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Altro che inceneritori. I rifiuti sono solo una risorsa “fuori posto”

Mike Scott*

Così la rivoluzione dell’economia circolare ha dato la spinta alle energie rinnovabili e alla sharing economy

Pubblichiamo stralci dell’articolo di M. Scott apparso sull’ultimo numero di WE - World Energy, in edicola in allegato con il Foglio


  

Dall’avvento della Rivoluzione industriale a oggi, l’economia globale si è basata su uno specifico modello economico, talmente pervasivo che spesso non ci rendiamo neppure conto della sua presenza: il modello dell’economia lineare, riassumibile nella sequenza di attività “prendere, fabbricare, utilizzare, smaltire”. Prendiamo le materie prime, le lavoriamo per trasformarle e fabbricare prodotti che vengono successivamente venduti ai consumatori, i quali li utilizzano fino al momento in cui non ne hanno più bisogno e li smaltiscono. Questo modello si applica a tutto ciò che consumiamo: dalla benzina alla pasta, dalla plastica di cui sono fatte le confezioni di pasta alle auto che utilizzano la benzina. E alla base vi è una serie di supposizioni invisibili. La prima è che esista una scorta illimitata di materie prime dalla quale attingere, […] la seconda è che la chiave per la prosperità futura sia una crescita economica infinita e il consumo di risorse che essa comporta. E da ultimo si suppone che il pianeta riesca a gestire tutti i rifiuti che produciamo in ciascuna fase di questo processo. Tuttavia sta diventando sempre più evidente che tali supposizioni non sono più valide. […]

Mentre il mondo si incammina verso un sistema di energie più rinnovabili, le aziende energetiche possono a loro volta intraprendere numerose azioni, sia nelle loro attività quotidiane, sia a un livello più strategico. In un recente rapporto intitolato Circular Economy in the Energy Industry, la società di consulenza Deloitte Finland ha affermato che “l’energia è una parte essenziale di un sistema economico sostenibile, in quanto consente il riutilizzo dei materiali. L’economia circolare nel settore energetico è promossa dalla collaborazione tra settori e aziende, oltre che da servizi che riducono il consumo complessivo di energia”. L’applicazione dei principi dell’economia circolare al sistema energetico “massimizzerà l’impiego efficiente delle risorse naturali per la produzione di energia, l’utilizzo finale dell’energia, il surplus di energia e gli aspetti afferenti”, ha aggiunto. Questo percorso può iniziare già in fase di produzione con iniziative come l’incremento dell’impiego di energie rinnovabili nel processo produttivo. Ad esempio, la società norvegese Equinor, ex Statoil, sta considerando l’ipotesi di costruire un nuovo parco eolico galleggiante per fornire energia elettrica ad alcuni dei suoi giacimenti di petrolio e gas nel Mare del Nord, mentre Glasspoint ha aperto una nuova strada utilizzando l’energia solare per la produzione di vapore per il recupero assistito del petrolio (Eor, Enhanced Oil Recovery) in giacimenti di petrolio pesante, abbandonando l’impiego del gas naturale e riducendo le emissioni. E’ stata inoltre lanciata un’iniziativa, sotto l’egida della Banca Mondiale, rivolta all’intero settore per ridurre il gas flaring, ovvero la pratica di bruciare il gas naturale estratto insieme al petrolio. Da quanto rilevato, infatti, emerge che ogni anno i siti di produzione petrolifera di tutto il mondo bruciano miliardi di metri cubi di gas naturale. “Bruciando il gas si spreca una preziosa risorsa energetica che potrebbe essere impiegata per promuovere la crescita economica e il progresso. Inoltre questa pratica contribuisce al cambiamento climatico rilasciando nell’atmosfera milioni di tonnellate di CO2”, osserva la Banca.

  

Un esempio classico di trasformazione di materiale di scarto in una risorsa ci viene dalla Global Gas Flaring Reduction Partnership (Ggfr) della Banca Mondiale, che sta lavorando per ridurre lo spreco di gas naturale prodotto dalle operazioni di flaring, e di cui si stanno iniziando a vedere i risultati. Con l’obiettivo di limitare la prassi routinaria del gas flaring nei nuovi progetti estrattivi e di porvi fine nei siti già in funzione al più tardi entro il 2030, la partnership Ggfr ha lanciato l’iniziativa “Zero Routine Flaring by 2030”, sottoscritta da numerosi governi, dagli Stati Uniti al Kazakistan alla Nigeria, e da compagnie petrolifere quali Eni, BP, ExxonMobil e Total. All’iniziativa hanno aderito 27 governi, 35 compagnie petrolifere e 15 agenzie di sviluppo.

  

Nuovi dati satellitari mostrano che nel 2017 si è assistito a un calo del gas flaring pari al 5 percento nei siti di produzione petrolifera di tutto il mondo, nonostante un aumento della produzione di petrolio pari allo 0,5 percento, con le riduzioni più marcate registrate in Russia, Venezuela e Messico.

