Operai a lavoro in una fabbrica italiana (foto LaPresse)

L'industria italiana si rafforza e smentisce tutte le Cassandre

Marco Fortis

Il settore riguadagna posizioni, contando non solo sull’export ma anche sul rilancio della domanda interna

Il 2017 si è chiuso per l’industria italiana con tre mesi consecutivi di crescita congiunturale del fatturato che hanno portato l’indice destagionalizzato Istat a livelli che non si vedevano dall’ottobre 2008, cioè da prima della crisi. L’aumento tendenziale del fatturato industriale a parità di giorni lavorativi è stato a dicembre del 7,2 per cento rispetto a dicembre 2016, con i prodotti in metallo (più 13,6 per cento) e l’elettronica (più 17,6 per cento) in particolare evidenza tra i settori manifatturieri. Sempre a dicembre è stata notevole la crescita tendenziale del fatturato sul mercato interno di alcuni comparti particolarmente stimolati dal Piano Industria 4.0, tra cui le macchine utensili e per la lavorazione dei metalli (più 28,2 per cento in base ai dati grezzi).

 

L’accelerazione dell’industria nell’ultimo trimestre dello scorso anno è stata molto forte, come risulta anche dall’indice Istat del fatturato industriale calcolato in volume, che ha marcato un netto progresso congiunturale, pari a più 2,7 per cento, rispetto al terzo trimestre 2017. A questo punto, se anche il fatturato dei servizi del quarto trimestre, che sarà reso noto il 28 febbraio, dovesse registrare una significativa crescita, è probabile che possa essere effettuata una revisione della stima preliminare del pil dell’ultimo trimestre e dell’intero 2017 rispetto alle prime indicazioni diffuse lo scorso 14 febbraio.

 

Ma le buone notizie non finiscono qui perché a dicembre è stato registrato anche un forte incremento degli ordinativi dell’industria, che in base ai dati grezzi sono cresciuti del 6,9 per cento rispetto allo stesso mese del 2016, di cui più 6,7 per cento sul mercato interno e più 7,1 per cento sui mercati esteri. Ciò significa che pure il 2018 inizierà a gran ritmo per l’industria nazionale, il che è coerente con le anticipazioni offerte dall’indice JP Morgan-Markit, secondo cui a gennaio l’Italia avrebbe registrato la percentuale più alta di imprese manifatturiere con la produzione in crescita tra tutti i paesi del mondo analizzati, inclusa la Cina e altre economie emergenti.

 

Nel complesso del 2017 il fatturato dell’industria italiana corretto per i giorni di calendario è aumentato del 5,1 per cento rispetto all’anno precedente, con un incremento del 4,6 per cento sul mercato nazionale e del 6,1 per cento sui mercati esteri. Tassi di crescita che non si vedevano da anni e che evidenziano la solidità di una ripresa trainata dall’intraprendenza delle nostre straordinarie imprese manifatturiere ma anche da efficaci misure di politica economica a sostegno delle stesse imprese, dei loro investimenti e delle assunzioni di personale (eliminazione componente lavoro dell’Irap, eliminazione tassa sugli imbullonati, riduzione aliquote Ires, decontribuzioni per le assunzioni a tempo indeterminato, credito di imposta per la ricerca, superammortamento e iperammortamento, ecc.).

 

Nel periodo coperto dagli ultimi due governi (Renzi e Gentiloni), cioè da marzo 2014 a dicembre 2017, l’indice del fatturato totale dell’industria italiana è aumentato cumulativamente dell’11,7 per cento rispetto a febbraio 2014, con una progresso del 10,5 per cento del fatturato interno e del 13,9 per cento del fatturato estero.

 

La fotografia dell’industria italiana che emerge dal 2017 appena concluso è quella di un sistema manifatturiero che pur avendo perso durante la crisi una fetta importante di imprese marginali e di capacità produttiva sta riguadagnando costantemente posizioni, potendo contare non più soltanto sulla consueta forza dell’export ma anche su un pieno rilancio della domanda interna sia dal lato dei consumi delle famiglie sia da quello degli investimenti. Le imprese industriali sopravvissute alla crisi sono oggi più competitive: quelle che erano già forti sono diventate ancora più forti mentre quelle che avevano dato segnali di logoramento ma non di sfinimento sono in fase di progressiva guarigione. Restano delle criticità, certo, specialmente in quei settori dei beni di consumo dove i mercati interno ed estero registrano dinamiche penalizzate non solo dalla crisi ma anche dal cambiamento degli stili di consumo delle famiglie, oggi più orientate ad acquistare servizi che beni, e tra questi ultimi, più elettronica e telecomunicazioni che moda o mobili.

 

Queste dinamiche appaiono chiare anche dai dati di fatturato medi annui delle diverse industrie corretti per i giorni di calendario. Nel 2017 la crescita del fatturato totale dell’alimentare, della moda e delle altre industrie manifatturiere tra cui i mobili è stata compresa tra il 2 e il 2,8 per cento e quella dei mezzi di trasporto è stata pari al 3,1 per cento. La crescita del fatturato totale delle apparecchiature elettriche, della meccanica, della chimica e della farmaceutica è stata invece più forte, per entrambe le prime due industrie del 5,5 per cento, per le seconde due, rispettivamente, del 4,3 per cento e del 5,8 per cento. Mentre i prodotti in metallo hanno messo a segno un incremento ancora maggiore, del 10,4 per cento.

 

E’ ragionevole ritenere che il 2018 vedrà ancora l’export e la domanda interna di investimento sostenere la produzione e il fatturato dell’industria italiana. Ma anche i consumi privati potrebbero ulteriormente rafforzarsi. Ciò a causa dei miglioramenti occupazionali e di una prevedibile ripresa delle assunzioni a tempo indeterminato a cui potrà dare slancio, secondo l’ultima “Congiuntura Flash” di Confindustria, il riavvio degli sgravi contributivi da gennaio 2018. Confindustria osserva inoltre che la dinamica del monte salari rimane ben al di sopra dell’inflazione anche a inizio 2018. E’ trainata dal recupero dell’occupazione e dallo slancio delle retribuzioni, derivante dai rinnovi contrattuali nel pubblico impiego, con arretrati e aumenti in busta paga già nel 1° trimestre per oltre due milioni di lavoratori. Ciò sostiene i bilanci delle famiglie e migliora le prospettive per i consumi.

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