foto LaPresse

L'Eurostat smonta la bufala degli italiani povera gente

Marco Fortis

L'idea che il nostro paese sia drammaticamente arretrato sul fronte del disagio economico e sociale rispetto agli altri maggiori paesi europei è sbagliata. I dati

Le ultime statistiche Eurostat sulla deprivazione materiale e sociale ribaltano l’idea di una Italia drammaticamente arretrata sul fronte del disagio economico e sociale rispetto agli altri maggiori paesi europei. Confermano però anche l’ampiezza del divario nord-sud esistente all’interno della nostra società, benché sia positivo constatare che il Mezzogiorno ha comunque ridotto significativamente il suo tasso di deprivazione negli ultimi anni.

 

Nel 2018 l’Italia ha presentato in media una percentuale di popolazione materialmente e socialmente deprivata (12,6 per cento) praticamente uguale alla Francia (12,5 per cento). Il sud Italia e le Isole (rispettivamente 22,4 e 22 per cento) si collocano dieci punti circa sotto la Grecia (33,9 per cento) e oltre 20 punti sotto la Romania (42,6 per cento), a dispetto di chi continua a paragonare il nostro Mezzogiorno a questi due paesi. Il centro Italia (10,1 per cento) mostra un tasso di deprivazione materiale e sociale inferiore a quello del Regno Unito (10,5 per cento). Il nord-ovest Italia (7,7 per cento) è in linea con la Germania (7,5 per cento), mentre il nord-est (4,5 per cento) fa una figura da autentica superstar e appare meno deprivato di Austria (5,6 per cento) e Svizzera (5,5 per cento), collocandosi solo un pelo sopra il livello dei Paesi Bassi (4,5 per cento).

 

Qualcuno particolarmente diffidente sulle inchieste statistiche in genere o pessimista a oltranza sullo stato di salute dell’Italia potrebbe obiettare che gli indicatori di deprivazione Eurostat sono basati su questionari e quindi, a suo personale avviso, potrebbero essere meno attendibili di altri tipi di dati. Ma non è così perché le inchieste campionarie sul disagio economico hanno ormai raggiunto livelli considerevoli di significatività.

 

E poi ricordiamo che quando qualche anno fa i talk-show gridavano al disastro e i giornali riportavano a caratteri cubitali titoli sull’aggravamento della povertà e sull’esclusione sociale in Italia essi facevano proprio riferimento a questo tipo di statistiche. Sulla cui validità a quell’epoca ben pochi manifestarono perplessità, specialmente i pessimisti ed indignati permanenti.

 

Certamente è sconfortante vedere che la percentuale di popolazione materialmente e socialmente deprivata al sud e nelle Isole è intorno al 22 per cento. Ma nel 2014 essa era superiore al 35 per cento. Un importante miglioramento dunque c’è stato, grazie alla ripresa economica. Non altrettanto si può dire per la Grecia, che nel 2014 era al 37,4 per cento e oggi è ancora appena sotto il 34 per cento.

 

I nuovi indici Eurostat di deprivazione materiale e sociale sono stati presentati a fine 2017 e rappresentano una evoluzione dei precedenti indici di deprivazione materiale, basati solo su 9 sottoindici. Oggi i sottoindici sono stati portati a 13 e viene definito deprivato un individuo che vive in una famiglia afflitta da 5 o più degli aspetti di deprivazione materiale e sociale considerati. Tali aspetti sono i seguenti, a livello di famiglie: 1) incapacità di affrontare spese impreviste; 2) impossibilità di fare una vacanza lontano da casa per almeno sette giorni all’anno; 3) avere degli arretrati nei pagamenti di bollette, mutui, prestiti; 4) incapacità di poter godere di un pasto ad adeguato contenuto proteico animale o vegetale ogni due giorni; 5) impossibilità di mantenere adeguatamente riscaldata la propria abitazione; 6) non poter disporre di un auto per uso personale; 7) impossibilità di rimpiazzare mobili fuori uso. A questi sette aspetti si aggiungono gli altri sei seguenti per i singoli individui: 8) impossibilità di sostituire abiti consunti con nuovi indumenti; 9) impossibilità di avere due paia di scarpe adeguate; 10) incapacità di poter disporre settimanalmente di una piccola quantità di denaro da poter spendere per le proprie esigenze personali; 11) impossibilità di poter godere di regolari attività di divertimento e culturali; 12) incapacità di poter godere di un incontro conviviale fuori casa con la famiglia o con amici almeno una volta al mese; 13) impossibilità di potersi permettere una connessione ad internet.

 

Quando i nuovi indici di deprivazione materiale e sociale furono presentati dall’Eurostat, nel dicembre 2017, essi erano aggiornati al 2016 e l’Italia figurava ancora più deprivata della Francia di ben quattro punti percentuali e mezzo e deprivata grosso modo come la Spagna.

 

Oggi che sono disponibili i dati fino al 2018 appare invece evidente il completamento del percorso di riduzione della deprivazione che l’Italia ha compiuto negli ultimi anni, scendendo a un livello medio uguale a quello francese e oltre 2 punti e mezzo inferiore a quello spagnolo. La riduzione della pressione fiscale, le misure per l’occupazione e gli investimenti e la conseguente crescita economica hanno fortemente ridotto il disagio materiale e sociale della popolazione italiana. Il tasso di deprivazione è sceso mediamente in Italia di oltre 10 punti percentuali rispetto dal 2014 al 2018, di oltre 13 punti nel Mezzogiorno, di 10 punti al nord e di 5 punti al centro. Il più forte calo degli indici di deprivazione è avvenuto nel triennio 2015-17 prima dell’introduzione del reddito di cittadinanza. Nel 2018, anzi, la deprivazione è leggermente risalita, in particolare nelle Isole e al centro.

 

Questi dati dimostrano che la povertà e il disagio economico e sociale si possono ridurre in un solo modo: con la crescita e non con la decrescita, con investimenti produttivi e la creazione di posti di lavoro e non con misure assistenziali.

 

Nel periodo di debole dinamica del pil italiano che ora purtroppo abbiamo davanti per almeno un altro biennio, occorre concentrarsi sulle riforme e in particolare sono cruciali per l’ulteriore riduzione della deprivazione più consistenti politiche per la famiglia, l’efficientamento delle politiche attive per il lavoro e maggiori investimenti per la formazione tecnica e professionale.

Di più su questi argomenti: