negli stati uniti

I tormenti di David Pecker che promise a Trump di “prendere e uccidere” tutte le storie ostili

Giulio Silvano

L’editore del National Enquirer ha contribuito a insabbiare mediaticamente tutto ciò che poteva nuocere all’ex presidente. Ora che è a processo, potrebbe tradirlo

Nel 2019, Ronan Farrow, figlio di Woody Allen e tra i principali giornalisti ad aver fatto partire il #MeToo, era ospite nel programma serale di Stephen Colbert per presentare il suo libro. Catch & Kill raccontava le difficoltà che ha avuto da reporter per scoprire la verità su Harvey Weinstein, il “grande mostro” di Hollywood. Catch and kill, prendi e uccidi, è una pratica da tabloid in cui una testata compra i diritti di una storia e poi, invece di pubblicarla, la tiene nascosta, “per favorire qualche figura potente”, dice Farrow. Nel libro rivela che il National Enquirer, oltre a seppellire storie su Weinstein, avrebbe cercato di distruggere la credibilità di alcune vittime del produttore. Non solo, anche Donald J. Trump, allora alla Casa Bianca, sarebbe stato un grande protagonista di questa “cultura degli insabbiamenti e di un pattern di pagamenti segreti per seppellire alcune storie” – spiegava Farrow in tv – nascondendo fatti potenzialmente dannosi durante la campagna elettorale presidenziale del 2016.

 

Il 4 aprile scorso, quando l’ex presidente si è dovuto presentare a Manhattan davanti al giudice Juan Merchan, alle accuse già note per i soldi pagati tramite il suo ex avvocato Michael Cohen alla pornostar Stormy Daniels si sono aggiunte quelle per i traffici con il National Enquirer di cui, appunto, si parlava già da anni ma senza che fosse indicato un reato specifico. L’uomo chiave di questa pratica del catch and kill è David Pecker che tre settimane fa è stato sentito per la seconda volta dai procuratori di New York, diventando un testimone chiave del processo.  Pecker, settantunenne del Bronx, figlio di un muratore morto quando lui era un ragazzino, è stato alla guida dell’American Media Inc. (AmI) fino al 2020 ed è l’ex editore del National Enquirer, oltre che di altri tabloid da supermercato pieni di gossip, come il Sun, il Globe o Weekley World News, o riviste come Man’s Fitness e Shape. La maggior parte delle copie del National Enquirer, circa il 25 per cento, è venduta nella catena di supermercati Walmart. Auto di lusso, ristoranti costosi nell’Upper East Side, orologi d’oro, camicie monogrammate, casa a Palm Beach – non lontano da Mar-a-Lago – lo stile di Pecker rappresenta un’America novecentesca del “self made man” prima della Silicon Valley, prima dei jeans e delle felpe grigie, ma che continua ad avere un suo impatto, nonostante il mondo delle riviste sia in crisi da tempo. Le copertine dell’Enquire sono la versione cartacea del clickbaiting della colonna a destra, promesse di mega scoop con titoli ammiccanti tra segreti di celebrità, fughe da Scientology, litigi nella famiglia reale e attacchi frontali a Joe Biden. 

 

Nel 2016 il tabloid di Pecker fece il suo primo endorsment presidenziale da quando era stato fondato novant’anni prima, appoggiando Trump e dedicando diverse copertine a distruggere l’allora rivale Hillary Clinton. “La sua salute cagionevole e la sua mortale sete di potere stanno portando Hillary Clinton alla tomba con un po’ di anticipo”, iniziava un articolo del 2015 che puntava a rivelare i presunti problemi medici dell’ex first lady. “La disperata e malmessa sessantasettenne non arriverà alla Casa Bianca, perché morirà entro sei mesi”. L’Enquirer e gli altri strumenti mediatici a disposizione di Pecker hanno contribuito a condividere e far fiorire varie teorie cospirazioniste. I rapporti tra Pecker e Trump vanno indietro agli anni Novanta, quando l’editore propose all’allora tycoon dell’immobiliare una soluzione per aumentare la sua insaziabile vanitas e contribuire a diffondere il suo brand personale: una rivista, Trump Style, da regalare agli ospiti vip dei suoi casinò, resort, club di golf e alberghi e agli affittuari dei suoi condominii di lusso. Trump Style andò avanti per cinque anni con una tiratura di oltre 150 mila copie, per poi esser sostituita da Trump World. Con l’acquisto da parte di Pecker del National Enquirer nel 1999 Trump aveva un alleato sempre pronto non solo a nascondere storie o a elogiarlo ma anche ad attaccare i suoi nemici e, con l’ingresso in politica, i suoi oppositori alle primarie, come il senatore Ted Cruz, dato a lungo per vincente tra i repubblicani (l’Enquirer pubblicò storie che facevano pensare che il padre di Cruz avesse avuto a che fare con l’omicidio di JFK).

 

Oltre al caso Stormy Daniels, Pecker si sarebbe occupato anche dell’insabbiamento della storia tra Trump e l’ex coniglietta di Playboy Karen McDougal, pagandole 150 mila dollari in cambio del silenzio, e poi altri 30 mila dollari a un ex portiere della Trump Tower che avrebbe saputo di un figlio illegittimo dell’ex presidente. Il giornalista premio Pulitzer David Cay Johnston, tra i primi a scrivere una biografia di Trump, ha detto che Trump e Pecker hanno avuto per anni “una relazione simbiotica” e che nel 2015 Pecker avrebbe promesso all’allora candidato che sarebbe stato “i suoi occhi e le sue orecchie” per qualsiasi scoop che avrebbe potuto danneggiarne la carriera politica. Per motivi anagrafici, dicono i biografi, Trump è molto legato alle riviste cartacee – si arrabbiò molto quando non fu nominato Person of the year da Time nel 2019, battuto da Greta Thunberg –  e quindi ha sempre dato molta importanza alla sua presenza sul National Enquirer. Dall’altra parte Pecker ha usato l’amicizia con Trump, nello stile di Fox News, per cercare di vendere più copie dei suoi giornali e fidelizzare l’elettorato Maga.  Nel processo di Manhattan in corso, Pecker è citato da Alvin Bragg tra i capi di imputazione per via del suo potenziale ruolo di mediatore e di stratega nei vari insabbiamenti. Nel 2018, accordandosi con i procuratori federali, ha ricevuto l’immunità ammettendo che la AmI aveva fatto dei pagamenti per influenzare le elezioni presidenziali. Le sue testimonianze lo hanno fatto passare dall’altra parte della barricata, sempre più affollata: quella degli ex amici di Trump che ne potrebbero svelare le pratiche non-ortodosse, diventati pericolosi freni alla sua eventuale rielezione nel 2024.