Sergej Kovalev (1930-2021, foto da Wikipedia)

L'addio a Sergei Kovalëv, “il più bel volto dello spirito russo”

Francesco Cataluccio

È morto a 91 anni dopo una vita in difesa dei diritti umani, da biofisico sempre in lotta per la democrazia. Dall’Urss a Putin

Un uomo mite e malinconico, ma politicamente lucido e coraggioso, è stato il biofisico Sergei Adamovic Kovalëv, morto a Mosca l’8 agosto all’età di 91 anni. Con lui scompare uno dei principali combattenti per la difesa dei diritti umani nell’Urss e  poi in Russia. Ricordando l’amico, lo storico polacco Adam Michnik, direttore della Gazeta Wyborcza, ha scritto: “Sergei, assieme ad Andrei Sacharov, è stato il simbolo dei migliori valori dell’umanismo e della libertà nei nostri tempi, e anche il più bel volto dello spirito russo. E’ stato un critico intransigente dei nazionalismi e delle dittature, che vedeva come varianti contemporanee del bolscevismo e del fascismo”.

 

Kovalëv era nato nel 1931 a Seredyna-Buda, in Ucraina, figlio di un impiegato delle ferrovie. Come ha raccontato nella sua autobiografia pubblicata in tedesco “Der Flug des weißen Raben: von Sibirien nach Tschetschenien” (Il volo del corvo bianco: dalla Siberia alla Cecenia, Rowohlt 1997) il suo rifiuto dell’ideologia sovietica e delle forme di vita sociale in Urss si formò già durante l’infanzia: per questo, abbandonò precocemente l’idea di diventare un umanista e scelse la carriera di scienziato. Nel 1954 si laureò in Biologia all’Università di Mosca, dove conseguì un dottorato di ricerca in biofisica nel 1964. Dal 1965 al 1969 fu a capo del Dipartimento interfacoltà di metodi matematici in biologia. E’ stato autore di più di 60 pubblicazioni scientifiche. Il suo scontro con il potere sovietico fu inizialmente di carattere scientifico, perché, trovandosi a combattere contro le sballate teorie dominanti del bioagronomo Trofim Lysenko dovette accorgersi che la scienza biologica sovietica era non meno dipendente dall’ideologia che le discipline umanistiche. Nel 1969 fondò la prima organizzazione per la difesa dei diritti dell’uomo nell’Urss: il “Gruppo di iniziativa per la Difesa dei Diritti dell’Uomo”. Da quel momento fu costantemente interrogato e perquisito. Assieme al collega, amico e “complice” Alexander Lavut fu costretto a lasciare l’Università e ottenne un lavoro come ricercatore presso la Stazione sperimentale di allevamento e bonifica del pesce.

 

Dall’inizio del 1972 entrò nella cerchia di coloro che preparavano i numeri del più importante samizdat di controinformazione “Cronaca degli avvenimenti correnti” e presto ne divenne caporedattore. Per questo, il 28 dicembre 1974, fu arrestato con l’accusa di “propaganda antisovietica”. Processato a Vilnius, fu condannato a 7 anni da trascorrere in un gulag e 3 anni in esilio da Mosca, dove potette tornare, nel 1987, grazie alla perestrojka avviata da Gorbacëv. Kovalëv fu allora tra i fondatori dell’Associazione Memorial (della quale è stato co-presidente dal 1990, assieme a Lev Razgon), dedicata alla memoria e alla riabilitazione delle vittime della repressione politica in Unione sovietica. Dal 1993 al 2003 fece parte della Duma, il parlamento russo. Nel 1993 co-fondò il movimento, e più tardi il partito politico, “Scelta democratica della Russia”. E’ stato tra i più decisi oppositori della la prima guerra in Cecenia (1994-1996), che raccontò alla radio e in tv. Nel 1996 diede le dimissioni dalla presidenza della “Commissione dei diritti umani” di Boris El’cin, pubblicando una lettera aperta in cui lo accusava di autoritarismo.

 

Nel 2010 fu tra i firmatari della campagna online per la raccolta di firme che chiedeva le dimissioni di Putin. Nel suo libro La pragmatica dell’idealismo politico (1999), Kovalëv sostenne: “Vedo soltanto una via d’uscita, incredibilmente difficile ma senza spargimento di sangue, alla nostra tragica situazione: obbligare quelli che stanno al potere a un dialogo aperto con l’opposizione che si sta appena formando (e che purtroppo è ancora frammentata e inefficace). Le alternative a questa fantastica possibilità sono imprevedibili e persino più tremende: rivolte fasciste, caos, e feroce totalitarismo”.

 

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