2022, il trionfo del realismo

L'incontro tra Biden e Zelensky dimostra la capacità dell'occidente di difendere la libertà

Claudio Cerasa

Democrazie solide, dittatori in sofferenza, populismi in ritirata. La visita del leader ucraino negli Stati Uniti è l'immagine plastica della speranza. Mette in luce la forza delle potenze occidentali di proteggere le loro identità dai nemici: il vero lato positivo di quest'anno

Dieci mesi fa, all’inizio della guerra in Ucraina, Volodymyr Zelensky, di fronte all’offerta americana di imbarcarsi su un aereo e di mettersi in salvo fuggendo da Kyiv, rispose no grazie, disse che la battaglia era da combattere a Kyiv, non a Washington, e che al presidente ucraino sarebbero servite “molte munizioni e non un passaggio”. Dieci mesi dopo, Volodymyr Zelensky, in un contesto ovviamente diverso, accetta un passaggio negli Stati Uniti per dar vita al suo primo viaggio all’estero dall’inizio della guerra e offre al mondo l’immagine plastica di una speranza: la capacità, da parte dell’occidente, di aiutare un paese assediato a difendere la sua libertà, con le munizioni e non con i passaggi, e a lavorare per la pace non offrendo vie di fuga, non costruendo le condizioni per una resa, ma mettendo in campo tutto il necessario per provare a difendere i confini delle democrazie liberali.

 

Da questo punto di vista, il viaggio di Zelensky a Washington ci offre un fotogramma ulteriore per mettere a fuoco una pellicola importante che, nel corso dell’anno che si sta per concludere, si è presentata numerose volte di fronte ai nostri occhi. È una pellicola che spesso, in mezzo alle difficoltà di quest’anno, in mezzo alle angosce per la guerra, in mezzo alle paure per l’inflazione, in mezzo alle preoccupazioni per l’economia, ci siamo spesso dimenticati di considerare ma che è forse la più importante lezione che ci consegna il 2022. Lo ha scritto bene due giorni fa il Wall Street Journal, il giornale della “Parete Via”, come direbbe Alessandro “Translate” Orsini, e la questione è semplice. Il 2022 è stato l’anno in cui i difensori della libertà, quelli veri, non gli impostori, hanno mostrato forza, oggi si direbbe anche resilienza. È stato l’anno in cui alcuni leader autoritari, da Vladimir Putin a Xi Jinping passando per l’ayatollah Ali Khamenei, si sono ritrovati a fare i conti con reazioni vere, toste, alle loro politiche dittatoriali. 

 

È stato l’anno in cui l’occidente che i dittatori come Putin consideravano debole, flaccido, incapace di reagire, ha mostrato di essere solido, tosto, deciso a reagire mettendo in campo ogni strumento per difendere se stesso. È stato l’anno in cui la Cina ha dovuto fare i conti con quel che significa combattere ideologicamente l’occidente e il disastro della politica “zero Covid” nasce prima di tutto dalla volontà del regime cinese di rifiutarsi di vaccinare i propri cittadini con i magnifici vaccini occidentali a mRna. Il 2022, inoltre, è stato anche l’anno in cui i populismi più minacciosi, da Marine Le Pen in Francia a Jair Bolsonaro in Brasile passando per Donald Trump al midterm, per non parlare delle sberle antipopuliste arrivate nel Regno Unito, sono stati schiacciati alle elezioni.

 

È stato anche l’anno in cui tutti i cavalli di Troia del putinismo, in Europa ma non solo, sono stati bocciati sonoramente dagli elettori ed è stato anche l’anno, questo lo diciamo noi e non il Wall Street Journal, in cui anche alcuni populismi potenzialmente pericolosi, come quelli vittoriosi in Italia alle ultime elezioni, hanno dimostrato di avere un senso del limite e di essere tutto sommato ancorati sui grandi temi a un sano principio di realtà. A notare alcuni lati non oscuri, persino radiosi, di questo 2022 ci ha pensato l’altro ieri, sul Financial Times, anche Martin Wolf, “Martino Lupo” come direbbe Alessandro “Translate” Orsini, che ha aggiunto alla pellicola due ulteriori fotogrammi.

 

Primo punto: in modo disordinato e mal coordinato, il mondo, grazie alla sua formidabile capacità di collaborare sui vaccini, si sta comunque lasciando alle spalle il Covid e aver creato in così poco tempo vaccini ben funzionanti è un elemento di ottimismo che non andrebbe trascurato. Secondo punto: la tanto vituperata, maltrattata, detestata globalizzazione non è morta, dice Martin Wolf, la maggior parte dei paesi del mondo ha compreso di aver bisogno di un commercio vivace per prosperare e in un anno complicato come quello che si sta per chiudere il volume del commercio mondiale di beni e servizi, secondo il Fondo monetario internazionale, aumenterà del 4,3 per cento.

 

Dieci mesi fa, quando l’occidente è stato colpito alle spalle da Putin, i difensori delle democrazie liberali sembravano essere a un passo dal muro. Dieci mesi dopo, i sostenitori delle società aperte possono guardarsi indietro e notare che l’anno che si sta per concludere potrà essere ricordato come un anno in cui i difensori della democrazia, in mezzo a mille problemi, hanno scoperto però qualcosa di imprevisto: la presenza, nel mondo, di un numero di anticorpi più alti del previsto per provare a proteggere il mondo dai nemici della libertà.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.