Il presidente della Fed Jerome Powell (foto LaPresse)

Si scalda l'indicibile battaglia dei tassi

Redazione

Trump non “dazia” l’Europa. Ma la Fed costringe la Bce alla rincorsa

L’Amministrazione americana ha segnalato che l’Europa non sarà, per ora, oggetto di tariffe all’importazione d’acciaio e alluminio come lasciavano prevedere le strombazzate minacce del presidente Donald Trump. La vecchia tattica europea di rappresaglia sui prodotti iconici del made in Usa, tipo moto Harley e jeans Levi’s, non ha certo avuto rilevanza. Dopo avere risparmiato anche i vicini Canada e Messico, Washington ha infatti un solo obiettivo che si chiama Cina con il proposito di quietarne l’esuberanza tecnologica. Tuttavia gli Stati Uniti continuano a insidiare l’Europa attraverso una silenziosa (ufficialmente non dichiarabile) contesa tra Banche centrali.

 

La prima mossa del neo presidente della Fed, Jerome Powell, è proseguire il rialzo dei tassi a un ritmo più rapido del previsto, confidando in una crescita solida dell’economia. La stretta americana provocherà un aumento dei rendimenti dei Treasury, adescando investitori verso Washington. La Cina, che ha appena nominato Yi Gang alla guida della Banca centrale, segue: ha risposto aumentando i tassi a breve riferiti ai pronti contro termine. Mossa simbolica, dicono gli analisti. Ma l’aumento dei costi di finanziamento per le banche sta aiutando i cinesi a restare al passo con la stretta della Fed e lo spread tra i titoli decennali cinesi e i Treasury americani si è ristretto. L’Europa invece soffre uno scarto temporale. Sarà bolsa nel rialzo dei tassi, forse inizierà a metà 2019, ma intanto dovrà affrontare la competizione americana. Prevenire uno spostamento dei capitali da una sponda all’altra dell’Atlantico non è onere esclusivo della Bce, che pure ha sedato il mercato dei titoli a reddito fisso col Quantitative easing. Uno sforzo per restare attrattivi verso i creditori dovrebbero produrlo anche gli stati.

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