Nelle fosse di Izyum si decifra l'orrore russo

Così gli ucraini costruiscono anche nel sud condizioni buone per la controffensiva

Cecilia Sala

Izyum (Kharkiv), dalla nostra inviata. Nella foresta che circonda la città di Izyum ieri mattina sono cominciate le operazioni della scientifica per disseppellire circa 540 corpi senza nome. Le fosse sono una accanto all’altra: hanno sopra una croce di legno con scritto a penna un numero e alcune, poche, accanto alle cifre hanno un nome, una data di nascita e di morte. C’è almeno una fossa comune con 20 cadaveri di soldati ucraini uccisi cinque mesi fa, quando l’esercito di Mosca ha conquistato la città. Le tombe numerate sono quelle scavate dai civili ucraini: quando si è fermato il rumore delle bombe hanno trasportato i corpi dai loro giardini e dalle strade nelle foresta. Invece le fosse in cui i corpi sono accatastati in un’unica grande buca sono quelle scavate dai russi.

  
Le operazioni andranno avanti per giorni e, nel momento in cui lasciamo la zona, la maggioranza dei cadaveri civili disseppelliti sono vittime dei bombardamenti di marzo, ma almeno un corpo di ragazzo ha delle ferite che corrispondono alle catene che gli sono state messe intorno ai polsi e al collo e probabilmente è stato ammazzato dopo essere stato torturato. I russi, per prendere Izyum, l’hanno distrutta lasciando sotto le macerie centinaia di abitanti di cui oggi si cerca di ricostruire le identità. Sulla strada perimetrale le case con il tetto sfondato sono più di quelle intatte, i palazzoni di venti piani sono squarciati e non bisogna avvicinarcisi perché ancora adesso crollano dei blocchi grandi quanto un appartamento.

    
Gli ucraini invece, per liberare Izyum, non hanno avuto bisogno di combattere. Avanzavano mentre i russi fuggivano: c’è stato un interregno durato dal tramonto all’alba in cui l’esercito di occupazione era sparito e quello di liberazione non era ancora arrivato. 

  
Non è un caso se Izyum è stata riconquistata evitando ulteriore distruzione: Kyiv ha ingannato Mosca annunciando che la controffensiva si sarebbe concentrata nel sud, i soldati di Putin sono stati spostati in direzione di Kherson e quando gli ucraini hanno attaccato nel nord-est sapevano che il nemico, in inferiorità numerica, si sarebbe ritirato. Per le stesse ragioni, gli ucraini non possono contare su condizioni così favorevoli in direzione Kherson. Nel sud un tentativo di sfondamento adesso non avrebbe nessuna garanzia di successo e in ogni caso si trasformerebbe in una strage. Lì Kyiv muove con molta più cautela i suoi soldati e porta avanti delle operazioni spettacolari da lontano oppure affidandole ai partigiani sul campo. Ieri è stato colpito il palazzo dell’amministrazione collaborazionista di Kherson e probabilmente l’obiettivo principale dell’attacco era Kirill Stremnousov, il numero due nel governo cittadino famoso per il suo seguito online come blogger e attivista No vax e No mask. All’aeroporto di Melitopol è saltato in aria un centro di comando russo. Centoventi chilometri più a est, nella città di Berdyansk, Oleg Boiko – che faceva parte dell’amministrazione di occupazione – è stato ammazzato accanto al suo garage assieme alla moglie Lyudmila Boiko, che aveva la delega per l’organizzazione del referendum di annessione alla Russia.

  
L’obiettivo di queste operazioni ucraine è creare anche nel sud condizioni che assomiglino il più possibile a quelle in cui si sono ritrovati i russi nella regione di Kharkiv all’inizio di settembre. Eliminare i comandanti perché i soldati si sentano spaesati, bombardare depositi di armi e munizioni perché i soldati si sentano più deboli. Creare il panico così che i russi – quando Kyiv proverà a sfondare – scelgano di nuovo di scappare e non di combattere.

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