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Qualche suggerimento

La lettura “rapida" lasciatela all'IA, che legge tutto senza leggere nulla

Alfonso Berardinelli

I libri che vale la pena di leggere è meglio leggerli con attenzione se si vuole evitare di trasformarsi in qualcosa di più simile a una memoria elettronica che a un lettore riflessivo. Per la prima basta l'intelligenza artificiale

A volte la pubblicità è così comica, che si autoannulla nel momento stesso in cui si crede irresistibile. A tutta pagina (l’ultima, per fortuna) su un quotidiano di cui non faccio il nome, trovo che un certo autore e insegnante, la cui sorridente foto è di per sé un invito all’ottimismo culturale, ci raccomanda il suo manuale di lettura veloce che ci permetterà di “leggere un libro al giorno” e (sembra) senza impazzire. Il suo manuale farà di chi lo usa un “ltteore rpaido e stretigaco” (sic!). È vero: l’efficientissimo lettore veloce e strategico leggerà a gran velocità più delle lettere in libertà che frasi corrette e sensate. Forse è uno scherzo, o invece un piccolo anticipo di quello che succederà. Il testo pubblicitario che segue dice così: “Sapevi che le persone rapide ad apprendere hanno una marcia in più? Acquisire le informazioni più velocemente può fare la differenza al lavoro, a scuola, nella vita quotidiana. In questo volume l’autore (taccio il nome) ci insegna a leggere rapidamente e a ricordare le informazioni a lungo termine attraverso una precisa strategia di lettura. Un manuale per apprendere come non ci hanno mai spiegato prima!”.


Il messaggio è (più o meno consapevolmente) abbastanza onesto. Si parla di leggere una enorme quantità di libri, eppure quello che il lettore veloce ricaverà sono “informazioni”. Viviamo in un regime dittatoriale nato dalla rivoluzione informatica, e che altro volete che vi dia una tale rivoluzione se non informazioni? Questo si sapeva: le informazioni non sono semplicemente la prima cosa da acquisire (per esempio a che ora parte un treno, quali le ore di apertura di un museo, come trovare il bed & breakfast giusto, come si chiamava il cavallo che Caligola fece nominare senatore, eccetera…), le informazioni contenute e poi spremute, estratte da un libro equivalgono allora all’intero contenuto del libro. Ma se a questo si mira e questo soltanto si otterrà dal leggere un libro al giorno, succederà che dopo il primo mese, o anche dopo la prima settimana, noi diventati lettori strategici e veloci somiglieremo più a una memoria elettronica di dati che a individui umani ingordi di libri. Quali informazioni si ricavano dalla lettura, per esempio, della “Coscienza di Zeno”, di “Cristo si è fermato a Eboli”, del “Canzoniere” di Saba, della “Storia” di Elsa Morante, dei “Racconti” di Kafka, dei saggi di Norberto Bobbio o George Steiner? Ma perché allora, se si ha tanta fretta, non usare Internet invece che perdere tempo con i libri? I libri che vale la pena di leggere è meglio leggerli con attenzione: se non si è obbligati per ragioni professionali, al lettore comune consiglio di leggere un libro ogni due settimane e rifletterci sopra. Se i lettori vengono visti come cervelli da rendere più velocemente possibile efficienti, allora siamo pronti per inginocchiarci di fronte al totem dell’intelligenza artificiale, che ha letto tutto senza aver mai letto niente.


Ma intanto, per fortuna, ci sono ancora i giornali e i settimanali su carta. Non credo che la mia sia una superstizione, ma la lettura di testi stampati non è affatto come quella compiuta su uno schermo mobile che sparisce con un colpetto digitale. La differenza è simile a quella che corre fra un album di fotografie da sfogliare seduti su un divano alla luce di una abat jour, e delle foto fatte scorrere sul display di uno smartphone, cosa che spoglia la fotografia da quei magnetici attributi estetici su cui sono stati scritti nel secolo scorso non pochi ottimi saggi (da Benjamin a Barthes, a Sontag). La lettura su carta suggerisce, oggi più di prima, che l’agio e la lentezza giovano. I giornali, che in passato venivano considerati una forma di comunicazione effimera e sbrigativa a scopo di semplice informazione, sembrano ormai parenti stretti dei libri molto più che della radio e della televisione. Del resto, molta saggistica di prim’ordine del Novecento è stata scritta inizialmente per i giornali: così è stato da Gramsci, Montale, Praz e Chiaromonte, fino a Pasolini, Calvino, La Capria, Garboli e non pochi altri.

Lettura lenta, non veloce ma attenta, lettura su carta di libri e anche di giornali da cui più tardi magari saranno ricavati libri. Perfino un filologo (Auerbach, se non sbaglio) disse una volta che lo spirito filologico consiste essenzialmente in questo: nel rallentare la lettura, nonché rileggere. Per questo mi sembra che la denominazione di “informatica umanistica”, di moda nelle università, sia un ossimoro, un accostamento di cose non conciliabili. Leggere Platone o Leopardi su un tablet non vi sembra offenderli? Cercare in loro informazioni e non pensiero non è come non leggerli?
 

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