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La prima volta

Donald Trump è stato incriminato per il caso Stormy Daniels

Paola Peduzzi

L'ex presidente si trova a Mar-a-Lago, dovrà presentarsi a New York. Le accuse riguardano l'utilizzo improprio di fondi della campagna elettorale e pagamenti in nero. Ora si temono gli effetti sulla politica, dentro al Partito repubblicano, ma anche e soprattutto nelle piazze, visto che da giorni Trump ha costruito con molta arte l'epica di questo suo arresto e ha chiesto ai trumpiani di mobilitarsi per "vendicarlo"

La corte di Manhattan ha infine preso la sua decisione: l'ex presidente Donald Trump è stato incriminato per aver utilizzato fondi della campagna elettorale per comprare il silenzio della pornostar Stormy Daniels e per altri capi di imputazione. L'ex presidente americano si trovava a Mar-a-Lago, la sua residenza in Florida, quando è arrivata la notifica: ora dovrà andare a New York e presentarsi davanti alla corte. Secondo le prime ricostruzioni, i suoi collaboratori erano "sorpresi", così ha scritto il New York Times, e ora stanno studiando le procedure e i dettagli dei prossimi passi.

Ma come facevano a essere sorpresi? Non si parla d'altro da quasi due settimane.

Se questa notizia vi sembra di averla già vista e letta, infatti, nonostante sia la prima volta nella storia che un ex presidente viene incriminato, è perché lo stesso Trump ha fatto in modo che tutto il suo mondo si svegliasse oggi tremendamente indignato per come è stata strumentalizzata a suo avviso questa "vecchia favola", come la chiama lui, incattivito contro la caccia alla streghe dei liberal e pronto a scendere in piazza per difendere la sua vittima privilegiata.

Molti pensavano che Donald Trump fosse già non solo incriminato ma anche arrestato: hanno visto le foto. E molti sono oggi pronti: a mobilitarsi in sua difesa, per ostacolare le scorrettezze nei suoi confronti volte a impedirgli di compiere il suo destino, che è quello di guidare l’America e di farla tornare grande. Molti pensano che sia davvero necessario difendere la democrazia americana dall’assalto del Partito democratico che ha occupato illegalmente il palazzo – che fu assaltato e saccheggiato il 6 gennaio del 2021 con lo stesso presupposto – restaurando il potere trumpiano: “Rieleggetmi e sarete vendicati”, ha dichiarato l’ex presidente alla fine della settimana  scorsa, la settimana in cui ha annunciato il suo arresto imminente, ha demolito il procuratore di Manhattan Alvin Bragg, ha detto di volersi presentare in manette davanti ai cronisti per ostentare l’oltraggio subìto, e ha parlato a Waco, in Texas, a un suo comizio, ancora a piede libero.

Trump è stato incrimnato ieri ma sembrava che fosse stato arrestato da giorni. La giuria che avrebbe dovuto decidere dell’accusa di aver utilizzato 130 mila dollari della campagna elettorale del 2016 per comprarsi il silenzio della pornostar Stormy Daniels (soldi utilizzati malissimo tra l’altro, visto che sappiamo, in seguito ai racconti della Daniels, che hanno avuto un unico rapporto sessuale non protetto nel 2006, che lei lo ha sculacciato con una rivista sulla cui copertina c’era il volto di Trump, che hanno visto un documentario sugli squali e Trump è terrorizzato dagli squali, che lei gli ricordava la figlia Ivanka) non si è riunita nelle date che erano state indicate. In ogni caso, nessuno andrà a trascinare Trump fuori da casa sua in manette. Ma nel frattempo, l’intelligenza artificiale ha prodotto le immagini dell’arresto; il governatore della Florida nonché possibile rivale di Trump alle primarie repubblicane, Ron DeSantis, ha detto che è in corso una caccia alle streghe contro l’ex presidente e ha valutato l’ipotesi di mobilitare la Guardia nazionale per proteggerlo a Mar-a-Lago; il tribunale di New York è stato transennato e le forze dell’ordine sono state messe a guardia dell’edificio per precauzione; il mondo trumpiano si è risvegliato per difendere il suo paladino e parte di esso è andato sotto il sole impietoso di Waco ad ascoltarlo e ad applaudirlo e a partecipare alla costruzione della sua vendetta, nel giorno del trentesimo anniversario della strage dei davidiani nel ranch sulla collina di Mount Carmel, una delle storie più tragiche e controverse della storia recente americana; soprattutto: Trump era risorto.

Dopo le elezioni di metà mandato, nel novembre dello scorso anno, quando i candidati selezionati dall’ex presidente erano andati molto meno bene del previsto e l’onda rossa repubblican-trumpiana non c’era stata, per la prima volta Trump era sembrato molto indebolito. Qualche tempo dopo, aveva annunciato la sua candidatura alle primarie del prossimo anno, ma i suoi toni incendiari avevano fatto  meno clamore del solito, la sua emittente di riferimento, Fox News, stava già coccolando con convinzione DeSantis, il Partito repubblicano, da sempre complice del trumpismo, cominciava aveva iniziato a fare i calcoli senza di lui. La sua presa si sentiva ancora, soprattutto al Congresso, dove si muovono i suoi fedelissimi che hanno costretto il nuovo speaker Kevin McCharty a dare loro qualche presidenza di commissione in cambio della sua elezione, ma la non-vittoria elettorale aveva cominciato a dare una forma al post trumpismo, nell’unico posto in cui questa forma può essere data, cioè dentro il Partito repubblicano. Poi è arrivato il messaggio di Trump su Truth Social: mi arrestano martedì, scendete in piazza a difendermi. E il non-arresto è diventato un caso perfetto di disinformazione, con le immagini false, le manette invocate, i bot, i sostenitori reali, gli appuntamenti per la mobilitazione, il rigurgito del 6 gennaio: Trump ha ripreso la regia della sua sceneggiatura preferita, quella della vendetta. E' andato tutto secondo i suoi piani: secondo alcune rilevazioni, ha ripreso quota nelle preferenze degli elettori, ha aumentato il suo distacco da Ron DeSantis, ha fatto riconsiderare ai repubblicani l’idea di scaricarlo, ha dimostrato di essere ancora lui, sempre lui, il cavallo vincente. Fox News lo ha invitato, dopo mesi, per un’intervista con Sean Hannity, trasmessa in due puntate, di cui la seconda dedicata alle questioni internazionali: Trump ha detto che sotto la sua presidenza i cinesi non si sarebbero mai permessi di mandare palloni-spia nei cieli americani (lo hanno fatto), che potrebbe risolvere la guerra contro l’Ucraina in ventiquattro ore e anzi lo farà prima ancora di insediarsi se dovesse essere eletto, che ha abolito la Nato (intendeva il Nafta), e che tutti, compreso Vladimir Putin, hanno sempre avuto troppa paura di lui per fare cose che lo avrebbero deluso.

Trump è risorto grazie agli strumenti della cosiddetta “guerra ibrida”, fatta di disinformazione e destabilizzazione, la stessa che Putin vuole portare avanti a tempo indeterminato. Ora la sua incriminazione è un test per l'America, per la sua democrazia acciaccata, per il futuro della sua carriera politica e per gli effetti che avrà questa nuova, articolata mobilitazione costruita da Trump per organizzare la propria vendetta.
 

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi