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Non solo Opec. L'oligarchia delle materie prime

Gabriele Moccia

Chi sono i trader Trafigura, Mercuria, Vitol, Glencore e perché sono osservati speciali delle organizzazioni umanitarie

Roma. Il crollo del mercato petrolifero ha colto quasi tutti alla sprovvista visto che nell'arco di poche settimane i prezzi del greggio sono passati da un massimo degli ultimi quattro anni ad una tendenza ribassista. Il crollo petrolifero – il greggio è in calo di quasi il 30 per cento dal suo recente picco – è stato innescato da una serie di fattori che hanno messo in guardia gli investitori, che pochi mesi fa vedevano all'orizzonte i 100 dollari al barile. Eppure, anche in questo scenario complicato emergono nuovi protagonista. Trafigura, Mercuria, Vitol, Glencore, sono solo alcuni dei nomi dei colossi del trading delle materie prime, operatori del commercio internazionale che sempre di più tirano le fila del mercato petrolifero globale, sfidando le compagnie petrolifere nazionali, gli stati produttori come gli Stati Uniti e la Russia, arrivando a contendere il ruolo di termometro del settore dell’oro nero al principale cartello dei paesi produttori, l’open. 

 

Secondo le più recenti stime di Platts Commodities, i tre principali traders Trafigura, Vitol e Glencore gestiscono quasi 19 milioni barili di greggio al giorno, occupando una fetta di mercato pari al 10 per cento della domanda di petrolio. Spesso operano a fianco delle grandi compagnie petrolifere internazionali: Trafigura, la società con sede a Ginevra guidata dall’australiano Jeremy Weir, supporta la società britannica nazionale British Petroleum (Bp) in alcuni dei rapporti più delicati come quelli legati alla Russia. Secondo quanto riportato dal Financial Express, proprio per il tramite di Trafigura, la Bp ha siglato un importante contratto di fornitura legato ad un prestito per una delle principali raffinerie indiane (mercato energetico in continua crescita), quella di Nyara, di proprietà della compagnia russa Rosneft, che controlla la raffineria con il 49 per cento. 

 

Operazioni di questo tipo sono comuni per i padroni del trading globale. In un rapporto pubblicato di recente, l’ong Public Eye sostiene che Vitol si è servita di una rete opaca e intricata di relazioni commerciali con diverse figure chiave del settore petrolifero kazako, allo scopo di espandere le proprie attività nel paese. Il rapporto si basa in gran parte su e-mail e documenti hackerati dalle caselle postali di manager kazaki di alto livello e divulgati dalla piattaforma anonima Kazaword. Nel 2015, la piattaforma aveva rivelato che Thomas Borer, ex ambasciatore svizzero, aveva cercato di fare pressione sul Consiglio federale e sulle autorità giudiziarie svizzere per conto del governo kazako. Un altro gigante, la Glencore, è incappata in un'inchiesta negli Usa per riciclaggio di denaro dopo che il dipartimento di Giustizia le ha intimato la consegna di documenti relativi ad attività sospette in Nigeria, Congo e Venezuela dal 2007 a oggi. Le azioni del colosso anglo-svizzero sono crollate a Londra del 13 per cento, toccando il minimo dell'anno e bruciando 5 miliardi di sterline in valore di mercato. 

 

Sia Trafigura, sia Glencore che Vitol sono stati poi coinvolti da un'altra organizzazione non governativa, la Global Witness, nello scandalo legato alla Petrobras che ha investito il sistema politico brasiliano e portato alla caduta dell’ex presidente Lula, l’operazione Lava Jato. Aldilà dello spettro della corruzione e delle mazzette, i colossi del trading petrolifero stanno ridisegnando gli equilibri energetici, puntando sulla rivoluzione tecnologica. Lo scorso settembre, alcuni dei principali traders come Mercuria, Gunvor e Koch Supply, insieme alla Shell, hanno annunciato la creazione di una piattaforma basata sulla tecnologia della blockchain per facilitare gli scambi commerciali legati al petrolio. La piattaforma, battezzata Komgo e sulla quale hanno scommesso gruppi finanziari come Bnp Paribas, Citi e Abn Amro, potrà rilasciare una lettera di credito digitale che potrà essere emessa da dati ricevuti da altre piattaforme o utenti diretti, riducendo i tempi delle transazioni sui mercati petroliferi. La volatilità del mercato resta il principale ostacolo ai rendimenti di società come Trafigura o Vitol, che sono, di fatto, i capitali pazienti che alimentano il mercato sul medio-lungo periodo. Al momento il mercato sembra aver ignorato un recente rapporto del Wall Street Journal, secondo cui l'Arabia Saudita e l’Opec sarebbero vicini ad nuovo accordo – i cui contenuti dovrebbero restare segreti – per un nuovo taglio alla produzione, anche per intercettare gli auspici del presidente americano Donald Trump. Un patto che certamente potrebbe compiacere anche i colossi del trading.

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