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Parigi

Non sentirsi più al sicuro né in Francia né in Israele: la storia di Debora e David

Mauro Zanon

Al Foglio la storia di due franco-israeliani e della loro vita dopo il 7 ottobre scorso: "Abbiamo una paura quasi irrazionale che i terroristi possano entrarci in casa. Viviamo la doppia angoscia per ciò che può succedere a Parigi e a Gerusalemme

Alcuni suoi amici hanno tolto la mezuzah dalla porta di casa. “Hanno paura. Li capisco. Ci sono molte consegne a domicilio, ci sono nome e cognome sul campanello e le persone hanno facilmente accesso alle nostre case. Anche io non sono più serena dal 7 ottobre, ma ho deciso di tenerla perché mi sono detta che se la tolgo significa che c’è la guerra in Francia. Abbiamo un governo che ci sostiene e si creano dei collettivi per contrastare ogni forma di atto antisemita. Non siamo soli”. Deborah, 36 anni, con la doppia nazionalità francese e israeliana, è una delle tante ebree della diaspora che sta vivendo quella che Libération ha chiamato “double déchirure”: la doppia lacerazione, la doppia ferita di chi assiste alla recrudescenza dell’antisemitismo in Francia e allo stesso tempo alla perdita di Israele come luogo di rifugio sicuro da quando Hamas ha lanciato la sua nuova offensiva terroristica.

“Sono francese e israeliana, ho vissuto la maggior parte della mia vita in Francia e cinque anni in Israele, dove ho studiato geopolitica. In passato ho già vissuto a più riprese le ripercussioni del conflitto nel vicino oriente sul territorio francese. Verso i miei 11 anni avevo già ricevuto il mio primo ‘sale juive’ (sporca ebrea, ndr). Non dico di essere abituata, per fortuna, ma so cos’è l’antisemitismo perché l’ho vissuto in prima persona. Ed è molto spiacevole”, dice al Foglio Deborah, che lavora nel campo della riflessologia plantare. “Dal 7 ottobre siamo di fronte al terrorismo. Come molti altri francesi di confessione ebraica, ma non solo, abbiamo una paura quasi irrazionale che i terroristi possano entrarci in casa. Sembra strano da immaginare, ma questa è la sensazione. Ho paura in quanto donna ebrea di essere rapinata, stuprata, sgozzata. Siamo abitati da questa paura dinanzi al terrorismo. A volte mi chiedo cosa potrebbe accadermi anche in strada”, dice Deborah, che vive nel Diciassettesimo arrondissement, dove c’è una grande comunità ebraica. “In quanto ebrea della diaspora vivo una crisi identitaria acuta, una doppia pena perché da una parte c’è il dolore per le persone morte durante l’attacco terroristico di Hamas il 7 ottobre e per coloro che sono ancora in ostaggio, e dall’altra, in Francia, assistiamo a un’impennata dell’antisemitismo, con persone che ci odiano e ci impediscono di essere solidali con la causa israeliana. È terribile, perché esigono il nostro silenzio”, dice Deborah, che tiene a sottolineare che, comunque, c’è un governo che sta facendo il possibile per proteggere la comunità ebraica. 

Gli ultimi dati sull’antisemitismo in Francia diramati dal ministro dell’Interno, Gérald Darmanin, sono spaventosi: 1.518 atti o discorsi antisemiti dallo scorso 7 ottobre, e 600 persone fermate. In Israele, dove Deborah ha una parte della famiglia, “tutti sono d’accordo sul fatto che bisogna difendersi dalla minaccia terroristica. Certo, ci sono delle tensioni interne legate alle azioni del governo di Netanyahu, ma tutti sono uniti sul fatto che Israele debba difendersi contro Hamas”. David preferisce non dire il suo vero nome per questioni di sicurezza. “Sono francese e ho avuto la nazionalità israeliana ad agosto. Ho deciso di fare l’aliyah perché ho una parte della famiglia in Israele ed era un sogno che aveva da tanto tempo. Vivo a Gerusalemme, ho la mia attività nel campo del web-marketing, lavoro a distanza con la Francia, ma non solo con clienti francesi. Il 7 ottobre era shabbat. Ho sentito le prime sirene. Ma siccome non usiamo l’elettricità durante shabbat non sapevamo costa stesse accadendo: non potevamo vedere le reti all news. La sera abbiamo iniziato a capire l’entità del dramma. I primi giorni sono stati pieni di angoscia ed è stato difficile dormire”. David ha vissuto in Francia per 29 anni, ma non aveva mai assistito a un’ondata antisemita così violenta: “C’è una specie di liberazione del discorso antisemita. In quanto francese e israeliano vivo la doppia angoscia per ciò che può succedere a Parigi e a Gerusalemme”. David è nato nel Quattordicesimo arrondissement, dove due settimane fa sono state disegnate sui muri di alcune abitazioni e negozi una sessantina di stelle di David. “Quello che è successo, purtroppo, ci riporta alle ore più buie della storia. In Francia, ora, ci sono negozi kasher e sinagoghe che vengono disertati. Le notizie francesi mi inquietano. E’ molto triste vedere che gli ebrei di Francia abbiano paura di andare nei luoghi dove erano abituati ad andare”.

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