Anni Cinquanta, un fungo atomico dopo l'esplosione su un atollo del Pacifico (LaPresse)

Falsi allarmi ed errori di valutazione. Perché la war hysteria è il vero nemico

Giulia Pompili

L'errore della Nhk giapponese pochi giorni dopo quello clamoroso del sistema alle Hawaii sono sintomi di un panico generalizzato. L'incidente, insegna la storia, in questi casi potrebbe essere fatale. Ecco perché servono nervi saldi

Roma. “La Corea del nord ha probabilmente lanciato un missile” è la breaking news lanciata ieri mattina intorno alle 6 e 55 dalla tv di stato giapponese Nhk, rilanciata sugli smartphone e sui siti di mezzo mondo. Dieci minuti dopo, la giornalista nipponica in diretta ha chinato il capo, scusandosi per l’errore, probabilmente dovuto a un errore umano. Una cosa molto simile era accaduta tre giorni prima, con il messaggino arrivato sui telefoni di tutti i residenti delle isole Hawaii: “Un missile balistico in arrivo sulle Hawaii. Questa non è un’esercitazione”. Come al solito, quando è complicato spiegare un fenomeno, arrivano in aiuto i gèni del Twitter, quelli che sanno come sintetizzare tutto in una battuta. Ieri ci è riuscita Jean H. Lee, esperta di questioni nordcoreane anche perché è stata la prima giornalista ad aprire per conto dell’Associated press un ufficio di corrispondenza a Pyongyang. Lee ha scritto: “Comincio a pensare che i nordcoreani siano riusciti a piazzare agenti dormienti in America e Giappone per creare il panico. Scherzo! Ma mica tanto”.
      
Le Hawaii, come ripetuto spesso dal leader nordcoreano Kim Jong-un, sono sotto il raggio d’azione dei missili nordcoreani. Razionalmente è difficile immaginare un attacco a sorpresa diretto sul territorio americano da parte di Pyongyang – sconveniente per la dinastia dei Kim, che ha sempre sostenuto di essere in grado di rispondere bellicamente in caso di aggressione straniera, ma di non voler mai aggredire per primi, secondo la vecchia massima di Mao: “Perché non vi siano più fucili, occorre prendere il fucile”. Ma il panico che possono provocare quaranta minuti di un falso allarme missilistico spiega il livello di tensione a cui si è arrivati nel Pacifico. L’altro ieri su Slate Andrew Swick del Center for a New American Security spiegava: “L’ansia è ragionevole, considerato che alcuni funzionari dell’Amministrazione Trump continuano a considerare l’ipotesi di uno strike militare contro la Corea del nord”, uno strike che porterebbe inevitabilmente a una guerra convenzionale e – probabilmente – all’uso delle armi nucleari. Una guerra costosa, soprattutto per l’America e i suoi alleati. Può scoppiare un conflitto per una notifica sbagliata sul cellulare?
       
I cittadini giapponesi, gli americani delle Hawaii convivono con allarmi di questo tipo da anni: la tecnologia ha aiutato a salvare le vite durante le catastrofi naturali, in caso di terremoto, tsunami. Da qualche mese, però, quelle stesse tecnologie sono state allargate alla possibilità di un attacco missilistico. Nel caso giapponese, per esempio, alcune fonti dell’opposizione del governo di Shinzo Abe hanno parlato esplicitamente di “war hysteria” – una reazione emozionale collettiva di panico in seguito alla diffusione della notizia di una guerra imminente. Inviare ai cittadini dell’isola di Hokkaido l’allarme per un missile balistico che ha sorvolato a centinaia di chilometri di altezza i tetti delle loro case – non rappresentando una minaccia imminente, può provocare però reazioni collettive di isteria. Il tutto è amplificato da internet, ovviamente, dalla circolazione di notizie false e dall’immediatezza delle notifiche sui cellulari.
     
L’altro ieri Max Fisher sul New York Times ha spiegato la questione dal lato di chi prende le decisioni: quando nel 1983 un aereo di linea coreano violò lo spazio aereo sovietico, da Mosca lo scambiarono per un aereo spia americano. L’aereo fu abbattuto, morirono 269 persone. L’allora presidente Ronald Reagan accusò la Russia, pur essendo chiaro l’errore. La Russia pensò al pretesto di un attacco. Ecco perché l’errore umano e la war hysteria possono essere un combinato pericoloso. Jeffrey Lewis, uno dei massimi esperti di proliferazione nucleare, un mese fa ha scritto uno scenario raccontando un futuro plausibile, nel marzo del 2019 – a guerra finita. Scrive Lewis nella sua distopia che durante le esercitazioni militari tra America e Corea del sud un aereo di linea di Seul in avvicinamento nello spazio aereo nordcoreano viene scambiato per un aereo spia, e abbattuto. Trump reagisce solo via Twitter: “Il piccolo rocket man non sarà in giro ancora a lungo!”. Il leader nordcoreano lo interpreta come un possibile via libera alla missione per eliminare la dinastia dei Kim da Pyongyang. E attacca. E tutto per un errore di valutazione.

  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.