Spagna, un gruppo di migranti arriva al porto di Algeciras (foto LaPresse)

Portare i migranti in Spagna e aumentare i rimpatri. Un progetto antipopulista

Micol Flammini

Intervista a Gerald Knaus, l’ideatore del piano Ue-Turchia

Roma. I punti del suo programma sono due: ridurre gli sbarchi e rendere l’immigrazione legale. Un programma visionario che in pochi sarebbero disposti a prendere in considerazione se non fosse che lui, Gerald Knaus, è la mente del piano immigrazione tra Unione europea e Turchia. Lo studioso è presidente dell’Esi, European stability initiative, think tank che si occupa di politica estera europea, e ha avuto una nuova idea su come poter regolare i flussi migratori. Nel 2016 riuscì a porre un freno agli arrivi di chi seguiva la rotta balcanica, chi giunge in Grecia e non presenta la domanda d’asilo nel paese d’arrivo viene mandato in Turchia. Oggi, la necessità è gestire i flussi che provengono dalle coste africane e per Knaus c’è solo un modo per farlo: mandare tutti in Spagna. Un paese europeista, con un governo socialista interessato a dimostrare che si può accogliere senza ledere i diritti umani. La proposta sta facendo discutere, il sistema di prima accoglienza spagnolo sta già collassando, il premier Pedro Sánchez, la scorsa settimana, ha chiesto alla Commissione europea 35 milioni di euro e Jean-Claude Juncker gli ha risposto che può contare sulla Commissione, eppure Knaus è sicuro che sia questa la soluzione migliore. “L’obiettivo è avere il massimo impatto sui flussi di migranti irregolari, con il minimo di rimpatri”, racconta al Foglio. Secondo l’analista organizzare i centri di accoglienza in un’unica nazione farebbe in modo che anche le pratiche burocratiche avrebbero tutte la stessa origine. Ora tutto è molto dispersivo, chi arriva in Italia, Grecia e Spagna e non ha bisogno della protezione internazionale spesso non viene rimpatriato, riportare indietro le persone ha un costo e tutto si trascina con lentezza. “Il piano prevede che a partire da una certa data, Senegal, Costa d’Avorio, Nigeria siano pronti a collaborare con l’Unione per riprendere indietro i loro cittadini che sono arrivati sul territorio europeo ma non possono rimanere”. Severità e umanitarismo sono le due strade che propone Knaus. “Dimostrare che si procederà ai rimpatri in modo più veloce ed efficiente avrà un effetto immediato sui flussi”, come a dire che se le persone sapranno che la possibilità di essere rimandato nel paese di origine è molto alta, non saranno più disposte a rischiare la vita e a spendere denaro. L’Unione deve essere messa in condizione di aiutare chi, secondo il Diritto internazionale, ha bisogno di aiuto, ma per farlo bisogna prima agire sul sistema immigrazione. Renderlo ordinato, pragmatico: “L’Europa deve essere messa nelle condizioni di dare ai migranti quello che cercano e con questi flussi non può farlo. I migranti arrivano sognando la possibilità di un futuro migliore che passi attraverso la sanità, l’istruzione, il lavoro, con questi flussi non è possibile. Invece, come è già stato fatto sulla rotta balcanica, riducendo gli arrivi, anche integrare è più semplice”.

  

Sarebbero i centri spagnoli a stabilire se il migrante può rimanere o meno in Europa. Se non può rimanere, entro massimo sei settimane, deve essere rimpatriato, altrimenti si procede attraverso l’assegnazione volontaria, come stabilito al vertice europeo di giugno. La proposta di Knaus però non può che sollevare degli interrogativi politici. L’immigrazione è stata spesso strumentalizzata dai partiti populisti, che hanno usato la gestione del fenomeno migratorio per farsi propaganda, utilizzando il termine improprio di “invasione”. La Spagna finora è riuscita a rimanere lontana dalla minaccia populista, eppure, da quando l’esecutivo del socialista Pedro Sánchez ha deciso di accogliere – dal primo gennaio al 25 luglio sono arrivati 20.992 migranti via mare e 5.125 via terra –, il Partito popolare ha iniziato a sollevare una grande polemica sugli sbarchi, ugualmente ha fatto Ciudadanos. “Non possiamo permetterci di perdere la Spagna”, ha detto un alto funzionario della Commissione europea al País. A Madrid il dibattito sull’immigrazione, e le sue strumentalizzazioni, sono ancora deboli, ma il copione lo abbiamo già visto ripetersi un po’ ovunque. Secondo Gerald Knaus il suo piano non fomenterebbe una reazione populista in Spagna, ma avrebbe la reazione contraria. Dimostrando che è un fenomeno gestibile sopirebbe le velleità populiste. “Uno dei momenti più acuti della crisi migratoria è stato durante l’operazione Mare nostrum – spiega – L’Italia era convinta di dover salvare tutti, e anche il mio progetto si propone di farlo, ma credo che l’unico modo per salvare tutti sia fare in modo che sempre meno persone salgano sulle barche”. Per far sì che ciò accada bisogna usare i rimpatri come deterrente e cercare degli accordi con i paesi di provenienza. “L’importante è agire in linea con la convenzione per i rifugiati e con le leggi europee, quindi i respingimenti non vanno bene perché non sono in linea. Ma anche non procedere con i rimpatri non è in linea”. Anzi, per Madrid potrebbe essere una prospettiva attraente, dimostrare che i flussi possono essere regolati sarebbe una vittoria per l’attuale governo, ma, al momento, la proposta di Knaus non ha ottenuto risposte dalla Spagna, forse nemmeno l’esecutivo socialista è disposto a compiere questo passo. “Non possiamo attendere che sia Bruxelles a decidere, la decisione spetta alla Spagna e una coalizione di paesi interessati come Italia, Francia, Germania. Attendere Bruxelles vorrebbe dire aspettare il consenso dei paesi di Visegrád. Polonia, Ungheria, Repubblica ceca e Slovacchia non sono interessate a ridurre i flussi, la loro politica è zero arrivi”. Tutti vogliono il controllo delle frontiere europee, i cittadini sono interessati a ridurre i flussi, ma per agire, sostiene Knaus, bisogna cominciare anche a esplorare quanto i paesi di provenienza siano disposti a collaborare.

  

La proposta apre dilemmi politici e problemi logistici, ma c’è anche un dubbio, quasi di natura etica: dirottare tutta la responsabilità sulla Spagna vorrebbe dire darla vinta ai populisti, a chi chiude i porti, anche all’Italia salviniana: “I populisti non vogliono regolare l’immigrazione, ne hanno bisogno per vincere le elezioni. Il piano non si propone di dare retta alle ideologie populiste o a chi ha chiuso i porti, ma vuole fare una proposta, che se riuscirà, sarà una vittoria in primis per la Spagna che ha accettato di ospitare questo modello di gestione”.