Signore e signori al Lombardia

Fuglsang primo sul lungolago. Evenepoel che vola in un burrone. Schachmann che viene investito da una macchina che non doveva esserci. Il Giro di Lombardia di quest'anno aveva la stessa maliziosa perfidia del film di Germi

Giovanni Battistuzzi

Non c'è la bellezza di Virna Lisi e neppure il sorriso di Gastone Moschin. Non c'è lo sguardo trasognato di Oreste Lionello e nemmeno quello simpatico e maligno di Gigi Ballista. La piatta campagna trevigiana ha lasciato il posto al verde scosceso delle montagne lariane, le auto e i tradimenti dei protagonisti si sono trasformati in biciclette e in macchie colorante veloci e peregrine. Se tutto è cambiato, almeno nel contesto, ciò che è rimasto uguale è la maliziosa cattiveria con la quale Age & Scarpelli, Luciano Vincenzoni, Pietro Germi ed Ennio Flaiano hanno descritto quella piccola parte di mondo. La stessa che ha messo in scena, questa volta sportiva, Jakob Fuglsang sulla salita che porta a San Fermo della Battaglia. Lì il danese ha finito di decidere le sorti dell'edizione ferragostana del Giro di Lombardia. Quello, almeno per una volta, delle Foglie appese. Lo ha fatto con un allungo impassibile, dopo un'occhiata e un sorrisetto compiaciuto lanciato a George Bennett, l'ultimo compagno di accaldata fatica. Lo ha guardato, ha ghignato, ha riposizionato gli occhi sulla strada che saliva precedendolo e, senza salutarlo, lo ha abbandonato.

 

Fuglsang sul lungolago di Como è arrivato da padrone che se ne frega di dover essere per forza anche signore. "Prima dell'ultima salita mi ero detto di aspettare lo sprint: pensavo di poter battere Bennett. Poi lui ha attaccato una seconda volta e allora ho deciso di provarci. Lui è svanito". Ma la figura del padrone non gli si addice. L'animo di chi prima di vincente è stato gregario viene sempre fuori: "Vlasov oggi è stato un campione. Mi ha dato una grossa mano, non fosse stato per lui le cose potevano andare diversamente".

 

Diversamente le cose potevano andare anche per Vincenzo Nibali. Ché allo Squalo l'idea di un terzo Lombardia mica sarebbe dispiaciuto, come è logico che sia, soprattutto dopo la caduta alla Strade Bianche e alle buone prove, ma imperfette, offerte alla Sanremo, al Gran Piemonte e alla Milano-Torino. Dopo aver dato, avrebbe voluto ricevere. C'ha provato scendendo verso Nesso dalla Colma di Sormano, dopo un leggero affanno nelle ultime centinaia di metri del Muro. Affanno che si è riproposto, sotto forma di crampo, una volta raggiunto il Lario. È lì che all'intestardirsi a fare la propria corsa, ha preferito il sacrificio del lavorare per gli altri, ancora una volta. Signore. Sulla salita che porta a Civiglio ha fatto ritmo per Giulio Ciccone e Bauke Mollema. Ha chiuso comunque al sesto posto.

 

Se Nibali sarebbe uno Squalo fuor d'acqua nel film di Germi, c'è una signora che invece ci sarebbe stata a pennello. La signora che alla guida di un automobile se ne è fregata del divieto di ingresso nel percorso di gara e che ha tagliato la strada a Maximilian Schachmann sulla strada che da San Fermo della Battaglia porta a Como. Come sia potuto succedere questo forse gli organizzatori del Giro di Lombardia lo dovrebbero spiegare. Perché è inammissibile che una cosa del genere sia accaduta in una gara del World Tour.

 

 

Il tedesco della Bora-hansgrohe fortunatamente non si è fatto nulla di grave, qualche botta appena, ed è riuscito ad arrivare al traguardo. Ma dopo quanto accaduto in Polonia e le belle parole dell'Uci sulla sicurezza dei corridori, questa è stata ancora una volta messa a repentaglio da una macchina che dentro al percorso di gara non ci doveva essere. E poco importa se "si è scusata", come riportato da qualcuno dell'organizzazione.

  

Già prima dell'incidente di Schachmann il Lombardia se l'era vista brutta. Remco Evenepoel, scendendo verso Nesso, era volato fuori strada, giù da un ponte, verso il torrente Nocee. L'hanno soccorso che era steso, semimmobile, ma cosciente. I soccorsi sono stati immediati. Il ragazzo si è rotto il bacino e la sua stagione dovrebbe essere finita.

 

 

Remco ha sbagliato una curva in una discesa difficile, veloce e tecnica. La caduta è stata paurosa ma rientra all'interno delle dinamiche di gara. Il ciclismo d'altra parte si corre sulle strade di tutti i giorni, non si possono azzerare i pericoli di queste. Ben diversa è stata invece quella di Schachmann. Perché proprio per limitare i pericoli le strade vengono chiuse e chiuse devono stare. L'anno scorso al Piccolo Giro di Lombardia è successo lo stesso a un ragazzo di 19 anni, Edo Maas. Una automobilista, che aveva fretta, è entrata nel percorso e lo ha travolto. A Edo è andata peggio che a Max.