Josep Borrell (Lapresse)

Il punto geopolitico

L'equilibrismo dell'Ue per cercare una strategia comune sulla Cina

David Carretta

Il tavolo globale con i ministri delle Finanze del G7, il summit europeo di Stoccolma e il fronte interno della Commissione. Tre incontri per affrontare la crescente rivalità sistemica di Pechino, ma rimangono elementi di divisione

Bruxelles. L’Unione europea vuole dotarsi di una strategia coerente sulla Cina per adattarla alla crescente rivalità sistemica di Pechino, ma non è ancora pronta a fare sul serio quando si tratta di reagire all’aggressività e alla coercizione cinesi. Lo dimostrano i tre tavoli in cui ieri era impegnata a proposito di Cina. Il primo è globale: i ministri delle Finanze del G7 hanno iniziato a negoziare un meccanismo per far fronte alla coercizione economica in vista del summit dei capi di stato e di governo che si terrà a Hiroshima la prossima settimana. Il secondo è europeo: a Stoccolma i ministri degli Esteri dell’Ue hanno discusso un documento dell’Alto rappresentante, Josep Borrell, che dovrebbe servire ai leader per decidere la nuova strategia sulla Cina al Consiglio europeo di fine giugno. Il terzo è tutto interno: a Bruxelles gli ambasciatori dei ventisette stati membri si sono spaccati sulla proposta della Commissione di sanzionare otto società cinesi che stanno aiutando la Russia ad aggirare le sanzioni. Tra Emmanuel Macron che predica una quasi equidistanza tra Pechino e Washington e Ursula von der Leyen che vuole fare il “de-risking” insieme all’Amministrazione Biden, l’Ue non sa scegliere. Lo dimostra un passaggio del documento di Borrell: sulla Cina “il coordinamento con gli Stati Uniti rimarrà essenziale. Tuttavia, l’Ue non dovrebbe sottoscrivere l’idea di un gioco a somma zero in cui può esserci un solo vincitore, in una competizione binaria tra Stati Uniti e Cina”.

 

La coercizione economica di Pechino “dovrebbe essere di preoccupazione per tutti noi”, ha detto ieri il segretario americano al Tesoro, Janet Yellen, ricordando gli embarghi imposti dalla Cina a Australia e Lituania. Un meccanismo del G7 per rispondere alla coercizione è in discussione su proposta del Giappone. Alla riunione di Niigata, i ministri delle Finanze hanno parlato anche di come diversificare le catene di approvvigionamento, ridurre la dipendenza dalla Cina e imporre restrizioni agli investimenti e alle esportazioni occidentali in settori strategici per la sicurezza nazionale. L’Amministrazione Biden ha aderito alla retorica del “de-risking” (riduzione dei rischi) promossa da von der Leyen per evitare di usare l’espressione “decoupling” (disaccoppiamento) che fa infuriare Pechino. Ma quando si entra nei dettagli di cosa fare, l’Ue si ritrova in difficoltà, a causa delle sue divisioni interne. La Francia è contraria all’idea americana di contro-sanzioni in caso di coercizione economica cinese. Il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, ha appena confermato il via libera alla partecipazione del 24,99 per cento della cinese Cosco in un terminal del porto di Amburgo (contro il parere del suo ministro dell’Economia, Robert Habeck). La Lituania chiede agli europei di “prepararsi al rischio del decoupling”.

 

Secondo il documento di Borrell, la guerra della Russia contro l’Ucraina dovrebbe essere la bussola dei rapporti con Pechino. “Le relazioni tra la Cina e l’Ue saranno gravemente compromesse se la Cina non spingerà la Russia a ritirarsi dall’Ucraina”, dice il documento. Ma nel negoziato sull’undicesimo pacchetto di sanzioni contro Mosca, gli ambasciatori di Germania, Francia, Italia, Spagna, Paesi Bassi, Irlanda, Belgio e Lussemburgo si sono mostrati molto prudenti sulla proposta della Commissione di inserire otto società cinesi nella lista nera dell’Ue. A loro avviso, il tema va trattato con grande tatto. Mercoledì il direttore per gli Affari europei del ministro degli Esteri cinese, Wang Lutong, aveva accusato l’Ue di una “pugnalata alle spalle”. Il documento di Borrell riconosce che “l’unità” è fondamentale per permettere all’Ue di “agire da una posizione di forza” con la Cina e che “gli interessi nazionali di breve termine” sono un pericolo. Ma non dice come superare la disunità dell’Ue. Le conclusioni di Borrell sono un grande esercizio di equilibrismo: “La rivalità sistemica (della Cina) può essere presente in quasi tutti i settori di dialogo. Ma ciò non deve dissuadere l’Ue dal mantenere canali di comunicazione aperti e cercare una cooperazione costruttiva con la Cina”.

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