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Perché l'industria italiana ha cominciato l'anno con uno sprint

Marco Fortis

Secondo Markit/JPMorgan a gennaio l'Italia ha registrato il più alto indice relativo alla produzione manifatturiera al mondo

Chi avesse temuto che alcuni recenti indicatori (tra i quali il dato sull’occupazione di dicembre) potessero segnalare un certo rallentamento dell’economia italiana, avrà immediatamente trovato motivo di conforto nell'indice manifatturiero di gennaio 2018 diramato da Markit Economics. Questa indagine sulla congiuntura mondiale, costituita da una serie di indici seguiti con attenzione anche dalla Banca centrale europea, ha evidenziato che a gennaio si sono contemporaneamente registrati in Italia: il maggiore aumento della produzione manifatturiera da febbraio 2011; una delle più forti crescite degli ordini degli ultimi diciotto anni; il secondo più elevato aumento occupazionale nella storia dell’indagine stessa.

 

Il commento di Paul Smith, l’analista coordinatore dell'indagine, è eloquente: “Il settore manifatturiero italiano a gennaio ha ottenuto risultati spettacolari, crescendo a un tasso mai osservato negli ultimi sette anni. Gli aumenti degli ordini dei mesi recenti erano stati principalmente causati dalla forte domanda internazionale di beni italiani di fascia alta, mentre i dati di gennaio sono indicativi anche di un significativo contributo alla crescita da parte del commercio interno. Ciò ha contribuito a stimolare l'acquisizione di nuovi ordini ad uno dei tassi più forti da inizio millennio”. In aggiunta, la pressione sulla capacità produttiva “ha favorito l’aumento della domanda di personale e durante il mese l’occupazione è cresciuta ad un livello quasi record”.

 

Nel mese di gennaio l’indagine di Markit Economics presso il campione statistico dei direttori degli acquisti delle imprese dell’Eurozona ha evidenziato che la più forte espansione del settore manifatturiero si è avuta, nell’ordine, nei Paesi Bassi, in Austria, Germania e Italia. Ma, scavando a fondo nell’indice complessivo del manifatturiero elaborato dal centro ricerche britannico, si scopre che esso è composto da numerose variabili, dalla produzione agli ordini, dalle scorte all’occupazione. Se ci concentriamo sul solo aspetto della produzione emerge un dato piuttosto sorprendente, perlomeno forse per i più ostinati sostenitori del paradigma secondo cui l’Italia è sempre il “fanalino di coda” della crescita. Infatti, secondo un approfondimento diffuso da Markit Economics in collaborazione con JPMorgan, l’Italia è stata nel gennaio di quest’anno l’economia che ha fatto registrare il più alto indice relativo all’output manifatturiero, non solo a livello europeo ma addirittura a livello mondiale, davanti persino alle più dinamiche potenze economiche asiatiche, come Cina, Corea del sud, Taiwan, Filippine, Thailandia, Indonesia, ecc. L’indice di Markit Economics, per inciso, fissa a quota 50 il livello oltre il quale viene rilevata una percentuale maggioritaria di imprese che registrano una crescita della produzione nel loro paese. Ebbene, nel mese di gennaio solo sei nazioni tra le maggiori del mondo hanno fatto registrare una percentuale di imprese con l’output manifatturiero in espansione addirittura superiore al 60 per cento: un livello particolarmente elevato. Davanti a tutte queste nazioni troviamo l’Italia, seguita da Repubblica Ceca, Germania, Francia, Austria e Paesi Bassi. Come si può notare, si tratta unicamente di Paesi europei. La percentuale di imprese manifatturiere americane con l’output manifatturiero in crescita è stata a gennaio solo di poco superiore al 55 per cento; in Giappone, India, Russia, Cina, Messico, Corea del sud, Thailandia, Indonesia, la percentuale varia solo tra il 50 e il 55 per cento. E’ dunque la rivincita dell’Europa e soprattutto la rivincita dell’Italia che sta crescendo oggi solo sfruttando la domanda privata interna e la capacità competitiva della sua industria manifatturiera sui mercati internazionali. Essere primi nel mondo per espansione dell’output produttivo senza poter fare spesa pubblica e sfruttarne il traino, come sta facendo l’Italia, non è risultato di poco conto.

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