Il diario sotto il ciliegio

Il libro di Vakulenko ucciso dai russi trovato da Amelina uccisa dai russi

Paola Peduzzi

“È la testardaggine mortale con cui la Russia uccide tutto ciò che è ucraino e decapita la sua cultura”, dice Ariane Chemin, giornalista del Monde. La piccola missione di una scrittrice entrata nel ciclo nero della furia di Mosca

Milano. Il diario era sepolto proprio dove aveva detto lui, vicino al ciliegio nel giardino dietro casa. Lo ha trovato Victoria Amelina, scavando la terra con le mani un poco più a sinistra di dove avevano cercato fino a quel momento: un rotolo di fogli a quadretti scritti fitti fitti, avvolti nella plastica, il diario di Volodymyr Vakulenko detto Volodia, che scriveva storie per ragazzi e che in quelle pagine ha raccontato l’inizio dell’invasione russa in Ucraina, a Kapytolivka, nella periferia di Izyum. Il 22 marzo del 2022 i russi erano arrivati a casa sua, lo avevano interrogato insieme a suo figlio, che ha 14 anni, è autistico e  dall’inizio della guerra aveva smesso di parlare, avevano preso il computer e il telefono: Vakulenko sapeva che sarebbero tornati, ha sotterrato il diario, ha detto a suo padre e a suo zio il punto in cui aveva scavato, il 24 marzo i russi lo hanno portato via anche se li aveva implorati di lasciarlo lì a occuparsi di suo figlio. Poi è scomparso, sua madre è andata a cercarlo, le hanno detto che lo avrebbero rilasciato, “non siamo mica dei nazisti”, lo hanno ucciso.

 

A settembre, quando le Forze armate ucraine hanno liberato Izyum dall’occupazione russa, Vakulenko è stato ritrovato: era nel buco 319 della fossa comune nella foresta in cui sono stati trovati più di quattrocento corpi. Era stato ucciso da due colpi di Makarov, la pistola in dotazione all’esercito russo. Victoria Amelina è morta ieri, uccisa dai missili russi che hanno colpito   Kramatorsk la settimana scorsa. Il 12 giugno aveva pubblicato una foto di quel piccolo rotolo di fogli ricoperto di terra: “Ho appena finito di scrivere la prefazione al diario che il mio collega Volodymyr Vakulenko ha scritto durante l’occupazione della sua città prima di essere rapito e ucciso. Questo pacchetto che ho trovato nella terra sta per diventare un libro. La mia piccola missione è quasi completata”. 

 

“Il papà di Volodymyr era sconvolto e non si ricordava più bene dove fosse il diario”, mi dice Ariane Chemin, giornalista del Monde, autrice di “Nome in codice: Elitar I. Sulle tracce di Milan Kundera” (NR edizioni), che nel dicembre scorso ha partecipato al funerale di Vakulenko: “E’ Victoria che l’ha trovato e poi si è spesa moltissimo per farlo pubblicare. Aveva solo un piccolo rimorso, Victoria, me l’ha raccontato a gennaio, quello di non aver invitato Volodymyr al salone del libro che organizzava a New York, nel Donbas, quando questo padre di famiglia sognava di potervi partecipare”. Victoria Amelina ha consegnato il diario al Museo della Letteratura di Kharkiv, a maggio è andata in Norvegia a ritirare il Prix Voltaire dato a Vakulenko per il suo coraggio, è tornata a Kapytolivka a consegnarlo alla famiglia e il 23 giugno ha portato la mamma di Vakulenko e suo figlio al Book Arsenal Festival di Kyiv dove hanno presentato insieme per la prima volta il diario. “Continuo a ripetermi che la storia di Volodymyr non ha nulla a che fare con me, ma non è vero”, ha scritto Amelina a novembre, quando la sua “piccola missione” era appena iniziata. “Vakulenko non era un grande scrittore – dice Ariane Chemin che ha raccontato sul Monde questa storia di dolore e coraggio e ironia – Scriveva principalmente per i bambini, aveva un figlio autistico che purtroppo non capiva bene i suoi libri.

 

Questo è il primo dramma di questa storia: il miglior libro di Volodymyr sarà senza dubbio il suo diario dell’occupazione russa”, l’occupazione che lo ha ucciso. “L’altro dramma – continua Chemin – è questo ciclo nero dei crimini russi: l’esercito di Mosca ha ucciso un semplice paesano, il paesano l’ha raccontato in un libro, il libro è stato pubblicato grazie a una scrittrice, e questa scrittrice è stata lei stessa uccisa dai russi”. E’ il ciclo nero della furia russa, che Vakulenko aveva raccontato sulle pagine di un quaderno a quadretti, e che Amelina ha deciso di testimoniare ricostruendo crimine per crimine, vittima per vittima, la scrittrice diventata investigatrice per mostrarci che cosa stanno facendo i russi all’Ucraina. “E’ una spirale tragica e infernale – dice Chemin – E’ la testardaggine mortale con cui la Russia uccide tutto ciò che è ucraino e decapita la sua cultura”. 

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi