Donald Trump (foto LaPresse)

Trump vuole litigare molto

Daniele Raineri

Cosa succederebbe a prendere sul serio le proposte del presidente americano per la Nato. Il tour da panico in Europa

Roma. Se ancora ci fosse bisogno di spiegare che l’Amministrazione Trump ha pianificato questo tour in Europa per seminare panico nel vecchio ordinamento del mondo senza però portare uno straccio di visione, la proposta diretta ai paesi Nato di alzare al quattro per cento del pil le spese militari ne è la dimostrazione lampante. Se i membri dell’Alleanza atlantica dessero davvero retta al presidente americano e alzassero le loro spese per la Difesa così tanto, il risultato sarebbe tramutare quello che era nato come un patto di autodifesa in un mostro militare ipertrofico come non se ne sono mai visti nella storia dell’umanità. Un innalzamento così grande della quota non servirebbe tanto a risolvere la disparità tra americani ed europei, quanto a cambiare la faccia del Patto atlantico. La Nato include alcune delle più forti potenze industriali del pianeta, quindi dei pil molto importanti, e se nazioni come la Germania, la Francia e l’Italia dovessero impegnarsi per raggiungere sul serio quella soglia di spesa, il quattro per cento, in teoria potremmo diventare un continente iper-armato, con eserciti enormi. In pratica, tutti i governi dovrebbero fare i conti con un’opinione pubblica che molto probabilmente non gradirebbe quel livello di investimenti a discapito di sanità, istruzione e altre voci del budget di stato.

 

Si sa che in questi anni diversi stati europei hanno sacrificato molto il comparto Difesa per trovare denaro. Il Regno Unito ha tagliato tutto quello che poteva tagliare e anche di più, mettendo in crisi la marina e l’aeronautica. La Germania ha ricominciato a spendere, a partire dal 2013, ma secondo le valutazioni degli esperti è messa molto male e gran parte del suo equipaggiamento militare non può essere più schierato in una situazione di combattimento reale. 

Detto questo, tuttavia, l’aumento proposto da Trump suona stellare. Oggi le spese complessive della Nato sono già le più alte del pianeta in campo militare, sopra i 900 miliardi di dollari l’anno. E’ il 52 per cento delle spese belliche nel mondo. La Cina è seconda, dopo l’America, nella lista dei paesi che investono di più per la forza militare e ha speso 228 miliardi di dollari. L’Arabia Saudita, che ha scalzato la Russia dal terzo posto, è a 69 miliardi di dollari. La Russia è quarta e l’anno scorso per la prima volta negli ultimi vent’anni ha speso meno denaro a causa del prezzo basso del petrolio ed è arrivata a quota 66 miliardi di dollari. Insomma la Nato torreggia sopra tutti gli altri e farne un problema di soldi suona strano. Alcuni esperti dicono che non conta soltanto “quanto”, ma “come vengono spesi i soldi e che ci sono stati molto più piccoli e molto più aggressivi che fanno un uso migliore delle loro risorse”. Detto questo, il confronto tra le spese attuali dei paesi Nato e le spese militari di altre potenze fa capire bene le proporzioni, anzi la mancanza di proporzioni già adesso. Per esempio, se l’Italia si adeguasse e portasse il suo investimento al due per cento, come chiede Trump, passerebbe da 23 a 39 miliardi e questo vorrebbe dire che l’aumento sarebbe pari al budget militare dell’Iran.

 

Perché allora il presidente americano chiede il quattro per cento? Perché fiuta i punti deboli e li sfrutta per mettere in imbarazzo quelli che lui considera alleati soltanto dal punto di vista nominale, ma che vede come concorrenti. Durante il primo giorno del vertice ha attaccato in modo durissimo la Germania con la storia del gas russo, perché ha intuito che Angela Merkel era vulnerabile. Ma non c’è una dottrina di fondo, oltre questo menare deliberatamente. Trump al vertice non ha spiegato perché un’istituzione che lui ha definito “obsoleta” come la Nato dovrebbe raddoppiare il suo budget e non ha spiegato nemmeno contro chi dovrebbe schierarsi questa nuova Nato al quattro per cento del pil: contro la Russia? Difficile che Trump la pensi così.

  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)