La sindrome Pulcinella

Claudio Cerasa

Il governo del Male minore, che ogni giorno trova un modo per presentarsi come un male non del tutto minore

A voler mettere in fila tutto, l’elenco comincia a fare impressione. C’è il caso Ilva, con la maggioranza che arriva a esultare per aver trovato una soluzione che le potrebbe permettere di riparare (forse) un danno creato dalla stessa maggioranza con l’abolizione dello scudo penale. C’è il caso delle microtasse inserite in manovra, con la maggioranza che arriva a esultare per aver trovato una soluzione che le potrebbe permettere (forse) di riparare a una sensazione di panico generata dalla stessa maggioranza con l’annuncio disordinato di una serie di piccole tasse che forse neppure ci saranno. C’è il caso di Alitalia, con la maggioranza che come quelle precedenti, non accettando di fare i conti con la realtà, si ostina a non consegnare la compagnia di bandiera agli investitori interessati in accettabili condizioni di mercato. C’è il caso di Atlantia, con la maggioranza che continua a fare lo sciacallo con un’azienda quotata utilizzando un giorno sì e l’altro pure la revoca delle concessioni autostradali come un’arma di distrazione di massa per spostare lontano dal governo i problemi dell’Italia. C’è il caso del Fondo salva stati, con un pezzo della maggioranza che si ritrova all’opposizione di se stessa e che ha scelto di trasformare nuovamente l’Italia nello zimbello d’Europa costringendo il presidente del Consiglio a valutare se rinegoziare una riforma che era stata approvata pochi mesi fa dallo stesso premier che periodicamente offre l’impressione di essere stato a sua insaputa per molti mesi capo di un altro governo.

 

C’è poi il caso della prescrizione, con la maggioranza – compresa quella parte di maggioranza che in teoria dovrebbe essere presentabile – che non sembra avere alcuna intenzione di mettere mano a una riforma che dal 1° gennaio del 2020 andrà a sfregiare il nostro stato di diritto.

 

C’è infine il caso dell’incredibile trasformazione dell’Italia in un paese in cui gli amici cinesi si sentono così in diritto di poter sputacchiare sulla democrazia rappresentativa da arrivare a definire come ha fatto ieri il portavoce dell’ambasciatore cinese “irresponsabili” i parlamentari italiani (Radicali e Fratelli d’Italia che hanno organizzato una videoconferenza con uno dei leader della protesta di Hong Kong (Joshua Wong).

 

A voler mettere in fila tutto, a voler mettere uno accanto all’altro gli elementi di non presentabilità del governo, l’elenco comincia a fare impressione e la circostanza che in Italia vi sia un governo che in termini di affidabilità a volte riesce a far rimpiangere il governo passato è un fatto sul quale, per quanto si possa non apprezzare Matteo Salvini, non si può non ragionare. Gli ultimi due anni di esecutivo, prima quello gialloverde e ora quello rossogiallo, ci hanno dimostrato che governare con il grillismo è possibile in quei rari casi in cui per opportunità e per desiderio di potere il grillismo riesce a contraddire se stesso.

 

Ma quando al grillismo viene data la possibilità di indirizzare buona parte dei processi di governo – e quando le maggioranze, pur avendo le giuste leve per provarci, non trovano gli strumenti giusti per contenere il populismo sfascista dei campioni del maoismo digitale – il risultato purtroppo è sempre lo stesso ed è quello di accendere un pulsante che lentamente avvia la trasformazione del nostro paese in una repubblica più dei pulcinella che delle banane.

 

Da giorni la maggioranza di governo sembra avere piuttosto chiaro il tema della sua progressiva impresentabilità (le aste dei titoli di stato a cinque anni e a dieci anni due giorni fa sono andate male come non succedeva da molti anni) ma non sembra avere invece chiaro il modo in cui curare un virus che giorno dopo giorno si sta diffondendo. Non si tratta di trovare un’anima o di firmare un nuovo patto di governo o di lavorare a una fase due. Si tratta più semplicemente di definire i paletti tra un governo indecente e uno decente, che abbia possibilmente un obiettivo diverso rispetto a quello di avvicinare ogni giorno nuovi elettori al trucismo salviniano.

 

Il governo di svolta era nato come un male minore rispetto al male peggiore. Se il governo del male minore trova ogni giorno un modo per presentarsi di fronte al paese come un male non del tutto minore significa che la candela accesa pochi mesi fa dal Pd e dal M5s per indicare una strada alternativa a quella del salvinismo si sta spegnendo e si sta trasformando in un altro incendio. Non serve un contratto tra i partiti. Serve molto più banalmente quello che questo governo sembra avere sempre più difficoltà ad avere: un semplice e lineare contatto con la realtà. Svegliarsi, please.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.