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Il Venezuela sembra un paese in guerra. Ma muore per le idee sbagliate

Giulio Meotti

Così il paese sudamericano è diventata una minaccia per la salute dei paesi limitrofi: è tornata la difterite e i tassi di mortalità infantile sono saliti alle stelle

Roma. La rovina economica del Venezuela, la “catastrofe socialista” come la definisce Bret Stephens sul New York Times di questa settimana, è diventata una minaccia per la salute dei paesi limitrofi. Il crollo del paese è stato così profondo che il suo sistema sanitario assomiglia a quello di uno stato devastato da una guerra.

 

Uno studio sulla rivista Emerging Infectious Diseases rivela che ci sono parallelismi fra il Venezuela e il ritorno della polio in Siria e della difterite nello Yemen. Tre milioni di venezuelani sono già fuggiti dal paese e a Cúcuta, in Colombia, una città vicino al confine tra Colombia e Venezuela; le autorità mediche indicano che ora ci sono più donne venezuelane che partoriscono rispetto alle donne colombiane. Dei 554 bambini nati negli istituti medici di Cúcuta nel settembre scorso, 353 erano da madri venezuelane.

 

Un rapporto sulla rivista Lancet ha appena avvertito che i tassi di mortalità infantile sono schizzati alle stelle in Venezuela, con 21,1 decessi ogni mille nuove nascite, rispetto ai 15 per mille di dieci anni fa. Il regime chavista da anni non tiene più statistiche ufficiali sulla mortalità infantile, così i ricercatori hanno dovuto usare i dati presi dai certificati di morte, dei bollettini ufficiali e da alcuni sondaggi per stimare la mortalità nei bambini al di sotto di un anno.

 

“Abbiamo perso diciotto anni di progressi”, ha detto al Washington Post Jenny García, la ricercatrice principale dello studio. “Il paese sta mostrando un peggioramento della sopravvivenza infantile per la prima volta. Durante le crisi importanti, le cause di morte più comuni sono le stesse riportate nei paesi con il più alto tasso di mortalità infantile: malattie diarroiche, infezioni respiratorie acute, morbillo, malaria e grave malnutrizione. Tutti questi elementi sono presenti in Venezuela e influenzeranno negativamente la futura mortalità infantile”.

 

Dagli anni Cinquanta ai Duemila, il Venezuela era sempre progredito in tutti gli indici di sviluppo medico-sanitari. Adesso è in regressione totale e sta tornando ai livelli precedenti agli anni Novanta. La difterite non si vedeva in Venezuela da ventiquattro anni e ora è tornata.

 

“L’aumento della mortalità infantile deriva dal progressivo deterioramento dello stato di nutrizione delle persone, il crollo dei standard di vita e del sistema sanitario”, scrivono gli autori. Lo studio è stato scritto prima del precipitare della situazione con l’autoproclamazione di Juan Guaidó a presidente contrapposto a Nicolás Maduro.

 

Studi medici rivelano anche che gli ospedali non hanno l’acqua corrente per il 79 per cento, un quarto delle terapie intensive neonatali sono state chiuse e molti altri servizi pediatrici non funzionano più. Sono anche cresciute del 66 per cento le morti durante la gravidanza. Quasi il 90 per cento dei cittadini vive in povertà. Secondo un sondaggio di Euronews, con uno stipendio minimo mensile, che è di circa cinque milioni e duecentomila bolìvares, pari a 1,30 euro, si possono acquistare un chilo di patate o pomodori, mezzo hamburger e tre quarti di pizza. Il venezuelano medio ha perso undici chili. E pensare che nel 1950 il Venezuela aveva il quarto reddito pro capite più alto al mondo, dietro soltanto a Stati Uniti, Svizzera e Nuova Zelanda; che nel 1980 aveva l’economia che era cresciuta più velocemente al mondo nel corso dell’intero Ventesimo secolo e che nel 2001 era ancora il più ricco dei paesi latino americani.

 

Se lo Yemen è piombato in un incubo umanitario a causa di una guerra, il Venezuela ha fatto tutto da solo. In nome delle idee sbagliate.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.