(foto LaPresse)

Il caso a Bruxelles

Cosa dice di von der Leyen la candidatura di Margrethe Vestager alla Bei

David Carretta

La zarina dell’Antitrust dell’Ue complica i giochi del candidato italiano Daniele Franco e rivela il clima da fine regno nella Commissione: Ursula è sempre più contestata per i metodi accentratori e autoritari

Bruxelles. La danese Margrethe Vestager, zarina del potente Antitrust dell’Unione europea da quasi dieci anni, martedì ha annunciato di essere disponibile a candidarsi per guidare la Banca europea per gli investimenti (Bei), rendendo di colpo più interessante la corsa per succedere all’attuale presidente, Werner Hoyer, quando il suo mandato scadrà alla fine dell’anno. I blocchi di partenza erano già affollati, con un nome italiano, quello di Daniele Franco, che svettava sugli altri. La polacca Teresa Czerwińska e lo svedese Thomas Östros sono stati lanciati nella corsa dai rispettivi governi, ma con un peso e un’autorevolezza più limitata rispetto all’ex ministro dell’Economia italiano. Una potenziale candidata ritardataria è la vicepremier spagnola, Nadia Calviño, che per ora è concentrata sulla campagna per le elezioni anticipate del 23 luglio, da cui dipendono le sorti del governo di Pedro Sánchez.

 

La candidatura a sorpresa di Vestager da parte del governo danese (di cui il suo partito non fa parte) complica i giochi per Franco. Non solo è donna (e sarebbe la prima alla presidenza della Bei): è soprattutto un peso massimo dell’Ue, che ha usato i potenti muscoli della Concorrenza per dare battaglia contro gli abusi di posizione dominante dei colossi globali del digitale, ma stando ben attenta (tranne in un paio d’occasioni) alle sensibilità dei governi nazionali. Con la sua fama di dura senza padroni, ma con grande fiuto politico, Vestager è una star dell’Ue. Tutto il contrario di Hoyer, che da buon tedesco appare come una via di mezzo tra un grigio banchiere e un bravo burocrate. Banca di sviluppo dell’Ue, la Bei è uno dei più grandi finanziatori sovranazionali al mondo. Gestisce centinaia di miliardi di euro di prestiti, investimenti azionari e garanzie nei settori dello sviluppo regionale, trasporti, telecomunicazioni, energia, ricerca, innovazione, ambiente, salute e istruzione. Avrà un ruolo anche nella ricostruzione dell’Ucraina. I ministri delle Finanze dell’Ue avranno una discussione informale sul successore di Hoyer a settembre. Una decisione potrebbe arrivare già a ottobre.

 

La candidatura di Vestager ha già provocato alcuni effetti secondari. Il primo è rivelare il clima da fine regno dentro la Commissione di Ursula von der Leyen, malgrado manchino sedici mesi alla fine del mandato. L’ex commissaria alla Ricerca, Mariya Gabriel, ha già fatto le valigie per fare il vicepremier in Bulgaria. Ma Vestager, che è vicepresidente esecutiva, è di un altro calibro. La sua volontà di andarsene non è dovuta solo alla pessima relazione con Thierry Breton, ingombrante commissario al Mercato interno che da francese ha una visione molto meno liberale (l’ultimo conflitto tra i due riguarda la regolamentazione dell’Intelligenza artificiale). La candidatura alla Bei mostra quanto siano diventati difficili i rapporti con von der Leyen, sempre più contestata all’interno della Commissione per i metodi accentratori e autoritari. L’Alto rappresentante, Josep Borrell, martedì ha criticato pubblicamente von der Leyen definendo la sua strategia di “de-risking” dalla Cina come un “discorso da conferenza”. Il commissario all’Agricoltura, Janusz Wojciechowski, ha ricevuto una lettera di richiamo per aver accusato von der Leyen di aver bloccato 100 milioni di euro di aiuti per gli agricoltori dei paesi dell’est in difficoltà per le importazioni di cereali dall’Ucraina.

 

Anche Vestager ha ricevuto una lettera. Con toni minacciosi, von der Leyen ha sottolineato i rischi di conflitto di interessi, le ha intimato di prendere un’aspettativa non retribuita in caso di candidatura formale e si è riservata di adottare altre misure. Vestager ha risposto con un’altra lettera per “confermare le condizioni che hai elencato”. La motivazione ufficiale di von der Leyen è di preservare l’indipendenza della Commissione e la sua missione di promuovere l’interesse generale dell’Ue. Il che appare paradossale, data la tendenza a cedere alle pressioni dei grandi stati membri. L’ultimo scontro tra von der Leyen e Vestager era andato in scena a inizio anno sugli aiuti di stato massicci chiesti da Germania e Francia per rispondere all’Inflation reduction act americano. Vestager era contraria per i rischi di una corsa interna ai sussidi che avvantaggia troppo la Germania con le tasche piene. Ma per von der Leyen era più importante accontentare i due grandi elettori – Olaf Scholz ed Emmaunel Macron – che decideranno di una sua eventuale riconferma alla presidenza della Commissione.