Una manifestazione a Caracas in supporto di Guaidò, sabato 2 febbraio. Foto LaPresse

Il Venezuela raccontato da un italiano di Caracas. Lettera a Di Maio

Pasquale Calligaris

"Sono sempre stato orgoglioso della mia nazionalità, ma oggi mi vergogno della non decisione del governo su Guaidó". Ci scrive Pasquale, emigrato dall'Italia 34 anni fa

Sig. Luigi Di Maio,

ho avuto la sfortuna di ascoltare le sue parole circa la decisione del governo italiano di non riconoscere Juan Guaidó come presidente ad interim del Venezuela. Vivo a Caracas da quasi 34 anni, ho moglie venezuelana e figli e nipoti italo-venezuelani. Il 5 per cento della popolazione ha origini italiane (circa 1.500.000 persone) e 140.000 cittadini sono in possesso del passaporto italiano. Da circa 20 anni sopportiamo abusi di tutti i tipi da parte di questa gentaccia che si riempie la bocca di belle parole ma che é stata capace di ridurre un paese ricchissimo in un paese ai limiti del crollo totale.

   

Fino al 1998, il Venezuela era uno degli stati di maggior progresso in America Latina, con tutte le virtù e i difetti che poteva avere una democrazia in fase di sviluppo. L'avvento di Chavez fu accolto ai suoi tempi come una speranza, non da me che non avrei mai votato per un militare golpista, ma molta gente fu ingannata dalle sue parole populiste e nazionaliste. Dopo poco si rivelò per quello che realmente era: un discreto oratore completamente plagiato da un noto statista dittatore di una delle isole dei Caraibi. Il paese si trasformò così in una Repubblica delle Banane. Espropriazioni, corruzione ai massimi livelli mondiali, mancanza assoluta di giustizia, dell'imparzialità del sistema elettorale, distruzione dell'apparato produttivo, appoggio alla guerriglia, ai paramilitari, al narcotraffico, appropriazioni dei beni dello stato, per non parlare della distruzione della sicurezza, della fornitura dell'elettricità, dell'acqua, degli alimenti, dei medicinali, dell'istruzione, della sanità, ecc. Insomma, stiamo vivendo un incubo che non ha mai fine. Ora che apparentemente siamo vicini a una soluzione, speravamo che il nostro governo – quello italiano – mostrasse un po' di carattere mentre invece è l'unico dei 28 paesi dell'Unione Europea a lavarsi le mani come Pilato e a non prendere una posizione su quello che per la Costituzione venezuelana è il presidente ad interim del paese, come lo sarebbe il presidente del Senato in Italia se mancasse Sergio Mattarella.

  

Nel 2017 ho partecipato attivamente alle proteste durate quattro mesi, ho respirato lacrimogeni ad ufo e sono stato colpito da un pallettone al collo. Ci tengo a dire che non sono un ragazzino, ho 65 anni e tutto quello che ho rischiato l'ho fatto per i miei figli, per i miei nipoti e per tutte le brave persone di questo splendido paese che non ci ha fatto mai sentire stranieri e ci ha accolti a braccia aperte. Nonostante i continui pericoli che affronto, la sera vado a letto con la coscienza pulita per aver fatto quello che ritengo giusto. Purtroppo le cose sono cambiate, per sua informazione altri paesi come la Spagna o il Portogallo o la Francia hanno provveduto a fornire ai loro connazionali aiuti e assistenza di vario genere, medica, alimentare, numeri di emergenza o programmi di evacuazione. Noi niente, silenzio assoluto delle autorità. Hanno solo diffuso un numero telefonico per chi ha bisogno di qualche medicinale e purtroppo a questo numero non risponde nessuno.

  

Mi faccia la cortesia, sia Lei che il suo collega di partito, Alessandro Di Battista (che l'altro giorno ha sparato delle baggianate innominabili): informatevi prima di dare opinioni. Come diceva il nostro grande concittadino Antonio de Curtis, "siamo uomini o caporali"? Ecco cercate di fare gli uomini, che qui di caporali già ne abbiamo in abbondanza. Qui non si scherza, ogni giorno si rischia la vita per l'insicurezza che c'è in strada, in più viviamo la repressione di questi banditi che uccidono centinaia di ragazzi per rimanere al potere. Non avrei mai pensato in passato di dover scendere in piazza alla mia età a reclamare la Libertà come feci da ragazzo alla fine degli anni 60 e agli inizi degli anni 70.

Ho notato che in tutti i talk show si parla per ore e ore di barche e barconi con a bordo 40 immigrati. Con tutto il rispetto e la comprensione per questa povera gente, non ne ho visto uno che parlasse neppure per cinque minuti dei 140.000 italiani che in Venezuela stanno subendo angherie di tutte le specie, sia fisiche che psichiche.

So che queste righe che mi sono permesso di scriverle potrebbero costarmi caro (qui in Venezuela, logicamente) e che probabilmente non serviranno a niente, ma ho dovuto farlo. Oggi varie persone locali e di altre nazionalità mi hanno fatto vergognare mostrandomi il loro disaccordo per le vostre NON decisioni. Sono sempre stato orgoglioso di essere italiano, oggi purtroppo molto meno. Cercate di parlare meno e di fare di più!

Saluti non molto cordiali 

  

Pasquale Calligaris



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