Settimo Torinese, un operaio fabbrica di cosmetici (foto Imagoeconomica)

Prepararsi alla resa (dei conti)

Redazione

Per l’Ocse sarà un anno di recessione. Così si apre un buco da decine di miliardi

Il 2019 rischia di essere un anno bruttissimo per l’Italia perché secondo l’Ocse il paese sarà in recessione, diversamente dal resto dell’Eurozona, la cui economia frena ma mantiene un andamento positivo. Sulla pesante revisione al ribasso decisa dall’istituzione internazionale per quest’anno (il pil farà -0,2 per cento) e per il prossimo (+0,5 per cento), rispetto alla stima fatta lo scorso novembre (+0,9 per cento per entrambi gli anni), hanno influito fattori come l’incertezza politica e la bassa crescita potenziale del paese, oltre agli effetti negativi delle restrizioni commerciali che hanno colpito soprattutto la Germania, la cui cinghia di trasmissione con l’Italia è molto stretta. L’Ocse ritiene che neppure il moderato recupero atteso nella seconda parte del 2019 sarà sufficiente a correggere la traiettoria finale del pil, cosa di cui, invece, sembrava convinto il premier Giuseppe Conte un mese fa quando ha detto che sarà “un anno bellissimo” per giustificare la crescita dell’1 per cento indicata nella legge di Bilancio. Secondo quanto riferito a Radiocor da Mauro Pisu, l’economista che da Parigi guida il desk Italia dell’Ocse, “il reddito di cittadinanza avrà un effetto a partire dal secondo trimestre, ma non è tale da cambiare il ritmo di crescita, anche assumendo che i percettori lo spendano in toto”. Insomma, in assenza di una chiara direzione delle politiche degli investimenti pubblici (con lo sblocco di opere già finanziate come la Tav) e di un ritorno di fiducia da parte delle imprese, la tendenza non s’inverte. Tale prospettiva è destinata a rimettere in discussione i conti pubblici per il semplice fatto che il rapporto deficit-pil, concordato con Bruxelles al 2 per cento salirebbe almeno al 2,5 per cento, secondo le stime più ottimistiche (2,9 secondo la Commissione europea). Il governo gialloverde, probabilmente, conta sul fatto che a chiedere la correzione del bilancio sarà la prossima Commissione europea che si insedierà dopo le elezioni. Ma non è affatto detto che sarà più tenera di questa presieduta da Juncker, anzi. E a quel punto la resa dei conti sarà doppia perché in autunno sul tavolo ci sarà anche il budget 2020 e all’appello mancano almeno 30 miliardi.

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