Lisbona durante il lockdown (foto LaPresse)

I veri motivi del miracolo portoghese

Luciano Capone

L’eccezione virtuosa del Portogallo è figlia di misure tempestive e di una classe politica che collabora

Roma. In Portogallo c’erano tutte le condizioni perché l’epidemia da coronavirus facesse danni pesanti, invece le cose stanno andando abbastanza bene. Tanto che la stampa internazionale, a partire ad esempio da Politico, parla di “eccezione portoghese”. Al momento il tasso di letalità è attorno al 3,5 per cento, tra i più bassi in Europa, un terzo della Spagna e un quarto dell’Italia. Gli ultimi dati parlano di 19.022 casi totali e 181 nuovi contagi, 657 morti totali e 28 in più nella giornata di ieri. I contagi ieri sono aumentati dell’un per cento, il tasso di crescita più basso dall’inizio dell’epidemia. Quasi il 90 per cento (87,1) dei pazienti è curato a domicilio e solo il 6,8 per cento in ospedale, di cui appena l’1,2 per cento in terapia intensiva. Il successo portoghese è enfatizzato soprattutto dal confronto con la vicina Spagna, dove la situazione è critica. Il Portogallo condivide con la Spagna la sua unica frontiera terrestre, completamente aperta (ma ora chiusa), e attraversata da moltissimi scambi commerciali in entrambe le direzioni. Tutti si aspettavano lo stesso destino epidemiologico, ma con effetti più dannosi. Perché il Portogallo è uno dei paesi più vecchi del continente e al contempo con un sistema sanitario tra i più inadeguati e con il numero di posti letto in terapia intensiva più basso d’Europa: 4,2 ogni 100 mila abitanti (in Germania sono ce ne sono 30).

 

Il caso portoghese non è un “miracolo” ma il prodotto di scelte tempestive, date dalla consapevolezza delle proprie fragilità. Umiltà e prudenza, quindi. In un contesto di collaborazione tra forze politiche. Anche perché al governo c’è il socialista António Costa, ma il centrodestra esprime il presidente della Repubblica, Marcelo Rebelo de Sousa. La sinistra radicale di fatto sostiene il governo di minoranza socialista e la destra sovranista ha un solo deputato. 

 

Sin dall’inizio c’è stata una gestione condivisa, visto che secondo la Costituzione è il presidente della Repubblica che dichiara lo stato d’emergenza, ma è il primo ministro a gestirlo. Lo stato d’emergenza è stato dichiarato in maniera tempestiva, il 18 marzo, pochi giorni dopo Italia e Spagna ma in una fase precoce dell’epidemia, praticamente quando ancora non c’erano stati decessi. Le misure non sono particolarmente severe, sia riguardo agli spostamenti sia riguardo all’attività economica. Sono ovviamente vietati assembramenti e manifestazioni, cosa che ha impedito eventi scatenanti (come in Spagna la manifestazione dell’8 marzo a Madrid). I voli sono bloccati e solo ieri è stata rimossa la zona rossa in comuni come Ovar (una specie di Codogno portoghese). Ma gran parte delle attività commerciali sono aperte seppure in modalità di distanziamento sociale. Sul fronte delle libertà individuali sono consentiti gli spostamenti, anche fuori città (eccetto durante il periodo pasquale) senza moduli e autocertificazioni. Il governo punta – finché rimane efficace – più sulla “pedagogia” che sulla punizione, ma restano degli obblighi di isolamento che finora hanno portato a 177 arresti.

 

Il regista della strategia è il premier socialista Costa, ma è anche grazie all’opposizione responsabile del leader del Psd Rui Rio che è stato possibile adottare senza polemiche provvedimenti di buon senso, che in Italia sembra impossibile anche solo discutere. Come ad esempio la regolarizzazione temporanea, per motivi sanitari, di migranti e richiedenti asilo. Oppure l’approvazione di un provvedimento “svuotacarceri”, composto da un mini indulto per chi ha pene residue inferiori ai due anni e un ampio ricorso ai domiciliari: una misura dettata dalla consapevolezza della pessima condizione delle carceri lusitane e che ha evitato rivolte e morti come in Italia.

 

Il Portogallo è stato inoltre capace, e forse questa era la cosa più inaspettata, di fare tantissimi test attraverso i laboratori pubblici e privati. E’ uno dei paesi che ne ha fatti di più al mondo: 21.678 per milione di abitanti (la Germania è a quota 20.629).

 

Quanto all’economia, le preoccupazioni più grandi sono per il turismo, un pezzo fondamentale del pil portoghese. Il paese si è conquistato una buona reputazione internazionale dopo aver seguito con successo le ricette della Troika. Ora il ministro delle Finanze Mário Centeno presiede l’Eurogruppo e nessuno, neppure l’opposizione, parla del Mes nonostante il Portogallo l’abbia avuto in casa nella sua versione “hard”. Ieri il Parlamento ha prorogato lo stato d’emergenza fino al 2 maggio con un voto ampio e trasversale. Mentre il governo già sta preparando la riapertura. Un paese normale.

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali