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Firenze non è “zona rossa” ma turismo ed economia sono già contagiati

David Allegranti

In città gli effetti dell’epidemia si fanno sentire: tra prenotazioni negli alberghi annullate e studenti americani che vanno via

Roma. Firenze non è una “zona rossa”, almeno per il momento. Tuttavia, gli effetti del coronavirus sull’economia e sul turismo della città si fanno sentire. Già a metà febbraio la Camera di commercio fiorentina aveva ipotizzato tre possibili scenari basati sull’evoluzione e la diffusione del virus, in uno studio sulla possibile mancata crescita del pil dell’area metropolitana di Firenze, dove operano 5.400 imprese cinesi, che generano circa il 4,5 per cento del pil provinciale. Nel peggiore dei casi, secondo una prima stima, il pil potrebbe arretrare dello 0,5 per cento. “E’ comunque fondamentale evidenziare come in tutti e tre gli scenari l’impatto economico sia fondamentalmente contenuto. Quello che l’analisi non può adeguatamente prevedere è l’impatto emotivo generato dalla diffusione di informazioni imprecise (se non del tutte prive di fondamento scientifico)”.

 

 

Impatto emotivo che negli ultimi giorni si è però puntualmente verificato. “Il turismo è il primo settore economico colpito da questa epidemia”, ha detto al Tgr della Rai il sindaco Dario Nardella, che propone una deroga al Patto di stabilità per il 2020, da chiedere all’Unione europea, oltre a un tax credit del 100 per cento per le aziende che dovranno sostenere spese e investimenti a causa dei danni al turismo. “Purtroppo sono dati molto negativi: per dare un esempio concreto, solo al museo di Palazzo Vecchio, se confrontiamo questo periodo con quello dell’anno scorso, abbiamo 7 mila visitatori in meno”. Già in questo primo scorcio del 2020, spiegano da Confcommercio Toscana, “era preoccupante l’assenza dei turisti cinesi, che a fine gennaio avevamo quantificato in una perdita di oltre 123 milioni di euro l’anno nella sola area metropolitana di Firenze, sulla base della spesa abituale dei turisti cinesi fra vitto, alloggio, ingressi ai musei e shopping di vario tipo. Ora si aprono scenari che possono arrivare addirittura al blocco totale dei flussi turistici e degli eventi”.

 

I numeri diffusi da Confesercenti Firenze sono allarmanti: lavoro e attività delle guide turistiche meno 90 per cento (a causa del blocco delle gite e delle disdette presentate agli hotel); alberghi meno 50 per cento di prenotazioni “con previsioni comunque peggiorative”; mercati rionali tra meno 50 e meno 70 per cento; abbigliamento meno 20 per cento fuori dall’area Unesco e meno 40 nel centro storico; meno 80 per cento ristoranti cinesi e orientali, per ora, e meno 30 per cento gli altri, soprattutto nel centro storico “ma con previsioni peggiorative legate alle disdette dei turisti e alla minore frequentazione anche per pausa pranzo”. In sofferenza anche il settore della pelletteria. “Molta della componentistica e degli accessori del settore provengono dalla Cina e una volta finite le scorte le imprese dovranno fermare la produzion”, dice Giacomo Cioni, presidente della Cna Firenze Metropolitana. “Molte di queste sono già ferme o hanno rallentato l’attività con turnazioni dei lavoratori concentrate in 3 settimane lavorative, anche perché le commesse si sono ridotte di circa il 30 per cento. Problemi pure sul versante dei fornitori italiani, visto che pelle, macchinari, ma anche società di audit specializzate per il comparto hanno sede proprio nell’area del nostro paese attualmente chiusa agli scambi”, continua Cioni. E ancora: Pitti Immagine è stata costretta a spostare le date di Taste, salone dedicato al gusto, e Testo, dedicato al libro, facendole slittare a giugno. Ma il problema più grosso sarà la sovrapposizione dell’edizione estiva di Pitti Uomo, in programma per giugno, al Salone del Mobile di Milano, rinviato a causa del caos coronavirus proprio negli stessi giorni. A questo quadro desolante si aggiunge anche la fuga degli studenti americani. A Firenze hanno sede molte università tra cui la New York University, la Syracuse, la Fairfield University, la Stanford, la Elon, la Harding, che da sole valgono un migliaio di studenti. Due giorni fa hanno cancellato i loro programmi di studio e i ragazzi hanno ripreso la via di casa.

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  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.