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Cosa vuol dire stare in Europa spiegato con gli acquisti di titoli di stato greci e italiani

Renzo Rosati

C’è sempre l’ombrello della Bce dietro al ritorno sul mercato di Atene e le buone aste italiane. Ma per l’Italia è bonaccia, per la Grecia ripresa

Roma. Mentre la Grecia torna con successo sul mercato dei capitali dopo il lungo bailout, che era diventato simbolo stesso di medicina obbligata ed eccesso di austerity, delle ragioni dell’Europa e del loro opposto, anche l’Italia tira il fiato collocando in 24 ore titoli pubblici a varie scadenze e a tassi migliori delle previsioni. Il tutto mentre si esauriscono gli effetti degli acquisti diretti di debito pubblico e privato da parte della Banca centrale europea che tuttavia continua a reinvestire le cedole dei titoli di stato e si riserva di ricorrere ad altre forme di soccorso bancario – e prospetta il rinvio al 2020 dell’aumento dei tassi previsto tempo fa per autunno 2019.

 

Martedì 29 Atene ha proposto obbligazioni quinquennali per 2,5 miliardi, andate esaurite con richieste pari a quattro volte l’offerta, il che ha consentito un rendimento del 3,6 per cento, inferiore al 4 previsto alla vigilia e al 4,9 ipotizzato circa un anno fa. Certo, il paese, il cui rating è stato innalzato nel 2018 due volte da Standard & Poor’s, da B- a B e poi a B+, beneficia degli accordi finali di uscita dal commissariamento della Troika europea, cioè dello spostamento dal 2022 al 2032 dell’effettivo rimborso del debito (fino ad allora provvederanno la Bce e il Fondo monetario internazionale), nonché dei 15 miliardi di aiuti finali come buffer, cuscinetto per i creditori.

 

Così punta a collocare quest’anno 7 miliardi, la metà del debito in scadenza. Non dovrebbe avere difficoltà visto che il rendimento teorico dei suoi bond decennali è sceso sotto il 4 per cento, e quello dei quinquennali sotto il 3. L’interesse chiesto dai creditori è sopra a questa soglia, ma non di moltissimo; l’emissione del resto non poteva andare buca essendo stata assistita dalle maggiori banche del mondo, soprattutto americane. Tutto questo potrebbe consentire ad Alexis Tsipras di rimontare lo svantaggio dal centrodestra in vista delle elezioni previste in autunno. Operazione che avrebbe come segno il pragmatismo del leader di Syriza, partito convertito da sinistra barricadiera e anti euro in socialdemocrazia pragmatica ed europeista.

 

Lo champagne stappato ad Atene coincide temporalmente con il sospiro di sollievo del Tesoro italiano che martedì aveva collocato un Bot semestrale di 6,5 miliardi tornando al rendimento negativo (meno 0,025 per cento) visto fino ad aprile 2017; e ieri ha replicato con Btp decennali per 2,5 miliardi al 2,6 per cento e quinquennali per 2,75 miliardi all’1,49 nonché 2,75 miliardi di Cct settennali indicizzati al tasso Euribor, all’1,65. Dopo il successo del bond da 10 miliardi a 15 anni di metà gennaio, il Tesoro italiano, con oltre 24 miliardi raccolti in un mese, sta accelerando per approfittare di una sorta di finestra di tregua: lo spread è tornato apparentemente gestibile (ieri a 240 punti) dopo la perdita di controllo di novembre 2018 nel pieno dello scontro con la commissione europea sulla manovra in deficit mentre falliva l’asta di Btp Italia destinata ai piccoli investitori.

 

Ma a differenza della Grecia, il cui ritorno alla normalità pilotata appare “destinato a non fallire” per un insieme di fattori – dagli ammortizzatori concessi da Bce e Fmi alla massiccia austerity imposta al paese fino al fatto che l’Europa ci si gioca la propria credibilità – la bonaccia sul debito pubblico dell’Italia potrebbe finire con l’avvicinarsi di scadenze probabilmente o potenzialmente critiche.

 

Oggi l’Istat comunicherà il pil del quarto trimestre 2018, la crescita anno su anno e il tasso di disoccupazione di dicembre. È abbastanza scontato lo scenario negativo di decrescita, il che significa che dopo il meno 0,1 del terzo trimestre con un altro calo saremo in area di recessione tecnica. D’altronde è stato lo stesso presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, a dire ieri “mi aspetto un’ulteriore contrazione del pil, nel quarto trimestre”. Previsione facile per chi è a Palazzo Chigi. E non troppo complicata per gli osservatori esteri.

 

Il deterioramento della situazione è stato anticipata ieri dai dati di fiducia comunicati dall’Istat: in ripresa quella dei consumatori da 113,2 a 114 punti, ma in nuovo calo da 99,7 a 99,2 quella delle imprese. La discesa di umore degli imprenditori è ininterrotta da giugno scorso, e dai massimi di febbraio 2018 si sono persi quasi 10 punti: il che significa che se le famiglie puntano in qualche modo su reddito di cittadinanza e quota 100 le industrie guardano invece al calo degli investimenti e al clima ostile alle aziende. Il 10 aprile il governo presenterà il Documento di economia e finanza (Def) e se la vedrà nuovamente con Bruxelles; nel frattempo, dal 22 febbraio al 26 aprile, Fitch, Moody’s e S&P pubblicheranno i nuovi rating.

 

Quelle sono le date attese da chi compra il debito italiano: con fondi come BlackRock e Pimco di umore negativo, e Hsbc e Vontobel positivo (quest’ultimo prevede a fine anno lo spread a 200). All’Istat c’è da ieri un nuovo presidente, Gian Carlo Blangiardo, esperto statistico e demografo della Bicocca di Milano, gradito alla Lega (meno al M5s), ma i numeri sono numeri, e il governo si è impegnato da una parte a sottoporre a revisione le proprie misure-simbolo in caso di scenario fortemente avverso, mentre dall’altra ripete che non ci saranno manovre correttive. Resta il fatto che l’Italia è oggi l’unico paese problematico dell’Eurozona.

 

La Bce ha appena pubblicato uno studio firmato da Michele Lenza e Jiri Slacalek (il primo bocconiano oggi capo della divisione di politica monetaria dell’Eurotower, il secondo praghese economista nello stesso settore) che mira a dimostrare come il Quantitative easing avrebbe diminuito – non aumentato come dicono critici ed euroscettici – le diseguaglianze sociali. A supporto, anche il dato che la disoccupazione in Spagna, paese euro-ortodosso, è scesa a fine 2018 al 14,5 per cento, il minimo del decennio, rispetto al picco del 27 nel 2013. Certo, Jean-Claude Junker ha appena dichiarato che “con la Grecia si è esagerato in austerity”: ma quello, sembrano dire Draghi e dintorni, è un problema dei governi non delle autorità monetarie. Nel caso, la success story della Grecia e all’inverso l’Italia che rischia di andare a sbattere sul proprio autoimposto sovranismo, sarebbero entrambe la prova che fuori dall’Europa, o contro di essa, non c’è futuro per nessuno.

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