Irene Tinagli - Sessione plenaria del Parlamento Europeo (LaPresse)

“Per sconfiggere i populisti bisogna essere europeisti più convincenti”, ci dice Tinagli

Renzo Rosati

L'eurodeputata rafforza la squadra italiana a Bruxelles e avverte Roma di non promettere spese ma investimenti

Roma. “Visti da Bruxelles e dal cuore dell’Europa i problemi che ora sono al centro del dibattito italiano appaiono meno tambureggianti, certo meno ansiogeni che a Roma. Non c’è l’assillo di molti nostri ministri per la ribalta mediatica quotidiana e si lavora meglio. Questo non significa che il governo avrà vita facile, cosa che in questo momento è privilegio di pochissimi. Io sono qui per dare una mano sia al mio paese sia all’Europa ed è ciò che faro”.

 

Irene Tinagli eletta per acclamazione presidente di Econ, la strategica commissione Affari economici dell’Europarlamento, ha completato il filotto di nomine europee tutte targate Pd (Paolo Gentiloni commissario all’Economia, David Sassoli presidente del parlamento, Roberto Gualtieri che era al posto della Tinagli ministro dell’Economia nell’esecutivo rossogiallo) e dice al Foglio che non seguirà Matteo Renzi nella scissione, benché mantenga intatto l’apprezzamento per “la stagione riformatrice dei primi mesi del suo governo, una spinta che magari si sta un po’ perdendo”.

 

Tinagli, bocconiana, economista con formazione più o meno globale (Pittsburgh, Madrid, già consulente delle Nazioni unite e di diversi governi, teorizzatrice del valore del merito e dell’istruzione), non considera “il partito come una chiesa, il mio passato lo dimostra, ma ora l’Italia e il governo hanno bisogno di stabilità, di compattezza, di portare a casa risultati per recuperare credibilità all’estero, cosa che non si fa né sbattendo i pugni alla maniera dei sovranisti, né con scissioni che pochi capiscono, a parte gli appassionati delle tattiche parlamentari”.

 

Eppure proprio lei ha girovagato, oltre che per talk politici, per formazioni che vanno dalla montezemoliana Italia futura alla Lista civica di Mario Monti, fino ad approdare nel Pd proprio con Renzi e poi candidarsi, ed essere eletta, alle ultime Europee con Siamo Europei-Pd, con un eccellente risultato dietro a Carlo Calenda, che poi si è dimesso dal partito.

 

“Non seguirò Renzi nella scissione, benché apprezzi la stagione riformatrice dei primi mesi del suo governo, una spinta che magari si sta un po’ perdendo. Poi se l’accordo con i grillini non funziona non rimarrò certo zitta. Intanto anche in Germania sta mutando la percezione delle priorità. Un’occasione unica”

“Come lui ero contraria al governo Pd-M5s, l’ho accettato come male minore perché l’Italia rischiava davvero brutto. Con Carlo ci siamo spiegati, comprendendo ognuno le ragioni dell’altro. Ora sono qui al lavoro, appunto nell’interesse non tanto del mio partito quanto dell’Italia e dell’Europa. Lo dicono tutti, certo. Ma una cosa mi è chiara, che per sconfiggere i populisti bisogna essere migliori e più convincenti europeisti. Questo vale anche In Francia, Germania, Spagna, nei paesi del nord”.

 

Resta da completare una nomina, il rappresentante della Banca d’Italia nel board della Banca centrale europea al posto del francese Benoît Cœuré, e forse con l’arrivo di Gentiloni trovare una diversa e adeguata collocazione a Marco Buti, finora a capo della direzione Affari economici e finanziari. Dopodiché la squadra italiana in Europa sarà al completo, e sufficientemente omogenea.

 

Il lavoro di Tinagli è intanto già operativamente iniziato, con il parere favorevole, ieri, alla nomina di Christine Lagarde alla presidenza della Bce, parere che ha preceduto il sì del vicepresidente della Commissione di Bruxelles Valdis Dombrovskis (in gerarchia superiore a Gentiloni) e del Parlamento europeo: che ha espresso 394 sì, 206 no tra i quali Lega e Fratelli d’Italia e 49 astenuti tra i quali i 5s.

 

Tinagli ha avuto solo il tempo di leggere la relazione, favorevole a Lagarde, predisposta da Gualtieri; ora aggiunge di condividerla "senza nulla togliere ai grandi meriti di Mario Draghi". Un esempio? “Lagarde si è detta ‘incuriosita’ dal diffondersi delle criptovalute, che come è noto i banchieri centrali osteggiano. Questo mi ha colpito, da diffidente che però considera positivo, se si presenta un fenomeno nuovo e rilevante, attrezzarsi per conoscerlo e magari governarlo”.

 

Le novità sono la cifra dell’intera nuova governance europea, da Lagarde a Ursula von der Leyen, che parla di riforma in senso espansivo del Patto di stabilità e crescita, con attenzione agli investimenti green; così come due altre donne, la vicepresidente danese alla Concorrenza Margrethe Vestager, e Sylvie Goulard, francese macroniana commissaria al Mercato interno e alla Difesa, egualmente da posizioni chiave annunciano svolte a tutto campo dal digitale alla formazione. Questo magari ha generato in Italia aspettative esagerate anche per l’imminente legge di Bilancio, quasi che l’atteggiamento più accomodante fosse già acquisito e spendibile in spesa corrente.

 

“E’ vero – dice Tinagli – le regole sono tuttora quelle di prima e per modificare i trattati serve non solo la buona volontà ma anche il consenso dei governi. Però questi segnali non sono neppure da sottovalutare. Se si annunciano cambiamenti e poi non si fanno le delusioni sono forti, non solo in Italia. Molti paesi stanno del resto mutando la percezione delle priorità, a cominciare dalla Germania. Il fatto che le svolte verde e digitale si accompagnino alle difficoltà dell’industria tradizionale, e al non potere contare solo sull’export, è un’occasione storica per trasformare i problemi in opportunità. Naturalmente l’Italia non può credere di approfittarne spacciando per verde ciò che invece sono mance pubbliche”.

  

La neo-presidente di Econ è rimasta stupita nel leggere gli annunci del ministro grillino dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti di aumenti indiscriminati di stipendio agli insegnanti “indipendentemente dal merito”. Dice: “Credo di avere sufficienti titoli per parlare della necessità di migliorare l’istruzione, passando però dal merito, cioè dalla didattica. Inoltre avevo capito che a differenza del contratto gialloverde con questo governo era finita l’epoca in cui ogni partito e ministro parlava ai suoi elettori, e il tutto era una somma di elargizioni”. Su altri punti è più pragmatica: “Quota 100 è sbagliata, né ha affatto abolito la riforma Fornero come dice Matteo Salvini. Ma è stata un flop, e può essere portata ad estinzione. Così come il reddito di cittadinanza può essere inglobato nel reddito d’inclusione. Poi se l’accordo con i grillini non funziona non rimarrò certo zitta”, e le si può credere.

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