Le radici dell'amore del M5s per l'Anas
Il disastro del ponte sul Magra deve risvegliare le coscienze di quella parte del governo che ritiene le infrastrutture sacrificabili e il settore pubblico più efficiente del privato
L’immagine del ponte sul Magra accartocciato, insieme a quelle del Morandi di Genova e della scavatrice inabissatasi negli eterni scavi della metropolitana romana, ritraggono lo stato del sistema infrastrutturale del nostro paese. In quest’ultimo disastro non si possono trovare ragioni diverse da quella del degrado: nessun evento meteorologico rilevante, nessun sovraccarico del traffico, bloccato dalle restrizioni per la pandemia.
Anche in questo caso erano state notate e denunciate crepe, ma gli “esperti” dell’Anas avevano assicurato che non c’era pericolo. Perché lo hanno fatto? Per incompetenza o perché nel carrozzone pubblico che piace tanto ai 5 stelle è meglio non creare fastidi? Per una volta sarà bene che si svolga un’inchiesta approfondita, ma in ogni caso è evidente che il sistema dei controlli interni non funziona. La letterina, pubblicata su questo Foglio, con cui in perfetto stile burocratico l’Anas chiedeva agli amministratori di Aulla e della provincia di Massa e Carrara, giustamente allarmati, di “non rompere” è un esempio da manuale di irresponsabilità. Non è solo una questione di controlli, naturalmente, il degrado è sistemico e come tale va affrontato, ma intanto nell’immediato sarebbe utile intervenire sui controlli, per evitare che le segnalazioni di criticità vengano ignorate con conseguenze che potrebbero essere assai gravi.
La questione delle infrastrutture è centrale, anche se è sottovalutata da decenni: i costi esterni dell’inefficienza dei trasporti deprimono la competitività industriale, l’attrattiva turistica, e creano disagi alla popolazione. Ora che si pensa a far “ripartire l’Italia” bisognerebbe tener conto che per muoversi ci vogliono strumenti adeguati, non senza aggiungere che un piano di ristrutturazione e sviluppo delle infrastrutture è l’unico che avrebbe effetti occupazionali a breve termine oltre che vantaggi sostanziali che investono anche settori innovativi perché la tecnologia dei trasporti ha subìto notevoli evoluzioni.
Il fatto è che c’è un partito che rema contro, sistematicamente, e sono i 5 stelle, che ancora recentemente hanno preso a pretesto la crisi epidemica per proporre per l’ennesima volta di bloccare i finanziamenti della ferrovia ad alta velocità tra Torino e Lione per dirottare quel poco che resta al settore sanitario. Anche la passione dei 5 stelle per l’Anas, alla quale si voleva affidare la gestione delle autostrade in base al ridicolo pregiudizio secondo il quale il settore pubblico sarebbe più efficiente di quello privato (tesi contraddetta in modo palmare dal recente disastro del viadotto) è un modo per rallentare, o meglio paralizzare l’ammodernamento del sistema infrastrutturale. Il tentativo di affossare Atlantia, che è una importante risorsa nazionale, salvo poi stracciarsi le vesti quando, anche per effetto della campagna demolitrice dei 5 stelle ha dovuto cedere il pacchetto azionario di controllo a una società tedesca, è un altro aspetto di questa campagna insensata.
Dopo l’emergenza sanitaria non ci si può porre l’obiettivo che “tutto torni come prima”, e le immagini dei ponti crollati ce lo devono ricordare: bisogna cambiare ritmo e direzione, selezionare gli obiettivi strategici e perseguirli, e tra questi le infrastrutture hanno un ruolo centrale, sia come volano produttivo in sé, sia come condizione per migliorare la competitività del sistema. Si tratta di una questione politica di prima grandezza e se l’attuale compagine di maggioranza non è in grado di affrontarla per i pregiudizi antiproduttivi di una parte rilevante, meglio che passi la mano.
Equilibri istituzionali