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Come mettere a posto l'americano a Parigi

Giuliano Ferrara

Serve un mondo che metta in guardia Trump dalla tentazione di fare il buffone da reality anche in trasferta. Serve un’Europa seria che pretenda serietà

Questo Arancione ha perso la maggioranza al Congresso, la Camera ai democratici e il Senato alla Russia (come ha ridacchiato uno stand-up comic), ha eletto un magnaccia morto nel Nevada, ha messo un delinquente al posto dell’Attorney General per difendersi in un’indagine, ha bastonato Jim Acosta della Cnn perché voleva una risposta a una domanda, poi prende l’aereo, sbarca a Parigi come un profugo di un paese invaso dai latinos in fuga dal Nicaragua, e si permette di schiaffeggiare gli europei, tra una minaccia e l’altra di tariffe doganali, facendo annunciare che non partecipa al Forum multilaterale e ha cose più importanti da fare, quindi riparte in anticipo. Non è un po’ troppo anche per un american in Paris? La Merkel aveva detto, cara donna di casa, che gli europei devono riprendere il futuro nelle proprie mani. Macron, che avrebbe bisogno di un battaglione di Benalla, aveva appena aggiunto: per lo meno nel cyberspazio dobbiamo avere una squadra o un esercito capace di difendersi. Ora è vero che gli americani, i miei preferiti fino al 2016, avevano dato una mano in un paio di guerre mondiali all’Europa, ma erano gli americani prima di Trump, il suo opposto simmetrico. Non sarebbe stato giusto notificare al presidente degli Stati Uniti in carica che il twittaggio America First! se lo dovrebbe digitare a casa sua, non esportarlo in una comunità di stati indipendenti e liberi?

 

L’Europa politica è sconnessa dai fatti. Dovrebbe richiedere con urgenza una revisione degli accordi Nato. Un ridimensionamento di un’alleanza multilaterale insidiata dall’isolazionismo di un presidente demagogo, che ha consegnato il suo paese a un ruolo nordamericano, o norteamericano, in coppia con il suo compare Jair Bolsonaro. Dovrebbe imporre a uno sbracato un’etichetta. Dovunque, anche all’Onu e al Wto e alla Banca Mondiale e al Fondo monetario. Dovrebbe rivedere i propri bilanci della difesa, ma non nel senso di alimentare la catena difensiva della guerra fredda divenuta tiepida e alternante, oggi grinta e domani la Russia mi regala un pallone, dovrebbe essere seria e pretendere serietà. E’ così che ci si guadagna il rispetto dei cittadini, la credibilità per governi e istituzioni sovranazionali. E’ così che si producono fatti, l’unica cosa che i sovranisti cosiddetti sono in grado forse di capire. L’esportazione della democrazia aveva un senso, quella della maleducazione e del bullismo non è sensata, e qualcuno che lo dica a chiare lettere ci vorrebbe, mi pare. Le regole della diplomazia, che Charles de Gaulle conosceva benissimo, non gli impedirono di fare dei fatti parlando di Europa dall’Atlantico agli Urali, un’esagerazione significativa, e uscendo dal comando militare integrato della Nato. Ora è chiaro che stabilire il dosaggio spetta ai capi di stato e di governo, ma un dosaggio ci dovrà pur essere, quando si tratti del criterio primo, la responsabilità, nelle relazioni internazionali.

 

Quel signore è molto ricco e bene armato, come sistema, come intreccio tra istituzioni e comando demagogico, ma non è un Dio onnipotente e onnisciente, è un burlone narcisista, anche simpatico, che va messo a posto, e non solo a casa propria. E non basta una Alexandria Ocasio-Cortez, serve un mondo che lo metta in guardia dalla tentazione di fare il buffone da reality anche in trasferta, il trasfertista twitterato. Putin e Mr Ping numero uno, il numero due ce lo abbiamo in casa, mi suscitano insopprimibile diffidenza, ma le regole della Realpolitik devono valere nel teatro internazionale. Sono due con i quali si sa che negoziare è difficile ma possibile. Come si fa a intrattenere una relazione strategica con un puffo globale che non rispetta nemmeno la minima regola della buona educazione, delle buone maniere? 

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.