Il monumento in omaggio “alle lotte del popolo venezuelano per la conquista del patrimonio petrolifero”, di fronte al quartier generale della compagnia statale Pdvsa a Caracas (foto LaPresse

Missione Caracas

Daniele Raineri

L’Amministrazione Trump ha un piano in due parti per togliere a Maduro il suo cerchio di protettori

New York. In questi giorni è in corso uno scontro di posizionamento tra gli Stati Uniti e la Russia sulla questione Venezuela. Il governo russo ha mandato quattrocento contractor (fonte Reuters, sabato) a proteggere il presidente venezuelano Nicolás Maduro e due giorni fa il consigliere per la Sicurezza nazionale americano, John Bolton, ha parlato davanti ai giornalisti con un blocco per appunti su cui c’era scritto “Cinquemila truppe in Colombia”, che è un paese confinante con il Venezuela e potrebbe fare da base d’appoggio nel caso di un’operazione militare americana. Il Pentagono e il governo colombiano hanno detto di non avere informazioni a proposito, ma Bolton ha risposto ai giornalisti: “Il presidente ha già detto che tutte le opzioni sono sul tavolo”. Al di là di questo colpo di teatro per mandare un messaggio d’avvertimento a Maduro e ai suoi sponsor internazionali, l’operazione americana di sostegno all’opposizione che vuole prendere il posto del regime chavista a Caracas per ora è tutta economica.

  

Per comprenderla bisogna partire da questo dato di fatto: Maduro si è assicurato la lealtà dei vertici militari con quote di partecipazione ricche nella grande risorsa legale del paese, la compagnia di stato Petróleos de Venezuela, o Pdvsa, che controlla il settore energetico quindi greggio e gas (i generali sono coinvolti anche nel narcotraffico, fonte Bloomberg). Dall’altra parte, l’opposizione guidata da Juan Guaidó – che si è dichiarato presidente legittimo del paese – è priva di risorse e quindi non ha i mezzi per resistere e prevalere nel Venezuela ridotto alla fame. Guaidó ha detto la settimana scorsa che non chiama i venezuelani a manifestare in piazza ogni giorno perché sa che non possono permetterselo, non possono interrompere troppo a lungo la fatica quotidiana di cercarsi il cibo.

   

  

L’Amministrazione Trump sta agendo su entrambi i lati della questione. Due giorni fa ha annunciato un nuovo round di sanzioni molto dure contro Petróleos de Venezuela, che ha bisogno delle raffinerie americane per trattare il greggio. Adesso qualsiasi profitto prodotto dagli scambi tra il Venezuela e le raffinerie americane sarà congelato, il che vuol dire che la Pdvsa non potrà più raffinare quel greggio e dovrà venderlo a prezzo scontato sul mercato asiatico. Maduro ha dichiarato che le sanzioni sono “unilaterali, immorali, illegali e criminali” e ha aggiunto “Mr Trump avrai le mani sporche di sangue”, e anche secondo la Russia sono “illegali”. L’idea di fondo è spogliare Maduro degli strati protettivi di complici che si è creato in questi anni di controllo totale sulle risorse venezuelane e di lasciarlo senza soldi e senza generali, ma c’è il rischio che le sanzioni siano un trauma aggiuntivo per l’economia del paese e per tutti i venezuelani.

   

Allo stesso tempo, il governo americano ha passato il controllo degli asset di Maduro congelati nella Federal Reserve Bank di New York e in altre banche federali al suo rivale, il capo dell’opposizione Juan Guaidó. Inoltre sta chiedendo ad altri governi di seguire l’esempio. Il Venezuela ha circa otto miliardi di dollari in depositi bancari sparsi per il mondo e più di 1,3 miliardi sono nella Banca d’Inghilterra – e ora Guaidó chiede che quel denaro sia sbloccato e consegnato all’opposizione.

    

Un ex generale venezuelano che ora vive a Miami, Antonio Rivera, dice alla rete tv Nbc che secondo lui i generali hanno già scelto di stare dalla parte di Maduro. Saranno i gradi inferiori e i soldati a ribellarsi, forse, e se lo facessero c’è la possibilità di una guerra civile “ma molto breve perché tutti sono stanchi di Maduro”. José Antonio Colina, un altro ufficiale venezuelano che ha disertato e oggi vive a Miami, dice che più passa il tempo e più l’idea che l’esercito abbandonerà Maduro e passerà con l’opposizione diventa improbabile.

  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)