Bruges, una balena realizzata con 5 tonnellate di plastica riciclata. Foto LaPresse

Alla rivoluzione europea dell'economia circolare manca solo l'energia

Dave Keating*

In tre anni Bruxelles è riuscita a far diventare mainstream la sostenibilità: non perché è cool, ma perché conviene

Pubblichiamo ampi stralci dell’articolo di Dave Keating apparso sull’ultimo numero di WE - World Energy, in edicola dal 20 novembre con il Foglio.


   

Nel 2015, quando la Commissione europea ha presentato per la prima volta il piano d’azione per l’economia circolare, il modello era talmente sconosciuto che il vicepresidente della Commissione Frans Timmermans ha faticato a illustrarlo a un gruppo di giornalisti disorientati. “Il pianeta e la nostra economia non possono sopravvivere se perseveriamo nell’approccio ‘prendi, produci, usa e getta’”, ha affermato durante la presentazione del pacchetto. “Dobbiamo preservare risorse preziose e sfruttare appieno il loro valore economico”. L’idea prevede di abbandonare l’economia “usa e getta”, in cui si usa qualcosa una sola volta per poi disfarsene, per adottare il modello di un’economia circolare, dove tutto è riutilizzato. Il sistema si rigenera e i circuiti di energia e materiali sono chiusi. I principali strumenti per raggiungere questo obiettivo sono il riciclaggio, il riutilizzo e la riqualificazione, nonché l’impiego di energie rinnovabili. Negli ultimi tre anni il concetto, in precedenza oscuro, ha ottenuto una rilevanza sempre maggiore in Europa. L’orizzonte prospettato alle imprese, ai consumatori e ai responsabili politici è che l’economia circolare può consentire una transizione sostenibile senza un cambiamento significativo della qualità della vita o della performance economica. In effetti, la capacità del sistema di risparmiare risorse ed eliminare gli sprechi può comportare un concreto profitto.

  

“Quando ho iniziato a lavorare sulla plastica cinque anni fa, ho pensato che fosse un argomento poco attrattivo e tutti se ne disinteressavano”, afferma Jean-Pierre Schweitzer, responsabile della politica di prodotto e dell’economia circolare presso l’Ufficio europeo dell’ambiente. “Ma oggi la sensibilità sull’argomento è notevolmente aumentata e sembra che tutti gli eventi, a Bruxelles e in Europa, siano focalizzati sull’economia circolare. Quindi, in termini di appoggio a questo modello e del suo inserimento nell’agenda delle priorità produttive, è stato un vero successo”.

   

La Commissione ha affermato che l’attuazione della strategia per l’economia circolare potrebbe creare 170.000 posti di lavoro e generare un risparmio netto di 600 miliardi di euro per le imprese nell’Ue. Secondo la società di consulenza McKinsey, la politica potrebbe indurre un risparmio economico netto pari a 1,8 trilioni di euro entro il 2030. Tale valore è generato in tutte le parti del cerchio, dalla produzione agli scarti finali.

  

La strategia guarda dunque con occhi nuovi anche ad alcuni materiali che molti considerano antiquati. Solitamente i prodotti industriali tradizionali come acciaio, vetro e alluminio non sono considerati ecocompatibili. Ma poiché si prestano così facilmente al riutilizzo, questi materiali saranno molto migliori per l’ambiente e il clima, quindi materiali più nuovi, di alcuni più difficili da riutilizzare come la plastica.

  

Le proposte legislative contenute nel pacchetto sfoceranno inoltre in nuovi requisiti di progettazione per i produttori, così da rendere la loro gamma di prodotti più facilmente riutilizzabile e riciclabile. Anche se alcuni produttori europei hanno storto la bocca all’idea di queste nuove esigenze, la Commissione afferma che i nuovi requisiti di progettazione apriranno il mercato ai nuovi materiali e tecnologie di produzione, che possono fornire un vantaggio alle imprese europee. Rendere i prodotti più facili da smontare semplificherà anche il recupero e il riutilizzo per i produttori, consentendo di risparmiare denaro. La strategia ha inoltre stabilito nuovi obiettivi comuni di riciclaggio per i paesi Ue: entro il 2030 andranno riciclati il 60 percento dei rifiuti urbani e il 70 per cento dei rifiuti da imballaggio. Attualmente, solo il 40 percento circa dei rifiuti prodotti dalle famiglie dell’Ue è sottoposto a riciclo.

  

All’inizio di quest’anno, la Commissione ha presentato, nell’ambito della strategia, nuove proposte in particolare per quanto concerne i rifiuti di plastica. La proposta riguarda il divieto della plastica monouso, che include cannucce e bicchieri, entro il 2021 e prevede che tutta la plastica sarà riciclabile entro il 2030. Il 24 ottobre il Parlamento europeo ha votato per implementare questa proposta, ampliando l’elenco delle materie plastiche vietate e chiedendo ai paesi dell’UE di riciclare il 90 percento delle bottiglie di plastica entro il 2025. I governi nazionali stanno ora predisponendo le discussioni di voto sulla proposta di legge e nei prossimi mesi prenderanno il via i negoziati per elaborare la versione definitiva.

