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La fuga è arrivata, viva la fuga. Schachmann primo a Prato Nevoso, Yates si stacca

Giovanni Battistuzzi

Dopo diciotto tappe gli avanguardisti arrivano al traguardo. E sulle Alpi cuneesi la maglia rosa perde, ma non crolla. Questione di determinazione. La parola del giorno della Treccani al Giro d'Italia 

L'avevano agognata per venti giorni, l'avevano cercata per venti giorni. Alla fine è arrivata alla 18esima tappa, la Abbiategrasso-Prato Nevoso, 196 chilometri. "W la fuga" c'era scritto su tutte le strade del Giro d'Italia e di fughe ce ne erano state tante, tutte vanificate, tutte, in un modo o nell'altro, riprese. I gregari avevano fatto il loro mestiere, cioè quello di acchiappatutto, di guardiani dell'ordine costituito, che è sempre quello del gruppo, mai quello degli avanguardisti. I fuggiaschi però ogni tanto ce la fanno. E così si ritrovano davanti, accumulano minuti, si giocano ribalte che solitamente non competono loro. Sono uomini di gamba e coraggio, di fame e vento in faccia. Sono i Ballerini e i Cattaneo, i Pfingsten e i Plaza, i Kuznetsov e i Van Emden, i Van Poppel e i Marcato, i Fonzi e i Turrin, i Morkov e gli Schachmann. Almeno scendendo dalla Lombardia al Piemonte e poi risalendo verso Pratonevoso. Almeno oggi, perché ieri erano altri, l'altro ieri altri ancora. Molto spesso, almeno in questo Giro, sono stati i Frapporti e i Barbin, gli Zhupa, i Sanchez. Cognomi da esplorazione. Come quello di Maximilian Schachmann, tedesco da colline e velocità che ha trovato gloria in montagna, sulle alpi cuneesi. Sulle rampe costanti e caparbie di Prato Nevoso il corridore della Quick-Step è il più bravo, il più veloce, quello che riesce a battere nel gioco a tre dell'arrivo Ruben Plaza e Mattia Cattaneo, avanguardisti tosti, determinati, incapaci però a cogliere il successo. E ci vuole determinazione per arrivare in testa in cima, a cercare l'avanguardia nonostante venti giorni di tentativi andati male.

 

Determinazione. Dal dizionario Treccani: s. f. [dal lat. determinatio -onis; v. determinare]. – 1. a. Azione e conseguenza del determinare, cioè dello stabilire o indicare con esattezza: d. dei confini; d. del luogo, del tempo, delle circostanze di un fatto; d. di un concetto; d. della dose di un farmaco; anche calcolo, o valutazione: d. del valore di un’espressione (in matematica); d. della pressione arteriosa, d. dei cloruri (in chimica analitica). b. In zoologia e botanica, ricerca e indicazione della categoria sistematica a cui appartiene un animale o una pianta. 2. a. Decisione, momento terminale della deliberazione volitiva: prendere una d., venire a una d.; rendere note le d. del consiglio. Anche, la cosa deliberata: è una d. infame. b. Volontà risoluta: agire con d., con fredda determinazione. 3. Nel linguaggio filos., l’essere provocato o prodotto come conseguenza diretta e necessaria: la d. causale degli eventi, presupposto delle concezioni e interpretazioni deterministiche della realtà (v. determinismo). 4. In biologia, l’insieme dei cambiamenti irreversibili che si producono durante lo sviluppo dell’embrione, in seguito all’insorgere di una graduale specializzazione dei blastomeri, per cui essi possono evolversi verso un determinato tipo di cellule e non verso un altro.

 

E ci vuole deteminazione anche per cercare di ribaltare quello che sembrava, almeno sino a ieri, impossibile: ossia mettere in difficoltà la maglia rosa, quel Simon Yates che sino ai meno tre chilometri dall'arrivo sembrava inattaccabile. L'inglese aveva risposto sempre presente a ogni attacco degli avversari. Sull'Etna, sul Gran Sasso, a Osimo e verso Sappada aveva anzi attaccato, aveva staccato gli altri, aveva bacchettato le speranze altrui. Lo aveva fatto anche oggi chiudendo facilmente su Tom Dumoulin, scattato alla ricerca della rivoluzione a quattromila metri dal traguardo. Niente da fare, tutto sotto controllo. O almeno così sembrava. Perché quando il Tanke aveva smesso di fare l'incendiario e si era guardato attorno, aveva visto le facce di Domenico Pozzovivo e della maglia rosa lì, attaccati alla sua ruota. Si era convinto che nulla potesse cambiare.

 

Ma il ciclismo, scriveva Alfonso Gatto, "è un romanzo del mistero dalla trama intricata. Appare sempre qualcosa che rimescola quello che sembrava non scalfibile". E' successo spesso, è successo ancora. E questo qualcosa si palesato sulle pendici di Prato Nevoso nella figura di Chris Froome, nel suo incedere sghembo e vorticoso. Il keniano d'Inghilterra accelerava e l'inglese del Greater Manchester stringeva i denti, sbuffava, arrancava, si staccava. La superiorità delle prime due settimane che evapora in pochi metri. La schiena che per la prima volta si piega, la sua ruota che fatica a salire. E' l'immagine della difficoltà, dello stupore, perché non pensava che ciò potesse accadere davvero. Ma non c'è resa in tutto questo. Yates fatica, ma non molla, non può farlo, è nel suo destino da primo della classe. Resiste, più di determinazione che di gambe, attaccandosi a se stesso perché ad altro non poteva attaccarsi. Yates sbuffa, scuote il capo, guarda il cronometro: sotto lo striscione d'arrivo saranno ventotto, che in classifica fanno ancora 28 di vantaggio su Dumoulin.

 

Il Giro può dire ancora tanto. Oggi ha lasciato il palcoscenico agli avanguardisti, poi una volta arrivati i primi, si è scatenato il gruppo. Un attestato di stima ai coraggiosi, anche se inconsapevole. Tant'è. Le due corse non si sono sovrapposte, lo spettacolo si è raddoppiato inaspettatamente. Ora mancano due tappe d'alta montagna, la Cima Coppi, due arrivi in salita. Mancano chilometri che possono ribaltare ancora una volta tutto, che possono esaltare o deprimere Yates. Possono dar gloria a Dumoulin. Possono esaltare Domenico Pozzovivo, terzo in classifica a 2'43", tanta roba. Possono far risorgere Froome. Ci sono tante domande a cui il Giro deve ancora rispondere. Arriveranno. Non vediamo l'ora.