Abdul Rahman al Logari, lo stragista dell'aeroporto di Kabul, in un manifesto di propaganda dello Stato islamico

La pista indiana

Come va la guerra al terrore? Leggete la storia di al Logari

Daniele Raineri

La Cia aveva trasferito dall'India l'attentatore di Kabul nel 2017 per cavare informazioni sullo Stato islamico in Afghanistan. Durante il collasso di agosto lui è tornato a essere libero e invisibile

La storia di Abdul Rahman al Logari, l’attentatore suicida più letale dello Stato islamico, riguarda una domanda importante di politica estera: l’Amministrazione Biden riuscirà a neutralizzare i gruppi terroristi in Afghanistan anche dopo avere ordinato il ritiro totale dei soldati, che vent’anni fa erano arrivati lì proprio per neutralizzare i gruppi terroristi? Un po’ di contesto. Abdul Rahman al Logari è l’uomo sulla trentina che il 26 agosto è riuscito a superare un paio di posti di blocco dentro all’aeroporto di Kabul a farsi esplodere in mezzo alla folla e vicino ai soldati americani. Ha ucciso quasi duecento persone (ma alcune potrebbero essere state uccise dal fuoco di reazione dei soldati) e tredici militari americani, pochi altri attentatori sono riusciti a infliggere così tanti danni da soli – tanto che all’inizio si credeva che fosse stata un’operazione con più uomini. Sabato 18 settembre è uscito il numero venti di Sawt al Hind, è il mensile in lingua inglese dello Stato islamico in India con titolo in arabo (la voce dell’India). Sostiene che al Logari fosse andato cinque anni fa a compiere un’operazione suicida a Nuova Delhi, ma che fosse stato arrestato prima di riuscire a colpire.

 

Sui giornali indiani di quel periodo si trovano altre informazioni. Al Logari è descritto come uno studente d’ingegneria, figlio di un ricco uomo d’affari afghano che ha molti commerci in India e questo giustifica il trasferimento del figlio in un campus universitario indiano. Poco dopo il suo arrivo al Logari lascia il dormitorio studentesco e prende un appartamento in affitto. Soprattutto, è chiaro dalle informazioni di cinque anni fa che l’arresto di al Logari è il risultato di un’operazione congiunta dei servizi indiani insieme con la Cia americana. Pochi giorni dopo l’arresto nel settembre 2017 al Logari (siamo costretti a usare il nome di battaglia perché l’identità reale non è ancora pubblica) è trasferito nella prigione di massima sicurezza dentro alla base di Bagram, in Afghanistan, per essere interrogato. Se non ci fosse stata collaborazione con la Cia, oggi al Logari sarebbe ancora in una cella indiana. I giornali indiani scrivono che a mettere in moto l’indagine sullo studente sono state intercettazioni – e questo ci riporta agli americani. In quel periodo Cia e Pentagono lavorano a ritmo serrato contro lo Stato islamico in Afghanistan, è un periodo d’oro. Tra il luglio 2016 e l’agosto 2018, quindi nel giro di due anni, uccidono in successione quattro emiri dello Stato islamico in Afghanistan. Tre muoiono in bombardamenti mirati  – che presuppongono buone informazioni – uno in un raid di terra delle forze speciali, che ci mettono qualche giorno a confermare di avere ucciso il capo supremo del gruppo. Gli Stati Uniti hanno una buona lettura del terreno e di cosa succede ed è come se fossero in ascolto dello Stato islamico in Afghanistan. I giornali indiani dell’epoca scrivono che i servizi indiani convincono con un trucco lo studente afghano a reclutare altre persone e a cercare più esplosivo. 

 

Lo scopo ingannevole è ingrandire l’operazione suicida a Nuova Delhi e questo fa aumentare le comunicazioni tra lo studente e i suoi contatti in Afghanistan. Dicono inoltre che gli americani dopo la cattura ottengono altre informazioni ma non è possibile, guardando a ritroso quello che succedeva in quel periodo, isolare un fatto che potrebbe essere il risultato di quelle informazioni. C’erano raid e operazioni antiterrorismo tutti i giorni.  Il 15 agosto di quest’anno i talebani entrano a Bagram, abbandonata dagli americani all’inizio di luglio (molti contestano la decisione), e liberano i prigionieri come in altre parti del paese e  centinaia di uomini dell’IS-K tornano liberi. Al Logari in teoria è stato separato da troppo tempo dal gruppo, ma si sa che le carceri funzionano da centri di indottrinamento e assicurano molti contatti. Va a iscriversi nel gruppo dei volontari suicidi. L’uomo che la Cia del 2017 trasferì dall’India all’Afghanistan per avere informazioni più accurate diventa invisibile per gli americani (e siamo soltanto all’inizio). E’ probabile che a questo punto lo stesso comandante del gruppo, Shahab al Muhajir, si occupi di gestire l’attacco più importante dell’anno e riesca a far arrivare al Logari, che ha passato gli ultimi cinque anni in una prigione e non può recuperare in dieci giorni, fin dove è arrivato. Al Muhajir è un ex uomo del gruppo Haqqani, si occupava della sequenza di attacchi suicidi avvenuta dentro alla capitale afghana negli anni scorsi. Che è la ragione che spiega perché in quei giorni sono proprio gli Haqqani a occuparsi della sicurezza dentro Kabul, è un duello fra persone che si conoscono. 


Dopo l’attentato all’aeroporto di Kabul e un secondo attacco con sei razzi due giorni dopo, lo Stato islamico è entrato in una fase di immobilità per tre settimane. Poi sabato 18 e domenica 19 settembre ha attaccato sette volte con precisione (dopo una lunga sorveglianza) i talebani a Jalalabad, il capoluogo della provincia, il Nangarhar, dove è più forte – a due ore e mezza di automobile da Kabul. 

  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)