Il cantiere del Nuovo Ponte di Genova (LaPresse)

Il piano del governo

Salvatore Merlo

Pronto il calendario delle riaperture. Dal 13 aprile riparte l’industria. E poi un gran progetto sulle infrastrutture

Roma. Il piano è tanto semplice quanto ambizioso, e al Mise hanno già stilato una lista di esperti per comporre un gruppo di lavoro. Tuttavia il piano non è ancora precipitato nell’agenda di Giuseppe Conte, Roberto Gualtieri e Stefano Patuanelli, che sono rispettivamente il capo del governo, il ministro dell’Economia e il ministro dello Sviluppo che al momento si stanno occupando di altro: garantire liquidità alle imprese, sostenere la domanda interna, preparare ammortizzatori sociali per quella che si prefigura come una catastrofe economica senza precedenti in tempo di pace.

 

Ma basta alzare il telefono, chiamare i dirigenti ministeriali, gli uomini della cosiddetta “carriera”, i capi dei dipartimenti, i tecnici e gli operativi, ed ecco che invece il piano sulla fase due, il piano di rilancio del paese, prende corpo. Loro ci pensano. E sanno quello che andrebbe fatto utilizzando la grande capacità di spesa pubblica che deriva dalla fine del Patto di stabilità, dallo scudo della Bce e in prospettiva da altre fonti di credito che potrebbero anche essere i complicati Eurobond: l’ammodernamento totale della cosiddetta infrastruttura paese. In parole semplici un enorme investimento pubblico, nell’ordine di grandezza di 100 miliardi, per rifare da capo le autostrade, i porti, gli aeroporti, le strade provinciali, completare l’alta velocità, cablare con fibra ottica gran parte di un paese le cui infrastrutture sono mediamente ferme agli anni Sessanta, rammendare il territorio devastato da frane e terremoti, riprogettare la Sanità pubblica e la ricerca. Tutto dipenderà dagli strumenti europei. Dagli ordini di grandezza, da quanti soldi saranno disponibili. Intanto però c’è già un calendario ufficioso e provvisorio delle riaperture delle attività produttive, per gradi e fasi. 

   

La talpa d’acciaio, l’escavatrice rimasta seppellita a quaranta metri sotto il Colosseo, dove non si completerà la linea C della metropolitana di Roma, assieme al ponte Morandi, crollato a Genova il 14 agosto 2018, sono probabilmente la metafora più tragica del paese vecchio e bloccato che non mette mano alle sue infrastrutture primarie da circa sessant’anni. E dunque cosa fare è abbastanza chiaro a tutti: ricostruire, ammodernare, digitalizzare.

 

E come farlo, è anche questo molto chiaro, soprattutto al ministero dell’Economia: si dovrà operare in disavanzo, ma senza pagare il costo del disavanzo grazie agli strumenti che si stanno contrattando con gli altri paesi dell’Unione europea. “Questa tragedia può essere un’opportunità di rilancio”, dicono allora nei ministeri economici. “Un’opportunità di rilancio per fare cose semplici”, aggiungono.

 

Gli investimenti infrastrutturali creano potenzialità di sviluppo su tutti gli altri settori, dall’industria ai servizi, nel breve, medio, lungo e persino lunghissimo periodo. Per costruire una strada serve chi produce le luci al led, i catarifrangenti, i tondini di ferro e l’acciaio… Ripensare i porti significa riprogettare la logistica nazionale. Strade più moderne, larghe, dotate delle tecnologie all’avanguardia e una rete tranviaria veloce ad alto scartamento e ramificata implicano lo spostamento più rapido ed efficiente delle merci. Sono un moltiplicatore economico.

 

E insomma il piano, almeno in teoria, c’è. Si lavora alla sua elaborazione, anche se non è al momento la priorità. Al Mef in queste ore stanno infatti valutando la forma da dare al decreto di aprile, se debba ancora essere un intervento di carattere “difensivo” o se già possa contenere delle prime misure “espansive” per la crescita.

 

Il dubbio deriva dall’andamento dell’epidemia, oltre che da considerazioni di bilancio. L’intera scansione temporale degli interventi dipenderà dalla curva dei contagi, dal suo andamento. Esiste già un calendario organizzato per tempi e fasi. Ma andrà verificato. Dal 13 aprile a maggio, il governo prevede la riapertura di tutte le filiere industriali collaterali alle aziende strategiche. Da maggio la riapertura graduale del commercio al dettaglio. Poi il resto: attività sportive e ludiche, come le palestre e i cinema. Tutto in un contesto di convivenza col virus, in cui sarà obbligatorio il distanziamento sociale e l’uso delle mascherine (che tuttavia non ci sono in commercio). Solo a quel punto partirà davvero la fase del rilancio. E si misurerà la capacità della classe dirigente italiana di conservare il paese al rango di potenza industriale che gli appartiene da settantacinque anni.

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi erasmiana a Nottingham. Un tirocinio in epoca universitaria al Corriere del Mezzogiorno (redazione di Bari), ho collaborato con Radiotre, Panorama e Raiuno. Lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.