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Cercasi stimoli in Europa

L'asse verde tra Conte e Merkel può dare all'Ue una scossa economica

Luciano Capone

I dazi preoccupano la Germania ma le regole fiscali non cambieranno. La chiave è il green. L’Ocse: Italia a crescita zero nel 2019. Incontro Mattarella-Steinmeier

Roma. “Le relazioni tra Germania e Italia sono, non soltanto eccellenti, ma al massimo livello di eccellenza”, ha dichiarato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella al termine del colloquio con il suo omologo tedesco Frank-Walter Steinmeier, per la comune condivisione dei “valori e degli obiettivi della Ue” e del “legame transatlantico”. Ma quanto le sorti e le prospettive di Roma e Berlino siano intrecciate, lo ha ricordato nelle stesse ore l’Ocse che ha pubblicato il suo economic outlook: la crescita rallenta in tutti i paesi del G20, ma soprattutto – all’interno dell’area euro – in Italia e Germania, due economie manifatturiere ed esportatrici e per questo più colpite dalle tensioni commerciali tra Usa e Cina. L’Ocse conferma crescita zero per il 2019 e abbassa a +0,4 per cento (-0,2 punti) le stime per l’anno prossimo (al solito, peggiore performance), mentre per la Germania prevede il taglio più netto, con un dimezzamento della crescita per l’anno prossimo (+0,5 per cento nel 2019 e +0,6 nel 2020).

 

“A differenza di ciò che da tanto tempo si è sostenuto, Italia e Germania non sono economie rivali, ma legate mani e piedi”, dice al Foglio Carlo Altomonte, economista della Bocconi. “Non solo Berlino è uno dei nostri principali mercati, ma il 25 per cento del nostro export in Germania viene poi riesportato in paesi terzi. Vuol dire che siamo pienamente integrati nella value chain tedesca”. Il problema è che con la guerra dei dazi questa catena rischia di spezzarsi e il modello tedesco basato sull’export di incepparsi.

 

Per questo motivo si fanno sempre più intense le pressioni su Berlino, basti pensare alle parole del presidente della Bce Mario Draghi ma anche quelle del vicepresidente della Commissione Valdis Dombrovskis e del presidente dell’Eurogruppo Mario Centeno, affinché gli stati che se lo possono permettere spendano di più. L’idea è che, in questa congiuntura sfavorevole e di rallentamento del commercio globale, i paesi come la Germania, che hanno spazio fiscale, lo usino per rilanciare la domanda interna con ricadute positive su tutta l’Eurozona. In Italia c’è anche chi si aspetta di più: con la nascita del nuovo governo “europeista”, c’è la convinzione che si sia aperta la possibilità di rivedere il Patto di stabilità in modo da consentire politiche fiscali espansive ai paesi più indebitati come il nostro.

 

Ma sono aspettative che rischiano di essere deluse. La revisione del Fiscal compact, che il presidente della Camera Roberto Fico avrebbe addirittura letto nel programma di Ursula von der Leyen (in realtà il programma del nuovo presidente della Commissione parla di “pieno uso della flessibilità consentita all’interno del Patto di stabilità”), non è in agenda. “Le regole europee non saranno cambiate – dice al Foglio l’economista tedesco Daniel Gros, direttore del think tank brussellese Ceps – perché si oppone una maggioranza degli stati, non soltanto la Germania, ma anche tutti i paesi anseatici’. I paesi rigoristi del nord non consentiranno quindi una modifica in senso lassista del Fiscal compact, ma quantomeno la Germania comincerà a spendere per rilanciare la domanda europea? Non proprio. “La Germania è sempre in piena occupazione, anche se cresce un po’ più lentamente – dice Gros –, non si percepisce la necessità di uno stimolo fiscale. Questo arriverà soltanto se aumenta la disoccupazione, ma di questo non si vede segno. Almeno per ora”. Senza una pressione politica interna, difficilmente la Germania si avventurerà in politiche fiscali espansive. D’altronde in una situazione di pieno impiego, con inflazione superiore alla media euro e output gap neutro, i tedeschi non vedono molta necessità di spendere.

 

E allora come se ne esce? “La soluzione migliore – dice Altomonte – sono gli investimenti verdi, il piano europeo da 1.000 miliardi proposto dalla von der Leyen. Con la leva monetaria inefficace, bisogna usare la leva fiscale comune e l’unico modo per renderla politicamente accettabile per i tedeschi è puntare sulla sensibilità ambientale, visto anche il successo dei Verdi”. Dipingere di verde il rosso del deficit italiano, è questo il compromesso su cui possono lavorare il commissario Gentiloni e il ministro Gualtieri.

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali