Il “replacement” interno al cristianesimo

Maurizio Crippa

I valori cristiani che da sempre difendiamo non sono il fideismo irrazionalista

Milano. “Chiedetevelo, che cosa farebbe Papa Urbano II?”. Il fluviale documento postato dall’attentatore di Christchurch si intitola “The Great Replacement” e non è il delirio di un pazzo in chiesa, ma la messa in ordine di pensieri che scorrono nella alt-right suprematista e religiosa evangelica e persino in molti settori di quello che un tempo si poteva definire, in area cattolica, tradizionalismo e che oggi sta evolvendo in qualcosa di diverso. Un capitolo del testo è rivolto “ai cristiani” e inizia con una citazione dell’Appello di Clermont di Urbano II, l’infervorato discorso alla cristianità che diede il via al movimento popolare (e poi politico) che portò alla Prima crociata legittimando, secondo gli storici, un’idea di guerra santa cristiana d’aggressione. E’ un testo che parla la lingua della religione, e parla di un “great replacement” religioso. Di una sostituzione interna alla fede: che però non è quella dei musulmani al posto dei cristiani, e nemmeno quella del “disastro edonista” che ha infiacchito i bravi white man che non si lasciavano fregare le proprie donne. Dice cose così, l’attentatore: “Io sono contrario ai musulmani che invadono le nostre terre e si sostituiscono al nostro popolo”. “Le virtù finali di una nazione che muore sono la tolleranza e l’apatia”. E anche: “La verità è che l’occidente ha ucciso la nozione di dio (minuscolo, ndr) e ha provveduto a sostituirlo con nulla… il risultato è una società senza un solido credo, uno scopo e senza visione del futuro. Una società di nichilismo rampante, consumismo e individualismo”. 

  

Sembra echeggiare alcuni giudizi preoccupati sulla situazione dell’Europa tipici di un lungo periodo storico recente, compreso il discorso di Ratisbona. In realtà non è così, se non altro perché Benedetto XVI non chiamò a nessuna crociata. Siamo invece alle prese con un passaggio da un corpus culturale-religioso giudaico e cristiano – quello che ha formato l’Europa e l’occidente come più o meno, laicamente e con libertà, lo intendiamo oggi – a una visione in cui il cristianesimo (o il fattore genericamente religioso in sé: l’attentatore alla fine scrive “see you in Valhalla”) diviene un fideismo cieco, una difesa razziale e del sangue, territoriale, e nemica, omicida nei confronti del diverso.

  

E’ questa la difesa dei valori dell’occidente sostenuta da gran tempo non solo da Papi lungimiranti, ma anche da qualche intellettuale e politico laico e, nel suo piccolo, anche da questo giornale? La lunga stagione della scrittura della Costituzione europea, la battaglia giovanpaolina per il riconoscimento in essa delle “radici cristiane”, la difesa di uno spazio pubblico plurale in cui non vigesse un solo pensiero unico secolarizzato; l’allarme per l’arrendevolezza travestita da agnosticismo verso pratiche di sharia trapiantate nel Vecchio continente, o per la minaccia armata della Guerra santa sono stati e sono temi forti, per quanti in occidente non vogliano chiudere gli occhi. Ma non sono mai stati la nostra guerra santa, bensì la difesa in idee e deliberazioni di uno spazio politico che chiamiamo Europa, o anche occidente cristiano. C’è poi una consapevolezza della storia. Senza nemmeno scomodare Giovanni Paolo II o Benedetto XVI, non è possibile immaginare l’Europa senza pensare che è stata costituita da un melting pot di popoli e culture fin dai tempi dell’Impero romano, impastati e poi forgiati dal monachesimo benedettino (lo stesso da cui viene Urbano II: le contraddizioni non mancano), da cattedrali e ospedali e università nati dal cristianesimo. Con molte guerre e deviazioni, ma fino a definire uno spazio culturale comune. E fino ai fondatori dell’Europa senza guerre e confini e pluralista, che guarda caso erano cristiani.

 

Da tempo però una parte crescente dei cristiani che si richiamano alle parole d’ordine dell’alt-right religiosa – nelle sintesi che vanno da ovest a est, da Bannon a Putin passando per Salvini e Orbán – non crede più a questa forma della religione occidentale, e l’ha sostituita con altro. Con gli slogan impauriti che aprono il paper di Christchurch, “This is ethnic replacement / This is cultural replacement / This is racial replacement”. L’autore, quando si chiede da solo: sei cristiano?, si risponde ironicamente “E’ complicato”. E’ complicato articolare simili idee e poi misurare se coincidano con la “civiltà dell’amore e della pace”, per usare un’espressione di un super-europeo come Giovanni Paolo II. E’ in corso una sostituzione etnica all’interno del cristianesimo, da religione razionale e partner dell’occidente in pace a fideismo irrazionalista, identitario e infine violento. Not in our name.

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"