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Cosa deciderà Putin sui combattenti di Azovstal

Micol Flammini

Cresce la propaganda interna che dice: abbiamo i nazisti, ora processiamoli. Da come il Cremlino deciderà di comportarsi con i prigionieri – se scambiarli secondo i patti o tenerli in Russia – si capirà se al presidente interessa più la posizione internazionale della Russia o la sua dentro al paese 

Da come Vladimir Putin deciderà di comportarsi con i combattenti evacuati dall’acciaieria Azovstal di Mariupol, si capirà se per lui questa guerra è una questione interna o esterna. Se ha più a cuore la posizione internazionale della Russia o la sua dentro alla nazione. Gli uomini del battaglione Azov evacuati sono finiti nei centri di detenzione preventiva di Rostov sul Don e di Taganrog, quindi dentro ai confini russi. Un sito di notizie di Rostov riferisce che  da questi centri  verranno  smistati altrove. L’Ucraina si aspetta che la Russia rimanga ai patti, che scambi gli uomini con altri prigionieri di guerra, ma in Russia questo accordo stretto con gli ucraini non è piaciuto. Attorno al possibile negoziato e alla sorte dei combattenti si è concentrata una nube di accuse. Alcuni propagandisti russi  non hanno esaltato, come ci si sarebbe aspettati, la fine dell’assedio all’acciaieria, perché sono contrari a una resa condizionata. La propaganda, che continua a dire che questa operazione speciale sta andando benissimo, ritiene che il ministero della Difesa, che ha annunciato l’accordo, si sia soltanto accontentato. 

 

Il Cremlino ha sbandierato la parola “resa”, ma gli oltranzisti hanno detto: cosa ce ne facciamo se non è incondizionata. Dopo tutto sono loro i nazisti di cui parlava Putin. Il ministero della Difesa è accusato di aver accettato  soltanto per accelerare la presa di Mariupol, che, ormai stremata, sarebbe avvenuta comunque. Le critiche sono tutte rivolte a Sergei Shoigu e non a Putin, ma il ministero è accusato di essere sceso a patti con terroristi e con nazisti: il pubblico russo è insoddisfatto e se prima il Cremlino raccontava la potenza degli assalti contro l’acciaieria, ora non parla volentieri delle evacuazioni. La situazione a Mariupol è preoccupante e, secondo l’intelligence americana, i funzionari russi temono che l’esercito stia compiendo abusi talmente gravi da fomentare la resistenza nella città.

 

Putin ha nelle mani uomini che per la sua guerra sono una merce di scambio importante. Deve capire se vuole usarli per ricattare il governo ucraino e metterlo nelle condizioni di fare di tutto per i combattenti, oppure se darli in pasto ai suoi di cittadini. Canali Telegram, che finora risultavano allineati con la propaganda del Cremlino, chiedono un tribunale speciale o la pena di morte per gli uomini di Azovstal. Sulla stessa linea sono diversi deputati della Duma, che hanno chiesto di vietare lo scambio di prigionieri e  di inserire il battaglione Azov nella lista delle organizzazioni terroristiche (in questa lista c’è anche l’oppositore Alexei Navalny), quindi non potrebbero essere scambiati con soldati russi: sarebbero soggetti ad altre regole. 

 

Agli occhi del mondo, la Russia sta perdendo questa guerra, ma il presidente russo ormai sembra guardare poco a quello che  pensa il mondo. Sembra disinteressato  alla posizione internazionale di Mosca – che secondo alcune fonti starebbe anche pensando di ritirarsi da alcune organizzazioni internazionali come Oms e Wto –, è  invece alla ricerca di una vittoria da mostrare ai suoi, ai russi che lo sostengono. Avere come prigionieri i combattenti del battaglione Azov è una vittoria da mostrare, un obiettivo raggiunto da rivendicare, magari con un processo. Riconsegnare i “nazisti” è una mossa che porterebbe la Russia a rispettare i patti.    

  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.