Il Presidente del Consiglio Conte partecipa in video conferenza al G20 e al Consiglio europeo (foto LaPresse)

Ma come finirà il duello tra l'Italia e l'Ue?

Guido Tabellini

Tre scenari e una prospettiva: emettere finalmente debito con garanzie comuni

Come era prevedibile, il Consiglio europeo non ha trovato un accordo su una risposta economica comune al coronavirus. Ma ha fatto bene il governo italiano a puntare i piedi e insistere che l’argomento venga affrontato di nuovo tra due settimane, per esaminare le alternative che dovranno essere nel frattempo proposte dall’Eurogruppo.

 

Le ipotesi sul tappeto sono tre. La prima e più ambiziosa è un’emissione di Covid eurobond, cioè un’emissione ad hoc di titoli a lunga scadenza, garantita congiuntamente da tutti gli stati dell’Eurozona, i cui proventi possano essere utilizzati per finanziare l’emergenza sanitaria e il sostegno all’economia. Come già argomentato su queste colonne, questa iniziativa avrebbe numerosi vantaggi. Le difficoltà sono politiche, non vi è alcun impedimento istituzionale. Per emettere eurobond, non occorre che gli stati trasferiscano sovranità fiscale alle istituzioni europee. Sono sufficienti garanzie reciproche. Per rendere più credibile il loro impegno, gli stati potrebbero anche costituire dei fondi di ammortamento del debito alimentati dal gettito di imposte identificate al momento dell’emissione. E l’impegno della Banca centrale europea ad acquistare il nuovo strumento sul mercato secondario, oltre alle garanzie reciproche, consentirebbe di emettere il nuovo debito a un costo basso anche su scadenze molto lunghe.

 

La seconda ipotesi è che sia il Mes a erogare aiuti ai paesi che ne hanno bisogno, o con modalità già previste dal suo ordinamento attuale, o nell’ambito di nuove linee di credito disegnate apposta per far fronte a questa emergenza. E’ un’ipotesi particolarmente insidiosa per il nostro paese, per diverse ragioni. Primo, in base al suo statuto, il Mes può solo prestare a paesi il cui debito sia sostenibile. Ciò presuppone che l’apertura di una linea di credito verso un paese sia preceduta da un’analisi di sostenibilità del debito pubblico. Non è il momento giusto per sottoporsi a questo esame, anche se nuove linee di credito non dovessero prevedere condizionalità. Secondo, non è chiaro quale sarebbe la scadenza dei prestiti concessi dal Mes (le linee di credito esistenti hanno una scadenza massima di due anni). Grazie agli acquisti annunciati dalla Bce, tutti i paesi possono già emettere debito anche a lunga scadenza a tassi relativamente bassi. Prestiti a breve scadenza da parte del Mes renderebbero solo più rischioso il debito nazionale già in circolazione, senza offrire altri vantaggi. Terzo, le risorse del Mes non sono poi così abbondanti (il 3,4 per cento del pil dell’Eurozona), e una parte di queste risorse dovrebbe comunque rimanere a disposizione del Mes per gli altri scopi per cui l’istituzione è stata creata (crisi bancarie e crisi sul debito di specifici paesi). Se questa dovesse essere l’ipotesi su cui trovare il compromesso tra i paesi europei, l’Italia farebbe bene a rigettarla o comunque a starne alla larga. Meglio contare sull’aiuto della Bce, che non pone condizioni ed è assai più ingente, che invischiarsi in trattative su linee di credito e condizionalità, il cui esito sarebbe incerto e pericoloso.

 

La terza ipotesi è il nulla di fatto, o un altro rinvio. Al momento purtroppo questo pare lo scenario più probabile. Sarebbe uno scenario negativo soprattutto sul piano politico, più ancora che su quello economico. La moneta unica è nata anche come progetto politico, in anticipazione di ulteriori passi verso una maggiore integrazione tra i paesi europei. L’emissione di debito sostenuto da garanzie comuni potrebbe aprire la strada verso la costruzione di una capacità fiscale dell’Eurozona. Senza questa capacità fiscale, il progetto della moneta unica resterebbe fragile e incompleto. Se non cominciamo ora, quando lo faremo? L’attuale pandemia è davvero una circostanza storica unica, che avrà enormi implicazioni economiche e politiche. Se l’Eurozona non riesce a superare divisioni e diffidenze in questa circostanza, probabilmente non lo farà neanche in futuro. Molti cittadini europei ne trarrebbero le logiche conseguenze, e il progetto della moneta unica potrebbe sfaldarsi.

Di più su questi argomenti: