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Così i gialloverdi avanzano spavaldi verso la recessione

Renzo Rosati

L’economia globale rallenterà, dice la Banca mondiale. La Germania frena. Un altro guaio in vista per l’industria del nord

Roma. A fare saltare la coalizione gialloverde non sarà l’“ira di Salvini” per la ricollocazione in Italia di una piccola quota dei migranti nelle acque di Malta, né la richiesta di immediato chiarimento politico con il premier Giuseppe Conte e l’altro vice Luigi Di Maio. Più che le chiacchiere e distintivo a fare sbattere contro la realtà il governo sovranista sarà quanto di meno sovranista esiste, e cioè una recessione che nasce globale, investe l’Europa e soprattutto la Germania, cioè il nostro maggior partner industriale e commerciale, e piomba sull’Italia, in particolare sul suo nord manifatturiero, rischiando di trasformare il 2019 da anno del cambiamento in anno di nuova crisi e recessione. L’economia tedesca è già a un passo, se non per pil per produzione industriale: meno 1,9 per cento a novembre dopo meno 0,8 a ottobre, su base annua un declino del 4,7, il peggiore dal 2009. A sua volta la Germania, pure con conti in ordine e calo della disoccupazione al 5,2 per cento, soffre per ciò che la Banca mondiale, nel report semestrale diffuso in questi giorni, definisce un “rallentamento di tutti i maggiori driver della crescita del pianeta”. “All’inizio del 2018 il motore dell’economia mondiale marciava a pieni cilindri”, dice Kristalina Georgieva, direttore esecutivo della Banca mondiale; “ha perso velocità nei mesi successivi e la corsa potrà essere molto più accidentata nel 2019”. Gli Stati Uniti rallenterebbero dal 2,9 al 2,5, la Cina dal 6,5 al 6,2, il mondo intero di un decimale; ma il vero problema sarà l’Europa, il cui pil si ridurrà da qui al 2020 in 24 paesi su 27 della Ue.

 

Una analisi per il Financial Times di Larry Summers, ex segretario al Tesoro americano, dice le stesse cose, affermando che “così come una persona sana non sa che cosa provocherà la sua morte, una ripresa economica va finché non è chiaro da dove verrà la prossima recessione. Ora – aggiunge Summers – gli elementi per capire ci sono tutti, e tutti convergenti”. Ai problemi globali – guerre commerciali e tensioni geopolitiche, oltre al termine fisiologico della ascesa delle Borse – per l’Europa si aggiungono la Brexit, le proteste populiste in Francia e altrove, la fine del denaro facile della Bce. Uno studio congiunto dell’8 gennaio di Istat, Ifo e Kfo, gli istituti statistici italiano, tedesco e svizzero, prevede un rallentamento del pil europeo per tutti i trimestri del 2019, più accentuato in Germania e Italia, ma con il nostro paese che mostra maggiori deficit strutturali (a cominciare dagli investimenti), mentre il calo della produzione tedesca potrebbe essere temporaneo. Sono appunto analisi, benché basate sui fatti. La realtà va anche oltre. La manifattura tedesca è finita tecnicamente in recessione principalmente per il rallentamento dell’industria automobilistica e la discesa degli ordini manifatturieri dell’1 per cento a novembre rispetto allo 0,4 atteso. Parallelamente sono in ribasso gli indici di fiducia. Tutto questo si sta già ripercuotendo sull’Italia. L’auto, che nel periodo più buio aveva retto pil ed export, ha chiuso il 2018 con un calo di immatricolazioni del 3,1 per cento (61 mila veicoli venduti in meno), e certo non aiutano le penalizzazioni fiscali governative. Il settore occupa complessivamente 260 mila persone, 3 volte e mezzo i dipendenti italiani di Fca, fattura 100 miliardi ed è schiacciato tra nuove tasse, i 5 miliardi di investimenti congelati dal Lingotto e la crisi tedesca. I suoi problemi si ripercuotono anche sulla chimica (in ogni auto ci sono in media 2.000-2.500 euro di prodotti sintetici), a sua volta in brusca frenata a fine 2018: Federchimica parla di una crescita che dall’1,5 per cento di inizio anno si è ridotta all’uno, e nel 2019 sarà al massimo dello 0,7. E’ un settore che occupa 107 mila persone; 172 mila con la farmaceutica, per il 60 per cento qualificate. In altri termini, come nel “Trono di spade”, l’inverno (della realtà) sta arrivando. Ma nel governo non ci sono né un Jon Snow né una Daenerys Targaryen a difendere la Barriera. Sono tutti presi dai soliti intrighi ad Approdo del re.

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