Foto di Alex Brandon, AP Photo, via LaPresse 

la squadra dei MAGA

Ci sono due indizi molto visibili che ci fanno dire: è tornato (anche) Steve Bannon

Giulio Silvano

Accanto a Donald Trump nell'aula di tribunale c'era Boris Epshteyn, il "consigliere in tempo di guerra". Così l'ha definito lo storico braccio destro della prima era del presidente, che adesso sembra essere tornato in prospettiva delle elezioni del 2024

Martedì in tribunale oltre agli avvocati esperti di crimini white collar – Joe Tacopina, Susan Necheles e Todd Blanche – seduto vicino a Donald J. Trump c’era Boris Epshteyn. Nato in Russia figlio di rifugiati, dopo la sua esperienza da consigliere strategico dell’ex presidente, Epshteyn ha usato la vicinanza a Trump per farsi assumere come consulente politico nelle elezioni di midterm da parte di tredici candidati repubblicani. Il suo ruolo è stato semplicemente quello di fare da connessione con Trump per avere il suo supporto durante le elezioni e molti poi hanno dubitato del suo valore come consulente. Da quando sono iniziati nuovi guai legali a Manhattan per Trump, Epshteyn ha avuto una posizione chiave di collegamento tra gli avvocati e l’ex presidente, con cui parla più volte al giorno. È una delle persone con cui sta più spesso al telefono, dicono. La squadra lo vede come troppo aggressivo e combattivo, ed è stato criticato quando ha voluto fare causa a Bob Woodward dopo che il giornalista ha reso pubbliche le interviste a Trump nel suo audiolibro. Più che un consulente legale Epshteyn è la voce per la campagna elettorale nell’orecchio di Trump dentro l’aula di tribunale e negli incontri con gli avvocati.

È quello che più di tutti sta cercando di trasformare l’arresto in un’opportunità per le primarie e per le presidenziali del 2024. Epshteyn è già stato pagato 30 mila dollari per questa campagna presidenziale, non come avvocato, ed è stato coinvolto sia nell’investigazione sull’attacco al Congresso del 6 gennaio che sui documenti top secret portati a Mar-a-Lago. Steve Bannon, il rasputin filoputiniano della prima stagione politica di Trump, ha definito Epshteyn un “consigliere in tempo di guerra”, usando il gergo d’ispirazione mafiosa mutuato dal Padrino. “Bisogna essere dei killer, e lui lo è”, ha aggiunto. Ed era stato proprio Bannon, con cui ha fondato una criptovaluta, a tirarlo dentro il cerchio magico di Trump mentre si costruiva la campagna per il 2016. La presenza di Epshteyn accanto a Trump è il segno di un ritorno del bannonismo. Quando il gioco si fa duro, meglio tirare fuori le armi più subdole, che in passato si sono dimostrate vincenti. 

Un secondo segnale di una rivincita di Bannon, che di recente ha attaccato Fox News per essersi allontanata da Trump, è la centralità e l’estremo presenzialismo di Marjorie Taylor Greene. La deputata ultra MAGA martedì si è presentata davanti al tribunale come supporter numero uno, e poi, la sera, è stata annunciata nel corteo trumpiano, subito dietro i figli, prima del discorso dell’ex presidente in Florida. MTG è molto vicina a Bannon e alcuni ne hanno fatto il nome come possibile candidata alla vicepresidenza. 

E poi, proprio in questi giorni in cui si parla così poco dei democratici e così tanto del Gop, è arrivata la notizia che Robert F. Kennedy Jr., figlio di Bob, nipote di JFK, si candiderà con i dem sfidando Joe Biden. Una mossa disturbatrice, in classico stile Bannon, visto anche che Kennedy Jr. è stato, negli anni del Covid, uno delle più attive voci anti-vax. In un’occasione ha detto che la situazione nel 2022 era peggio che durante il nazismo. Non solo, è vicino a figure chiave della tentata insurrezione del 2021 e a chi nega la vittoria di Biden. Si dice che sia stato proprio Bannon a incoraggiare per mesi Kennedy Jr., per usarlo come “agente del caos” e disturbare il campo avverso. Il brand Kennedy è sicuramente un vantaggio. 

E poi, la narrativa anti Soros, rispuntata in parallelo con le accuse sul caso Stormy Daniels, fa parte dello schema di gioco di Bannon, scuola Protocolli dei Savi di Sion. Trump in un comunicato ha detto che il procuratore Alvin Bragg, che segue l’investigazione, è stato scelto e finanziato da George Soros. La storia è stata condivisa anche dal governatore e possibile candidato repubblicano Ron DeSantis. Trump, e probabilmente qualsiasi potenziale aspirante alla Casa Bianca, sa che senza l’elemento alt-right, senza iperpopulisti e nazionalisti, non si riesce ad andare avanti, considerato che figure dell’establishment del Gop come lo speaker Kevin McCarthy preferiscono piegarsi alla destra estremista pur di ottenere o mantenere il potere. Allora tanto vale appoggiarsi al ritorno del vecchio amico-nemico Bannon.

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