  

Risalendo ulteriormente la catena del valore, l’enorme quantità di calore prodotta dalle centrali termiche (sia alimentate a combustibili fossili, sia nucleari) può venire recuperata e utilizzata per migliorare l’efficienza della centrale stessa o per fornire energia per altri impieghi, ad esempio per il riscaldamento di piscine, ospedali, scuole o addirittura interi quartieri, come accade in Scandinavia dove sono stati messi a punto dei programmi di riscaldamento dei quartieri. Le centrali elettriche possono inoltre utilizzare i rifiuti prodotti da altri settori economici, quali l’agricoltura e l’industria: materiali come residui delle colture, trucioli di legno e bagassa proveniente dall’industria dello zucchero possono tutti essere bruciati per produrre elettricità o lavorati e trasformati in biocombustibili. Così facendo, non solo si riducono i rifiuti in altri settori, ma si contribuisce a rendere più efficiente e pulita la produzione di energia elettrica. Le società generatrici di energia e quelle che operano nel trattamento dei rifiuti potrebbero inoltre collaborare allo sviluppo di termovalorizzatori che utilizzano i rifiuti domestici come materia prima, riducendo in questo modo la necessità di ricorrere alle discariche.

  

Parallelamente al rapido sviluppo del settore delle energie rinnovabili, anche quello dello stoccaggio dell’energia si sta espandendo a ritmo sostenuto, consentendo alle aziende energetiche di utilizzare, quando ne hanno necessità, energia che altrimenti andrebbe sprecata. Sono stati sviluppati anche vari progetti che catturano le emissioni di carbonio dalle centrali elettriche (e da altri impianti industriali) e le impiegano per realizzare nuovi prodotti, con un processo denominato “cattura e utilizzo del carbonio”. […]

  

Ma il valore reale dell’economia circolare – e la società di consulenza Accenture ha calcolato che potrebbe generare una crescita economica di 4,5 bilioni di dollari – deriverà dalla sua applicazione in tutti gli ambiti dell’economia. Tre sono le tendenze chiave che stanno guidando l’adozione del modello di economia circolare: la sharing economy, il product-as-a-service e l’attenzione focalizzata sull’eliminazione dei rifiuti dai processi produttivi.

  

La sharing economy, o economia della condivisione, ha fatto nascere settori economici completamente nuovi, in cui le persone danno in affitto stanze libere delle loro abitazioni, trasformano le loro auto in taxi e vendono ai vicini l’energia generata con i pannelli solari. Ha inoltre contribuito a creare nuovi competitor per le industrie tradizionali, ad esempio Airbnb (hotel), Uber e Lyft (taxi). Come spiega il CoinTelegraph, questo concetto è applicabile a quasi ogni aspetto dell’economia: “Puoi condividere il giardino di qualcun altro se vivi in una città congestionata, prenderti delle parti di un lavoro, accordarti con altre persone per condividere un viaggio, scambiare dei libri e persino tenere per una giornata il cane di un altro”. I servizi offerti nello Sharing Economy Index di JustPark iniziano con “Posso prestarti del denaro” e comprendono una serie infinita di voci, da “Puoi prendere a prestito il mio paracadute” a “Puoi ormeggiare la tua imbarcazione nel mio posto barca in darsena”.

  

Strettamente legati a questo concetto, ma su un piano più aziendale che personale, i modelli “As-a-Service” offrono ai consumatori accesso a beni e servizi che in passato avrebbero potuto comprare, ma che ora prendono a noleggio. I modelli “As-a-Service” sono penetrati nei più svariati settori dell’economia, dai software ai sistemi di illuminazione, dagli scanner medici alle pavimentazioni di moquette, dai jeans ai motori per aerei. L’azienda che offre il prodotto ne mantiene la proprietà e il controllo e in cambio fornisce la manutenzione e gli aggiornamenti necessari. Questo consente alle aziende di ritirare successivamente i prodotti e assicurarsi che siano adeguatamente riutilizzati, rilavorati o riciclati, migliorando l’efficienza delle risorse e riducendo i volumi di rifiuti.

  

La particolare attenzione al problema dei rifiuti è un altro tema chiave dell’economia circolare. Aziende come la casa automobilistica statunitense GM stanno cercando di non inviare alcun rifiuto in discarica. Questo passo ha richiesto un notevole cambiamento nel modo di considerare i rifiuti da parte dei dipendenti e la necessità di adottare quella che l’azienda definisce una “mentalità zero”. “Per noi, i rifiuti sono semplicemente una risorsa fuori posto”, ha dichiarato John Bradburn, Global Waste Reduction manager presso General Motors.

  

*Giornalista freelance, collabora con numerose testate tra cui FT, Bloomberg New Energy Finance, The Guardian, Daily Telegraph, nonché think tank come Friends of Europe e aziende tra cui Siemens, Rabobank, PwC, Deloitte e AkzoNobel.

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