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Il ruolo dell'Alleanza

Il piano di Stoltenberg per rafforzare il sostegno della Nato a Kyiv

David Carretta

Il segretario generale vuole che l'Alleanza atlantica assuma un ruolo diretto per sostenere l'Ucraina: 100 miliardi per garantire aiuti militari per i prossimi cinque anni coordinando gli sforzi dei singoli stati. C'entrano le turbolenze politiche a Washington e la situazione sul campo di battaglia

Bruxelles. Il piano da 100 miliardi di dollari per l’Ucraina presentato oggi dal segretario generale, Jens Stoltenberg, ai ministri degli Esteri della Nato spingerebbe l’Alleanza a superare una linea rossa che si era autoimposta dall’inizio della guerra di aggressione della Russia. Per la prima volta dal 24 febbraio del 2020, la Nato sarebbe chiamata a giocare un ruolo diretto nel sostegno all’Ucraina, creando una struttura apposita per finanziare lo sforzo militare di Kyiv e prendendo il posto dei suoi stati membri nel coordinamento delle forniture di armi. Fino a ora, per volontà degli Stati Uniti e della Germania, la Nato si è tenuta alla larga da un ruolo diretto. Le armi, le munizioni o l’intelligence vengono fornite dai singoli paesi membri dell’Alleanza. L’obiettivo di questa politica di “non coinvolgimento” della Nato era di evitare un conflitto diretto con la Russia, dando un pretesto a Vladimir Putin di classificare l’Alleanza come “cobelligerante”. Il piano Stoltenberg “fa attraversare il Rubicone”, spiega al Foglio un diplomatico. C’è una doppia urgenza che spinge a infrangere i tabù. La prima (non detta) è mettere al riparo il sostegno all’Ucraina dai trumpisti al Congresso e da un potenziale ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca. La seconda è “la situazione sul campo di battaglia”, ha detto Stoltenberg: “Gli ucraini hanno bisogno di più sostegno, ma hanno bisogno anche di sostegno più prevedibile e di lungo termine” per “organizzarsi e lanciare offensive”. 

I 100 miliardi proposti da Stoltenberg dovrebbero garantire aiuti militari all’Ucraina per i prossimi cinque anni. La Nato dovrebbe anche assumere il controllo della coalizione Ramstein, il gruppo di contatto guidato dagli Stati Uniti e formato da oltre 50 paesi che coordina le forniture di armi e munizioni. Ma non sarà la riunione di oggi dei ministri degli Esteri ad approvare il piano. “Speriamo di muoverci verso un consenso e poi un accordo al summit” della Nato che si terrà a luglio a Washington, ha detto Stoltenberg. Diversi ostacoli potrebbero rendere difficile un’intesa: il veto di Viktor Orbán, i contributi nazionali per arrivare ai 100 miliardi, il pericolo di essere accusati di cobelligeranza. Stoltenberg è sembrato ammettere che tenere fuori la Nato sia stato controproducente sul piano militare per l’Ucraina. “Ci sono molte altre iniziative multinazionali e bilaterali”. Ma “c’è la necessità di dare un quadro più robusto e istituzionale per assicurare la prevedibilità e l’impegno di lungo periodo”. I paesi o gli uomini sono al 99 per cento gli stessi, come il generale Christopher G. Cavoli, che è responsabile della logistica del gruppo di Ramstein in quanto comandante americano in Europa, ma anche comandante della Nato in Europa. Ma è necessario assicurare “efficienza, prevedibilità, controllo politico e che abbiamo la perseveranza necessaria ad assicurare che l’Ucraina prevalga”.

E’ nella parola “perseveranza” che vanno ricercate le ragioni politiche del piano Stoltenberg. Il segretario generale non ha risposto ai giornalisti che gli chiedevano di Trump. Ma le turbolenze politiche a Washington, anche quelle attuali che paralizzano il pacchetto da 60 miliardi di dollari al Congresso, rientrano nei calcoli. Il sostegno deve essere “meno dipendente da offerte volontarie di breve periodo”, ha detto il segretario generale. La sua proposta sposterebbe il centro di gravità della Nato e del sostegno all’Ucraina verso l’Europa, nel momento in cui alcuni paesi europei si mostrano più determinati. “Dobbiamo essere all’altezza del fatto che questo momento può definire il futuro in cui vivranno i nostri figli”, hanno scritto su Politico, la tedesca Annalena Baerbock, il francese Stéphane Séjourné e il polacco Radoslaw Sikorski. Per il Triangolo di Weimar, gli europei devono “farsi carico della loro giusta quota dell’onere collettivo della Nato e dimostrare disponibilità ad assumersi maggiori responsabilità per la difesa dell’Europa”. Ma allora “perché la Francia offre solo 3 miliardi di euro di sostegno militare nel 2024 e la Germania 7 miliardi? Perché non inviano in Ucraina molto di più dalle loro scorte?”, si è chiesto l’analista Ulrich Speck, sottolineando che in Europa rimane “un divario enorme tra discorsi e azione”.

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