Il presidente della Federal Reserve Jerome Powell (foto LaPresse)

La carica dei "banchieri ibridi"

Redazione

Powell entra piano alla Fed. S’intravvede una nuova èra nelle Banche centrali

Jerome Powell è entrato in punta di piedi alla Federal Reserve. Al debutto in pubblico da presidente, ieri in audizione al Congresso, ha reiterato le posizioni note della Fed per un graduale rialzo dei tassi mentre l’economia è in recupero. L’ipotesi “non esclusa” di quattro aumenti quest’anno, anziché tre, ha spinto al rialzo i rendimenti dei Treasury e frenato un po’ Wall Street. La Borsa ha comunque reagito in modo composto rispetto ai recenti picchi di volatilità.

 

Siccome Powell non ha ancora presieduto un meeting del comitato di politica monetaria le fughe in avanti vanno prese con cautela. La prima apparizione dell’ex avvocato d’affari conferma una nuova èra nel central banking, quella dei “banchieri ibridi”. La Banca dei regolamenti internazionali considera tre epoche finora: quella vittoriana (1840-1914), del controllo governativo (1930-1960), del trionfo dei mercati con la Grande moderazione fino alla crisi finanziaria (1980-2007) e dice che la relazione tra governi e Banche centrali cambierà. Segnali ci sono anche in Europa. La nomina del ministro delle Finanze spagnolo Luìs de Guindos a vicepresidente della Banca centrale europea ha irritato i banchieri di carriera (compreso Mario Draghi) per una formale lesione dell’indipendenza dell’Istituto. Sylvie Goulard, ex Movimento democratico di Bayrou ora EnMarche!, è da poco n. 3 in Banque de France. Jens Weidmann della Bundesbank, considerato in lizza per la presidenza Bce, da ex consigliere di Merkel ha lo stemma Cdu, ha citato Thomas Becket. Nominato arcivescovo di Canterbury dall’amico Enrico II finì per non rispettarne gli ordini di frustrare i privilegi ecclesiastici, rimettendoci la pelle. E’ stato fedele alla nuova istituzione, intende Weidmann. Forse un nuovo corso è iniziato.