  

L’obiettivo è evitare che queste materie plastiche finiscano negli oceani come rifiuti marini, il 70 percento dei quali è composto da scarti associati a queste tipologie di materiali. La Commissione ha proposto separatamente di riformare le norme per gli impianti portuali di raccolta, al fine di ridurre la dispersione di plastica nell’ambiente. Ogni anno, i cittadini europei generano 25 milioni di tonnellate di rifiuti plastici, tuttavia meno del 30 percento viene raccolto per il riciclaggio. Questi rifiuti stanno entrando nell’atmosfera e gli effetti sulla salute umana non sono ancora pienamente noti. “Con la nostra strategia stiamo gettando le basi per una nuova economia circolare della plastica, catalizzando gli investimenti verso quest’area”, afferma Jyrki Katainen, il commissario europeo per l’Occupazione, la crescita, gli investimenti e la competitività. “Si tratta di una grande opportunità per l’industria europea per sviluppare una leadership globale nelle nuove tecnologie e nei nuovi materiali”.

  

La Commissione ha inoltre proposto un nuovo quadro di monitoraggio dell’avanzamento verso l’economia circolare a livello europeo e nazionale, composto da una serie di dieci indicatori chiave che coprono ogni fase: produzione, consumo, gestione dei rifiuti e materie prime secondarie, nonché gli aspetti economici e l’innovazione. Infine, la Commissione ha pubblicato una relazione sulle materie prime considerate critiche, sottolineando il potenziale di utilizzo dei 27 materiali critici a livello europeo. La relazione invita a inasprire la legislazione europea in materia di rifiuti, nota come legge sui Rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (Raee), al fine di aumentare i programmi di ritiro. […]

  

Mentre le proposte del 2018 procedono nel loro iter legislativo, si parla già di ciò che verrà dopo. La Commissione di Jean-Claude Juncker terminerà il mandato quinquennale il prossimo anno; rimane aperta la questione se il successore adotterà il modello di economia circolare con lo stesso entusiasmo. Tuttavia, i funzionari stanno procedendo in base al presupposto che la prossima Commissione continuerà il lavoro, e vi sono numerose richieste provenienti da svariate parti in causa. Perché, anche con la nuova legislazione degli ultimi tre anni, ci sono ancora notevoli lacune da colmare nel cerchio. “Ci sono state alcune aree in cui i progressi sono stati molto lenti e non è chiaro quale sia la visione”, sottolinea Schweitzer. “Per quanto riguarda la progettazione ecocompatibile, promuovendo la riparazione e il riutilizzo, la Commissione ha fatto una dichiarazione sulla direzione di marcia da intraprendere, ciononostante non è successo niente. Ci sono stati altri temi, come lo spreco alimentare, che sono stati dichiarati rilevanti per l’economia circolare, ma non abbiamo assistito ad alcuna azione”. […]

  

Finora, l’approccio Ue dell’economia circolare ha ruotato intorno materiali, risorse e rifiuti. Ma ha in gran parte evitato il settore dell’energia. Le riduzioni delle emissioni inquinanti sono state considerate un settore legislativo distinto. Schweitzer ritiene che si tratti di un errore. “L’energia rinnovabile è davvero la base di un’economia circolare, e non credo che ci sia alcun dubbio in merito”, continua. “Tutti concordano sulla necessità di passare il più rapidamente possibile alle fonti rinnovabili. Ciò a cui ritengo non sia stata data la necessaria importanza è il collegamento tra l’agenda dell’economia circolare e l’agenda relativa al cambiamento climatico. Queste due tematiche potrebbero sposarsi benissimo”. […]

  

Stando a un recente rapporto sull’economia circolare pubblicato dalla società di consulenza Material Economics di Stoccolma, un’economia più circolare può ridurre drasticamente le emissioni dell’industria pesante. In uno scenario ambizioso, si potrebbero evitare, entro il 2050, 296 milioni di tonnellate di CO2 all’anno nell’Ue, su un totale di 530 tonnellate. Oltre a circa 3,6 miliardi di tonnellate all’anno a livello mondiale. Le sole misure focalizzate sulla domanda, conclude la relazione, potrebbero portare l’Europa oltre metà strada verso l’obiettivo di “zero emissioni” per l’industria dell’Ue, mantenendo le stesse promesse di quelle fatte sul lato dell’offerta. Allo stesso tempo, le misure sono economicamente interessanti, comportando maggiore efficienza e maggiore profitto.

  

* Già redattore di EuropeanVoice.com, è un giornalista americano che segue da Bruxelles le politiche dell’Ue, focalizzando la sua attenzione su questioni energetiche e ambientali.