negli stati uniti

Niente immunità per Trump: al processo verrà trattato come qualsiasi cittadino

Giulio Silvano

L'ex presidente potrà portare davanti alla Corte suprema anche questa decisione e chiedere di ribaltarla, ma intanto i giudici sono molto impegnati: stanno decidendo se il suo nome potrà apparire nelle schede elettorali

Il 4 marzo doveva tenersi il processo dove Donald Trump è accusato di aver architettato un complotto per restare al potere. E' accusato di aver cercato di ribaltare il risultato delle elezioni del 2020 e di aver fomentato la folla il 6 gennaio, non riconoscendo la vittoria di Joe Biden. La data del 4 marzo era particolarmente fastidiosa per Trump, perché il giorno dopo è il Super Tuesday, cioè un giorno pieno di primarie in cui votano 15 stati contemporaneamente e in cui solitamente si decide chi sarà il candidato del partito. Trump ha provato a cambiare la data in tutti i modi. Per non rispondere delle sue azioni, oltre che per riuscire a posticipare il processo, aveva chiesto alla Corte d’appello del circuito di Washington DC di riconoscergli l’immunità. Diceva di aver compiuto quegli atti in quanto “presidente degli Stati Uniti” e quindi di non essere processabile. Nella Corte, considerata la più importante dopo quella Suprema, in passato hanno lavorato giudici come Ruth Bader Ginsburg, Scalia e anche gli stessi Clarence Thomas e Brett Kavanaugh che ora siedono sulla panca del Marble Palace. La data è stata posticipata, ma questo è risultato un autogol – come spesso accade nelle manovre degli azzeccagarbugli di Trump. Perché la Corte d’appello ha detto: no, Trump non ha l’immunità, deve essere trattato come un qualsiasi cittadino, non come un presidente o un ex presidente. E non ci sarà bisogno di alcuna approvazione del Congresso per arrestarlo. Il procuratore speciale Jack Smith, che segue il processo sul 6 gennaio, ora potrà procedere tenendo questa importante decisione in considerazione.

 

Gli avvocati di Trump avevano cercato sfruttare una decisione della Corte suprema del 1981 dove si diceva che gli ex presidenti non potevano essere processati per azioni avvenute mentre erano al comando. Ma questo caso – hanno detto i giudici della Corte d’appello – non riguardava crimini di interesse pubblico come il tentativo di ribaltare le elezioni. Uno degli avvocati di Trump ha detto che una decisione del genere potrebbe portare a recriminazioni su passati presidenti, ad esempio portare in tribunale George W. Bush per aver mentito sulle armi di distruzione di massa. Ma molti studiosi hanno già detto che il paragone non regge. La stessa Corte (ma con altri giudici) di recente aveva anche deciso che le persone coinvolte nell’attacco al Campidoglio – soprattutto poliziotti e dipendenti governativi – potessero fare causa a Trump.

 

La decisione sull’immunità non riguarda tutti i processi in cui è coinvolto l’ex presidente, ma solo quello sul 6 gennaio, quello che doveva tenersi il 4 marzo, quello con l’impassibile procuratore speciale Jack Smith (diventato subito un eroe dei manettari progressisti). Sugli altri Trump può continuare a provare a giocarsi la carta dell’immunità, ma sarà difficile che giudici di corti minori vadano contro quella federale del circuito del District of Columbia. Al momento Trump è infatti impegnato in altri processi e investigazioni che toccano la sua vita politica, personale e finanziaria, interferendo con la sua agenda elettorale. C’è il caso dei pagamenti fatti alla pornostar Stormy Daniels (forse con i soldi della campagna elettorale); c’è l’aver trasportato fuori dalla Casa Bianca e aver tenuto i documenti top secret della presidenza nei bagni di Mar-A-Lago (e forse aver fatto vedere piani militari ai suoi ospiti per bullarsi), ci sono le interferenze nelle elezioni in Georgia, e poi le accuse frode rispetto alle attività imprenditoriali della Trump Organization, e infine la causa di diffamazione verso E. Jean Carroll, per cui Trump è stato appena obbligato a pagare 83 milioni di dollari.

 

Trump potrà portare davanti alla Corte suprema anche questa decisione sull’immunità e chiedere di ribaltarla, ma intanto i giudici sono molto impegnati, perché stanno decidendo se il suo nome potrà apparire nelle schede elettorali.

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