La lezione di Cheney a Obama: "La diplomazia senza guerra non funziona"
Quindici anni dopo l’11 settembre, l’ex vicepresidente americano avverte: “Il prossimo leader alla Casa Bianca dovrà affrontare maggiori rischi e disporrà di un esercito più debole per combatterli”.
A quindici anni dagli attentati dell’11 settembre 2001, domenica scorsa l’America si è fermata per commemorare le quasi 3mila vittime del terrorismo islamico. A Ground Zero, l’area di Manhattan dove sorgevano le Torri Gemelle abbattute dagli aerei di linea dirottati dai terroristi di al Qaida, due torri di luce hanno illuminato la notte newyorkese. Davanti al memoriale e in diversi luoghi del paese, civili e funzionari pubblici, soccorritori e familiari si sono riuniti per ricordare il giorno più drammatico della storia moderna degli Stati Uniti. Ma l'anniversario dell'11 settembre giunge in un paese diviso dalla campagna per le elezioni presidenziali e con un quadro internazionale tuttora instabile.
“Dopo quindici anni siamo ancora in guerra contro il terrorismo islamico”, scrive sul Wall Street Journal Dick Cheney, vicepresidente americano tra il 2001 e il 2009. “La minaccia terroristica è addirittura cresciuta” e “la vittoria richiede uno sforzo ancora maggiore di quello che abbiamo intrapreso durante la Seconda Guerra Mondiale”. Il prossimo presidente degli Stati Uniti, continua l’editoriale, affronterà rischi senza precedenti e dovrà farvi fronte con forze armate più deboli. Cheney mette sotto accusa le politiche del presidente Barack Obama, a suo parere “più dedito a ridurre la potenza degli Stati Uniti che a combattere i nostri nemici”. Il presidente “non sembra capire che la minaccia credibile dell’uso della forza militare dà sostanza e significato alla nostra diplomazia. Riducendo le dimensioni e la potenza del nostro esercito”, continua Cheney.
Obama “ha fatto sì che le guerre del futuro siano più lunghe, e che mettano a repentaglio più americani”. Secondo l’ex presidente, l'aviazione statunitense è ridotta ai minimi storici: “Il capo di Stato Maggiore dell'esercito, generale Ray Odierno, ha testimoniato lo scorso anno che l'esercito versa in uno stato di impreparazione senza precedenti nella storia del paese” e lo stesso si può dire per la Marina. Quasi la metà delle unità dei Marine non impiegate in missione - quelle necessarie a rispondere a crisi improvvise - soffrono di gravi carenze, come ha denunciato il loro comandante, generale Joseph F. Dunford Jr. Per la prima volta da decenni, e proprio mentre aumentano il profilo e la portata della minaccia terroristica globale, sostiene l'ex vicepresidente, “la supremazia statunitense in aree chiave non può più essere garantita”.
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