Bollicine al Giro d'Italia. Viviani fa quattro a Iseo, le fughe ancora a zero

Giovanni Battistuzzi

Non basta il coraggio di Sanchez e De Marchi per evitare lo sprint nella 17esima tappa. Quella del veronese è ancora la bicicletta più veloce, mentre altre biciclette occupavano la cantina di Berlucchi. Bollicina è la parola della Treccani al Giro101

I 155 chilometri della diciasettesima tappa del Giro d'Italia 2018, la Riva del Garda - Iseo, sono stati un compendio di quanto meglio sa ancora offrire il ciclismo. Sulle strade che collegano i due laghi, tra monti e colline, tra boschi e filari, una lunga striscia d'asfalto è stata testimone di una continua ricerca della fuga, di uomini che cercavano di allontanarsi dal gruppo, di gregari di ruote veloci che inseguivano; di gruppetti che si staccavano e rientravano, si perdevano e si ritrovavano, compattandosi solo alla fine, a 11 chilometri dall'arrivo, quando il coraggio e la testardaggine di Luis Leon Sanchez e Alessandro De Marchi, i primi ad attaccare quest'oggi e gli ultimi ad arrendersi, si scontrava contro l'ostinata ingordigia dei velocisti. Sono stati loro a piazzare i loro sgherri avanti al gruppo, a tentare di far la guardia a quello che poteva non essere e invece è stato: volata. D'altra parte era la penultima occasione per gli sprinter, la prossima è Roma, ma in mezzo ci sono montagne e ancora montagne e lo spettro del tempo massimo che aleggerà sempre sulle loro schiene.

 

E allora tra le colline che scemavano verso il lago, tra gli ultimi tentativi di chi non si voleva rassegnare allo sprint, e la pioggia che prima scendeva a scrosci, per poi placarsi proprio al momento del passaggio dei corridori, il gruppo si è presentato alla resa dei conti. Ed è stato finale veloce e confuso, caos e battaglia, il tutto sistemato e regolato da Elia Viviani. E sono quattro vittorie in questa edizione. Ed è spettacolo, bollicine, cin cin. Non solo sul podio.

 

Bollicina. Dal vocabolario Treccanis. f. (usato specialmente al pl.) Per metonimia, vino spumante o champagne; bottiglia di vino spumante o di champagne; diminutivo del s. f. bolla: cavità sferoidale gassosa in seno a un liquido, prodotta per es. da un gas che gorgoglia nel liquido o dal vapore che si sviluppa nel liquido portato alla temperatura d’ebollizione.

 

Bollicine in corsa, bollicine attorno, bollicine che dalle bottiglie incontrano le biciclette, perché se i professionisti al vino devono rinunciare, chi in bici va per passione può concedersene, non fa male. Bollicine che attorno al lago di Iseo vogliono dire essenzialmente Franciacorta. Filari che accompagnano i corridori, che ne accolgono il passaggio, che li guardano correre, fuggire, inseguirsi, sprintare. Vigneti che si fanno raspi e acini, che diventano cantine. Cantine che aprono le loro porte, che accolgono biciclette, come quella di Berlucchi, che, in collaborazione con il Museo del Ciclismo del Ghisallo e quello di Alessandria Città delle Biciclette, le due ruote le ha accolte tra le fotografie dell'archivio sterminato di Vito Liverani e le illustrazioni di Riccardo Guasco, tra frasi di grandi giornalisti e scrittori. Biciclette che sono una mostra, Tasting biciclette, che sono modo per unire quanto di meglio sa dare questo territorio con il mezzo che meglio permette di muoversi tra queste colline.

 


Un'immagine della mostra (per gentile concessione di Luciana Rota)


 

Bollicine che accolgono un secolo di ruote a pedali, "dodici bici che vanno dal 1903 al 1987, dai pionieri a quella della quarta Liegi-Bastogne-Liegi di Moreno Argentin, passando per quella olimpica di Giuseppe Olmo, quella vincente al Giro di Felice Gimondi", racconta al Foglio Luciana Rota, curatrice della mostra. Dodici storie in dodici bici, più una. E che storia. Una scoperta, o meglio una riscoperta. Perché quella bicicletta l'hanno vista tutti, perdendola poi di vista. "Era in una cantina di Milano, con la sella mangiata dai topi quando venne data a Gianluigi Stanga (ex direttore sportivo, tra gli altri, di Francesco Moser, Gianbattista Baronchelli, Laurent Fignon, Gianni Bugno, Davide Rebellin e Alessandro Petacchi)". Non una bici come tante, "quella di Fausto Coppi con la quale vinse il 'Giro d'Italia e altre importanti corse' c'era scritto nella lettere che il Campionissimo aveva scritto il primo marzo del 1950". Una Bianchi che era un dono "all'Unione Sportiva Gorla, quartiere di Milano bombardato nella Seconda guerra mondiale", quello della strage di Gorla, "nella quale morirono 184 bambini, alunni della scuola elementare di Milano Francesco Crispi, per permettere di metterla all'asta per ".

 

Un passato che ritorna in una tappa corsa all'antica, quando le fughe si formavano e sformavano e per raggiungere la volata serviva farsi un mazzo tanto. Quindi chapeau Viviani, cin cin.

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