelli bassi, anche se talvolta vestono i nostri stessi gusti.

 

Stefania Carini è una giornalista, in libreria con “Ogni canzone mi parla di te” (Sperling & Kupfer)

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